Azioni positive per la
realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro
Articolo 1
Finalità
1. Le disposizioni contenute nella presente legge hanno lo scopo di
favorire l'occupazione femminile e di realizzare
l'uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro,
anche mediante l'adozione di misure, denominate azioni
positive per le donne, al fine di rimuovere gli ostacoli
che di fatto impediscono la realizzazione di pari
opportunità.
2. Le azioni positive di cui al comma 1 hanno in particolare lo
scopo di:
a) eliminare le disparità di fatto di cui le donne sono oggetto
nella formazione scolastica e professionale, nell'accesso
al lavoro, nella progressione di carriera, nella vita
lavorativa e nei periodi di mobilità;
b) favorire la diversificazione delle scelte professionali delle
donne in particolare attraverso l'orientamento scolastico
e professionale e gli strumenti della formazione; favorire
l'accesso al lavoro autonomo e alla formazione
imprenditoriale e la qualificazione professionale delle
lavoratrici autonome e delle imprenditrici;
c) superare condizioni, organizzazione e distribuzione del lavoro
che provocano effetti diversi, a seconda del sesso, nei
confronti dei dipendenti con pregiudizio nella formazione,
nell'avanzamento professionale e di carriera ovvero nel
trattamento economico e retributivo;
d) promuovere l'inserimento delle donne nelle attività, nei settori
professionali e nei livelli nei quali esse sono
sottorappresentate e in particolare nei settori
tecnologicamente avanzati e ai livelli di responsabilità;
e) favorire, anche mediante una diversa organizzazione del lavoro,
delle condizioni e del tempo di lavoro, l'equilibrio tra
responsabilità familiari e professionali e una migliore
ripartizione di tali responsabilità tra i due sessi.
3. Le azioni positive di cui ai commi 1 e 2 possono essere promosse
dal Comitato di cui all'articolo 5 e dai consiglieri di
parità di cui all'articolo 8, dai centri per la parità e
le pari opportunità a livello nazionale, locale e
aziendale, comunque denominati, dai datori di lavoro
pubblici e privati, dai centri di formazione
professionale, dalle organizzazioni sindacali nazionali e
territoriali, anche su proposta delle rappresentanze
sindacali aziendali o degli organismi rappresentativi del
personale di cui all'articolo 25 della legge 29 marzo
1983, n.93.
Articolo 2 -
Attuazione di azioni positive,
finanziamenti
1. Le imprese, anche in forma cooperativa, i loro consorzi, gli
enti pubblici economici, le associazioni sindacali dei
lavoratori e i centri di formazione professionale che
adottano i progetti di azioni positive di cui all'articolo
1, possono richiedere al Ministero del lavoro e della
previdenza sociale di essere ammessi al rimborso totale o
parziale di oneri finanziari connessi all'attuazione dei
predetti progetti ad eccezione di quelli di cui
all'articolo 3.
2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentito i,
Comitato di cui all'articolo 5, ammette i progetti di
azioni positive al beneficio di cui al comma 1 e, con lo
stesso provvedimento, autorizza le relative spese.
L'attuazione dei progetti di cui al comma 1 deve comunque
avere inizio entro due mesi dal rilascio
dell'autorizzazione.
3. Con decreto emanato dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, sono
stabilite le modalità di presentazione delle richieste, di
erogazione dei fondi e dei tempi di realizzazione del
progetto. In ogni caso i contributi devono essere erogati
sulla base della verifica dell'attuazione del progetto di
azioni positive, o di singole parti, in relazione alla
complessità del progetto stesso. La mancata attuazione del
progetto comporta la decadenza del beneficio e la
restituzione delle somme eventualmente già riscosse. In
caso di attuazione parziale, la decadenza opera
limitatamente alla parte non attuata, la cui valutazione è
effettuata in base ai criteri determinati dal decreto di
cui al presente comma.
4. I progetti di azioni positive concordate dai datori di lavoro
con le organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative sul piano nazionale hanno precedenza
nell'accesso al beneficio di cui al comma 1.
5. L'accesso ai fondi comunitari destinati alla realizzazione di
programmi o progetti di azioni positive, ad eccezione di
quelli di cui all'articolo 3, è subordinato al parere del
Comitato di cui all'articolo 5.
6. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente
legge le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento
autonomo, le regioni, le province, i comuni e tutti gli
enti pubblici non economici, nazionali, regionali e
locali, sentiti gli organismi rappresentativi del
personale di cui all'articolo 25 della legge 29 marzo
1983, n. 93, o in loro mancanza, le organizzazioni
sindacali locali aderenti alle confederazioni maggiormente
rappresentative sul piano nazionale, sentito inoltre, in
relazione alla sfera d'azione della propria attività, il
Comitato di cui all'articolo 5 o il consigliere di parità
di cui all'articolo 8, adottano piani di azioni positive
tendenti ad assicurare, nel loro ambito rispettivo, la
rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono la
piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel
lavoro tra uomini e donne.
Articolo 3 -
Finanziamento delle azioni positive realizzate mediante la
formazione professionale
1. Al finanziamento dei progetti di formazione finalizzati al
perseguimento dell'obiettivo di cui all'articolo 1, comma
1, autorizzati secondo le procedure previste dagli
articoli 25, 26 e 27 della legge 21 dicembre 1978, n. 845,
ed approvati dal Fondo sociale europeo, è destinata una
quota del Fondo di rotazione istituito dall'articolo 25
della stessa legge, determinata annualmente con
deliberazione del Comitato interministeriale per la
programmazione economica. In sede di prima applicazione la
predetta quota è fissata nella misura del dieci per cento.
2. La finalizzazione dei progetti di formazione al perseguimento
dell'obiettivo di cui all'articolo 1, comma 1, viene
accertata, entro il 31 marzo dell'anno in cui l'iniziativa
deve essere attuata, dalla commissione regionale per
l'impiego. Scaduto il termine, al predetto accertamento
provvede il Comitato di cui all'articolo 5.
3. La quota del Fondo di rotazione di cui al comma 1 è ripartita
tra le regioni in misura proporzionale all'ammontare dei
contributi richiesti per i progetti approvati.
Articolo 4 -
Azioni in
giudizio
1. Costituisce discriminazione, ai sensi della legge 9 dicembre
1977, n. 903, qualsiasi atto o comportamento che produca
un effetto pregiudizievole discriminando anche in via
indiretta i lavoratori in ragione del sesso.
2. Costituisce discriminazione indiretta ogni trattamento
pregiudizievole conseguente alla adozione di criteri che
svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i
lavoratori dell'uno o dell'altro sesso e riguardino
requisiti non essenziali allo svolgimento della attività
lavorativa.
3. Nei concorsi pubblici e nelle forme di selezione attuate da
imprese private e pubbliche, la prestazione richiesta
deve essere accompagnata dalle parole «dell'uno o
dell'altro sesso», fatta eccezione per i casi in cui il
riferimento al sesso costituisca requisito essenziale per
la natura del lavoro o della prestazione.
4. Chi intende agire in giudizio per la dichiarazione delle
discriminazioni ai sensi dei commi 1 e 2 e non ritiene di
avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai
contratti collettivi, può promuovere il tentativo di
conciliazione ai sensi dell'articolo 410 del codice di
procedura civile anche tramite il consigliere di parità di
cui all'articolo 8, comma 2, competente per territorio.
5. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto — desunti anche
da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni,
ai regimi retributivi, all'assegnazione di mansioni e
qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in
carriera ed ai licenziamenti — idonei a fondare, in
termini precisi e concordanti, la presunzione
dell'esistenza di atti o comportamenti discriminatori in
ragione del sesso, spetta al convenuto l'onere della prova
sulla insussistenza della discriminazione.
ó. Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto o un
comportamento discriminatorio di carattere collettivo,
anche quando non siano individuabili in modo immediato e
diretto i lavoratori lesi dalle discriminazioni, il
ricorso può essere proposto dal consigliere di parità
istituito a livello regionale, previo parere non
vincolante del collegio istruttorio di cui all'articolo 7,
da allegare al ricorso stesso, e sentita la Commissione
regionale per l'impiego. Decorso inutilmente il termine di
trenta giorni dalla richiesta del parere al collegio
istruttorio, il ricorso può essere comunque proposto.
7. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla
base del ricorso presentato ai sensi del comma ó, ordina
al datore di lavoro di definire, sentite le rappresentanze
sindacali aziendali ovvero, in loro mancanza, le
organizzazioni sindacali locali aderenti alle
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul
piano nazionale, nonché il consigliere regionale per la
parità competente per territorio, un piano di rimozione
delle discriminazioni accertate. Nella sentenza il giudice
fissa un termine per la definizione del piano.
8. In caso di mancata ottemperanza alla sentenza di cui al comma 7
si applica l'articolo 650 del codice penale richiamato
dall'articolo 15 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
9. Ogni accertamento di atti o comportamenti discriminatori ai
sensi dei commi 1 e 2, posti in essere da imprenditori ai
quali siano stati accordati benefici ai sensi delle
vigenti leggi dello Stato, ovvero che abbiano stipulato
contratti di appalto attinenti all'esecuzione di opere
pubbliche, di servizi o di forniture, viene comunicato
immediatamente dall'Ispettorato del lavoro ai Ministri
nelle cui amministrazioni sia stata disposta la
concessione del beneficio o dell'appalto. Questi adottano
le opportune determinazioni, ivi compresa, se necessario,
la revoca del beneficio e, nei casi più gravi o nel caso
di recidiva, possono decidere l'esclusione del
responsabile per un periodo di tempo fino a due anni da
qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni
finanziarie o creditizie ovvero da qualsiasi appalto. Tale
disposizione si applica anche quando si tratti di
agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero di appalti
concessi da enti pubblici, ai quali l'Ispettorato del
lavoro comunica direttamente la discriminazione accertata
per l'adozione delle sanzioni previste.
10. Resta fermo quanto stabilito dall'articolo 15 della legge 9
dicembre 1977, n. 903.
Articolo 5 -
Comitato
nazionale per l 'attuazione dei principi di parità di
trattamento e uguaglianza di opportunità tra lavoratori e
lavoratrici
1. Al fine di promuovere la rimozione dei comportamenti
discriminatori per sesso e di ogni altro ostacolo che
limiti di fatto l'uguaglianza delle donne nell'accesso al
lavoro e sul lavoro e la progressione professionale e di
carriera è istituito, presso il Ministero del lavoro e
della previdenza sociale, il Comitato nazionale per
l'attuazione dei principi di parità di trattamento ed
uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici.
2. Fanno parte del Comitato:
a) il Ministro del lavoro e della previdenza sociale o, per sua
delega, un sottosegretario di Stato con funzioni di
presidente;
b) cinque componenti designati dalle confederazioni sindacali de
lavoratori maggiormente rappresentative sul piano
nazionale;
c) cinque componenti designati dalle confederazioni sindacali de
datori di lavoro dei diversi settori economici,
maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
d) un componente designato unitariamente dalle associazioni di
rappresentanza, assistenza e tutela del movimento
cooperativo più rappresentative sul piano nazionale;
e) undici componenti designati dalle associazioni e dai movimenti
femminili più rappresentativi sul piano nazionale operanti
nel campo della parità e delle pari opportunità nel
lavoro;
f) il consigliere di parità componente la commissione centrale per
l'impiego.
3. Partecipano inoltre, alle riunioni del Comitato, senza diritto
di voto:
a) sei esperti in materie giuridiche, economiche e sociologiche,
con competenze in materia di lavoro;
b) cinque rappresentanti, rispettivamente, dei Ministeri della
pubblica istruzione, di grazia e giustizia, degli affari
esteri, dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
del dipartimento della funzione pubblica;
c) cinque funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale con qualifica non inferiore a quella di primo
dirigente, in rappresentanza delle direzioni generali per
l'impiego, dei rapporti di lavoro, per l'osservatorio del
mercato del lavoro, della previdenza e assistenza sociale
nonché dell'ufficio centrale per l'orientamento e la
formazione professionale dei lavoratori.
4. I componenti del Comitato durano in carica tre anni e sono
nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale. Per ogni componente effettivo è nominato un
supplente.
5. Il Comitato è convocato, oltre che ad iniziativa del Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, quando ne facciano
richiesta metà più uno dei suoi componenti.
6. Il Comitato delibera in ordine al proprio funzionamento e a
quello del collegio istruttorio e della segreteria tecnica
di cui all'articolo 7, nonché in ordine alle relative
spese.
7. Il vicepresidente del Comitato è designato dal Ministro del
lavoro e della previdenza sociale nell'ambito dei suoi
componenti.
Articolo 6 -
Compiti
del Comitato
1. Per il perseguimento delle finalità di cui all'articolo 5, comma
1, il Comitato adotta ogni iniziativa utile ed in
particolare:
a) formula proposte sulle questioni generali relative
all'attuazione degli obiettivi della parità e delle pari
opportunità, nonché per lo sviluppo e il perfezionamento
della legislazione vigente che direttamente incide sulle
condizioni di lavoro delle donne;
b) informa e sensibilizza l'opinione pubblica sulla necessità di
promuovere le pari opportunità per le donne nella
formazione e nella vita lavorativa;
c) promuove l'adozione di azioni positive da parte delle
istituzioni pubbliche preposte alla politica del lavoro,
nonché da parte dei soggetti di cui all'articolo 2;
d) esprime, a maggioranza, parere sul finanziamento dei progetti di
azioni positive ed opera il controllo sui progetti in
itinere verificandone la corretta attuazione e l'esito
finale;
e) elabora codici di comportamento diretti a specificare le regole
di condotta conformi alla parità e ad individuare le
manifestazioni anche indirette delle discriminazioni;
f) verifica lo stato di applicazione della legislazione vigente in
materia di parità;
g) propone soluzioni alle controversie collettive, anche
indirizzando gli interessati all'adozione di piani di
azioni positive per la rimozione delle discriminazioni
pregresse e la creazione di pari opportunità per le
lavoratrici;
h) può richiedere all'Ispettorato del lavoro di acquisire presso i
luoghi di lavoro informazioni sulla situazione
occupazionale maschile e femminile, in relazione allo
stato delle assunzioni, della formazione e promozione
professionale;
i) promuove una adeguata rappresentanza di donne negli organismi
pubblici nazionali e locali competenti in materia di
lavoro e formazione professionale;
l) redige il rapporto di cui all'articolo 10.
Articolo 7 -
Collegio
istruttorio e segreteria tecnica
1. Per l'istruzione degli atti relativi alla individuazione e alla
rimozione delle discriminazioni e per la redazione dei
pareri al Comitato di cui all'articolo 5 e ai consiglieri
di parità, è istituito un collegio istruttorio così
composto:
a) il vicepresidente del Comitato di cui all'articolo 5, che lo
presiede;
b) un magistrato designato dal Ministero di grazia e giustizia fra
quelli che svolgono funzioni di giudice del lavoro;
c) un dirigente superiore del ruolo dell'Ispettorato del lavoro;
d) gli esperti di cui all'articolo 5, comma 3, lettera a);
e) il consigliere di parità di cui all'articolo 8, comma 4.
2. Ove si renda necessario per le esigenze di ufficio, i componenti
di cui alle lettere b) e c) del comma 1, su richiesta del
Comitato di cui all'articolo 5 possono essere elevati a
due.
3. Al fine di provvedere alla gestione amministrativa ed al
supporto tecnico del Comitato e del collegio istruttorio è
istituita la segreteria tecnica. Essa ha compiti esecutivi
alle dipendenze della presidenza del Comitato ed è
composta di personale proveniente dalle varie direzioni
generali del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale, coordinato da un dirigente generale del medesimo
Ministero. La composizione della segreteria tecnica è
determinata con decreto del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, sentito il Comitato.
4. Il Comitato ha facoltà di deliberare in ordine alla stipula di
convenzioni per la effettuazione di studi e ricerche.
Articolo 8 -
Consiglieri di parità
1. I consiglieri di parità di cui al decreto-legge 30 ottobre
1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge
19 dicembre 1984, n. 863, sono componenti a tutti gli
effetti delle rispettive commissioni regionali per
l'impiego.
2. A livello provinciale, è nominato un consigliere di parità
presso la commissione circoscrizionale per l'impiego che
ha sede nel capoluogo di provincia, con facoltà di
intervenire presso le altre commissioni circoscrizionali
per l'impiego operanti nell'ambito della medesima
provincia.
3. I consiglieri di parità di cui ai commi 1 e 2 sono nominati dal
Ministro del lavoro e della previdenza sociale su
designazione del competente organo delle regioni, sentite
le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a
livello nazionale e devono essere scelti tra persone che
abbiano maturato un'esperienza tecnico-professionale di
durata almeno triennale nelle materie concernenti l'ambito
della presente legge.
4. Il consigliere di parità di cui all'articolo 4, comma 2, della
legge 28 febbraio 1987, n. 56, è componente con voto
deliberativo della commissione centrale per l'impiego.
5. Qualora si determini parità di voti nelle commissioni di cui ai
commi 1,2 e 4 prevale il voto del presidente.
6. Oltre ai compiti ad essi assegnati dalla legge nell'ambito delle
competenze delle commissioni circoscrizionali, regionali e
centrale per l'impiego, i consiglieri di parità svolgono
ogni utile iniziativa per la realizzazione delle finalità
della presente legge. Nell'esercizio delle funzioni loro
attribuite, i consiglieri di parità sono pubblici
funzionari e hanno l'obbligo di rapporto all'autorità
giudiziaria per i reati di cui vengono a conoscenza
nell'esercizio delle funzioni medesime. I consiglieri di
parità, ai rispettivi livelli, sono componenti degli
organismi di parità presso gli enti locali regionali e
provinciali.
7. Per l'espletamento dei propri compiti i consiglieri di parità
possono richiedere all'Ispettorato del lavoro di acquisire
presso i luoghi di lavoro informazioni sulla situazione
occupazionale maschile e femminile, in relazione allo
stato delle assunzioni, della formazione e promozione
professionale.
8. I consiglieri di parità di cui al comma 2 e quelli regionali
competenti per territorio, ferma restando l'azione in
giudizio di cui all'articolo 4, comma 6, hanno facoltà di
agire in giudizio sia nei procedimenti promossi davanti al
pretore in funzione di giudice del lavoro che davanti al
tribunale amministrativo regionale su delega della
lavoratrice ovvero di intervenire nei giudizi promossi
dalla medesima ai sensi dell'articolo 4.
9. I consiglieri di parità ricevono comunicazioni sugli indirizzi
dal Comitato di cui all'articolo 5 e fanno ad esso
relazione circa la propria attività. I consiglieri di
parità hanno facoltà di consultare il Comitato e il
consigliere nazionale di parità su ogni questione ritenuta
utile.
10. I consiglieri di parità di cui ai commi 1, 2 e 4, per
l'esercizio delle loro funzioni, sono domiciliati
rispettivamente presso l'ufficio regionale del lavoro e
della massima occupazione, l'ufficio provinciale del
lavoro e della massima occupazione e presso una direzione
generale del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale. Tali uffici assicurano la sede, l'attrezzatura,
il personale e quanto necessario all'espletamento delle
funzioni dei consiglieri di parità. Il Ministro del lavoro
e della previdenza sociale, con proprio decreto, può
modificare la collocazione del consigliere di parità
nell'ambito del Ministero.
11. Oltre al gettone gionaliero di presenza per la partecipazione
alle riunioni delle commissioni circoscrizionali,
regionali e centrale per l'impiego, spettano ai
consiglieri di parità gettoni dello stesso importo per le
giornate di effettiva presenza nelle sedi dove sono
domiciliati in ragione del loro ufficio, entro un limite
massimo fissato annualmente con decreto del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale.
12. Il consigliere di parità ha diritto, se lavoratore dipendente,
a permessi non retribuiti per l'espletamento del suo
mandato. Quando intenda esercitare questo diritto, deve
dame comunicazione scritta al datore di lavoro, di regola
tre giorni prima.
Articolo 9 -
Rapporto
sulla situazione del personale
1. Le aziende pubbliche e private che occupano oltre cento
dipendenti sono tenute a redigere un rapporto almeno ogni
due anni sulla situazione del personale maschile e
femminile in ognuna delle professioni ed in relazione allo
stato delle assunzioni, della formazione, della promozione
professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di
qualifica, di altri fenomeni di mobilità, dell'intervento
della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei
prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione
effettivamente corrisposta.
2. Il rapporto di cui al comma 1 è trasmesso alle rappresentanze
sindacali aziendali e al consigliere regionale di parità.
3. Il primo rapporto deve essere redatto entro un anno dalla data
di entrata in vigore della presente legge, in conformità
alle indicazioni definite, nell'ambito delle
specificazioni di cui al comma 1, dal Ministro del lavoro
e della previdenza sociale, con proprio decreto da
emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge.
4. Qualora, nei termini prescritti, le aziende di cui al comma 1
non trasmettano il rapporto, l'Ispettorato regionale del
lavoro, previa segnalazione dei soggetti di cui al comma
2, invita le aziende stesse a provvedere entro sessanta
giorni. In caso di inottemperanza si applicano le sanzioni
di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1955, n. 520. Nei casi più gravi può
essere disposta la sospensione per un anno dei benefici
contributivi eventualmente goduti dall'azienda.
Articolo 10 -
Relazione al Parlamento
1. Trascorsi due anni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale riferisce, entro trenta giorni, alle competenti
Commissioni parlamentari del Senato della Repubblica e
della Camera dei deputati sull'attuazione della legge
stessa, sulla base di un rapporto redatto dal Comitato di
cui all'articolo 5.
Articolo 11 -
Copertura finanziaria
1. Per il funzionamento degli organi di cui agli articoli 5 e 7, a
decorrere dal 1991, è autorizzata la spesa di lire 1.000
milioni annui. Per il finanziamento degli interventi
previsti dall'articolo 2 è autorizzata, a decorrere dal
1991, la spesa di lire 9.000 milioni annui.
2. All'onere di lire 10.000 milioni annui nel triennio 1991-1993 si
provvede mediante corrispondente riduzione dello
stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale
1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del
Ministero del tesoro per l'anno 1991 utilizzando
l'accantonamento «Finanziamento del Comitato nazionale per
la parità presso il Ministero e delle azioni positive per
le pari opportunità».
3. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri
decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. |