ART.
1
- Campo di applicazione
1. Il
presente decreto
legislativo prescrive
misure per la tutela della
salute e per la sicurezza
dei lavoratori durante il
lavoro, in tutti i settori
di attività privati o
pubblici.
2. Nei
riguardi delle Forze
Armate e di Polizia e dei
servizi di protezione
civile, le norme del
presente decreto sono
applicate tenendo conto
delle particolari esigenze
connesse al servizio
espletato e delle
attribuzioni loro proprie,
individuate con decreto
del Ministro competente di
concerto con i Ministri
del lavoro e della
previdenza sociale, della
sanità e della funzione
pubblica.
3. Nei
riguardi dei lavoratori di
cui alla legge 18 dicembre
1973, n. 877, nonché dei
lavoratori con rapporto
contrattuale privato di
portierato, le norme del
presente decreto si
applicano nei casi
espressamente previsti.
4. Le
disposizioni di cui al
presente decreto si
applicano nelle regioni a
statuto speciale e nelle
province autonome di
Trento e Bolzano
compatibilmente con i
rispettivi statuti e
relative norme di
attuazione.
ART. 2 -
Definizioni
1. Agli
effetti delle disposizioni
di cui al presente decreto
si intendono per:
a)
lavoratore: persona che
presta il proprio lavoro
alle dipendenze di un
datore di lavoro, esclusi
gli addetti ai servizi
domestici e familiari, con
rapporto di lavoro
subordinato anche
speciale. Sono equiparati
i soci lavoratori di
cooperative o di società,
anche di fatto, e gli
utenti dei servizi di
orientamento o di
formazione scolastica,
universitaria e
professionale avviati
presso datori di lavoro
per agevolare o per
perfezionare le loro
scelte professionali. Sono
altresì equiparati gli
allievi degli istituti di
istruzione ed
universitari, e i
partecipanti a corsi di
formazione professionale
nei quali si faccia uso di
laboratori, macchine,
apparecchi ed attrezzature
di lavoro in genere,
agenti chimici, fisici e
biologici;
b)
datore di lavoro:
qualsiasi persona fisica o
giuridica o soggetto
pubblico che è titolare
del rapporto di lavoro con
il lavoratore e abbia la
responsabilità
dell'impresa ovvero dello
stabilimento;
c)
servizio di prevenzione e
protezione dai rischi:
insieme delle persone,
sistemi e mezzi esterni o
interni all'azienda
finalizzati all'attività
di prevenzione e
protezione dai rischi
professionali
nell'azienda, ovvero unità
produttiva;
d)
medico competente: medico
in possesso di uno dei
seguenti titoli:
1)
specializzazione in
medicina del lavoro o in
medicina preventiva dei
lavoratori e psicotecnica
o in tossicologia
industriale o
specializzazione
equipollente;
2)
docenza o libera docenza
in medicina del lavoro o
in medicina preventiva dei
lavoratori e psicotecnica
o in tossicologia
industriale o in igiene
industriale o in
fisiologia ed igiene del
lavoro;
3)
autorizzazione di cui
all'art. 55 del Decreto
legislativo 15 agosto
1991, n. 277;
e)
responsabile del servizio
di prevenzione e
protezione: persona
designata dal datore di
lavoro in possesso di
attitudini e capacità
adeguate;
f)
rappresentante dei
lavoratori per la
sicurezza: persona, ovvero
persone, elette o
designate per
rappresentare i lavoratori
per quanto concerne gli
aspetti della salute e
sicurezza durante il
lavoro;
g)
prevenzione: il complesso
delle disposizioni o
misure adottate o previste
in tutte le fasi
dell'attività lavorativa
per evitare o diminuire i
rischi professionali nel
rispetto della salute
della popolazione e
dell'integrità
dell'ambiente esterno;
h)
agente: l'agente chimico,
fisico o biologico,
presente durante il lavoro
e potenzialmente dannoso
per la salute.
ART. 3 -Misure
generali di tutela
1. Le
misure generali per la
protezione della salute e
per la sicurezza dei
lavoratori sono:
a)
valutazione dei rischi per
la salute e la sicurezza;
b)
eliminazione dei rischi in
relazione alle conoscenze
acquisite in base al
progresso tecnico e, ove
ciò non è possibile, loro
riduzione al minimo;
c)
riduzione dei rischi alla
fonte;
d)
programmazione della
prevenzione mirando ad un
complesso che integra in
modo coerente nella
prevenzione le condizioni
tecniche produttive ed
organizzative dell'azienda
nonché l'influenza dei
fattori dell'ambiente di
lavoro;
e)
sostituzione di ciò che è
pericoloso con ciò che non
lo è, o è meno pericoloso;
f)
rispetto dei principi
ergonomici nella
concezione dei posti di
lavoro, nella scelta delle
attrezzature e nella
definizione dei metodi di
lavoro e produzione, anche
per attenuare il lavoro
monotono e quello
ripetitivo;
g)
priorità delle misure di
protezione collettiva
rispetto alle misure di
protezione individuale;
h)
limitazione al minimo del
numero dei lavoratori che
sono, o che possono
essere, esposti al
rischio;
i)
utilizzo limitato degli
agenti chimici, fisici e
biologici, sui luoghi di
lavoro;
l)
controllo sanitario dei
lavoratori in funzione dei
rischi specifici;
m)
allontanamento del
lavoratore
dall'esposizione a
rischio, per motivi
sanitari inerenti alla sua
persona;
n)
misure igieniche;
o)
misure di protezione
collettiva ed individuale;
p)
misure di emergenza da
attuare in caso di pronto
soccorso, di lotta
antincendio, di
evacuazione dei lavoratori
e di pericolo grave ed
immediato;
q) uso
di segnali di avvertimento
e di sicurezza;
r)
regolare manutenzione di
ambienti, attrezzature,
macchine ed impianti, con
particolare riguardo ai
dispositivi di sicurezza
in conformità alla
indicazione dei
fabbricanti;
s)
informazione, formazione,
consultazione e
partecipazione dei
lavoratori ovvero dei loro
rappresentanti, sulle
questioni riguardanti la
sicurezza e la salute sul
luogo di lavoro;
t)
istruzioni adeguate ai
lavoratori.
2. Le
misure relative alla
sicurezza, all'igiene ed
alla salute durante il
lavoro non devono in
nessun caso comportare
oneri finanziari per i
lavoratori.
ART. 4 - Obblighi
del datore di lavoro, del
dirigente e del preposto
1. Il
datore di lavoro è tenuto
all'osservanza delle
misure generali di tutela
previste dall'art. 3 e, in
relazione alla natura
dell'attività dell'azienda
ovvero dell'unità
produttiva, deve valutare,
nella scelta delle
attrezzature di lavoro e
delle sostanze o dei
preparati chimici
impiegati, nonché nella
sistemazione dei luoghi di
lavoro, i rischi per la
sicurezza e la salute dei
lavoratori, ivi compresi
quelli riguardanti i
gruppi di lavoratori
esposti a rischi
particolari.
2.
All'esito della
valutazione di cui al
comma 1, il datore di
lavoro elabora un
documento contenente:
a) una
relazione sulla
valutazione dei rischi per
la sicurezza e la salute
durante il lavoro, nella
quale sono specificati i
criteri adottati per la
valutazione stessa;
b)
l'individuazione delle
misure di prevenzione e di
protezione attuate in
conseguenza della
valutazione di cui alla
lettera a), nonché delle
attrezzature di protezione
utilizzate;
c) il
programma di attuazione
delle misure di cui alla
lettera b).
3. Il
documento è custodito
presso l'azienda ovvero
unità produttiva.
4. Il
datore di lavoro designa
gli addetti al servizio di
prevenzione e protezione
ed il relativo
responsabile o incarica
persone o servizi esterni
all'azienda, e nomina, nei
casi previsti dall'art.
16, il medico competente.
5. Il
datore di lavoro, il
dirigente e il preposto
che esercitano, dirigono o
sovraintendono le attività
indicate all'art. 1,
nell'ambito delle
rispettive attribuzioni e
competenze, adottano le
misure necessarie per la
sicurezza e la salute dei
lavoratori, ed in
particolare:
a)
designano i lavoratori
incaricati dell'attuazione
delle misure di
prevenzione incendi, di
evacuazione dei lavoratori
in caso di pericolo grave
ed immediato e di pronto
soccorso;
b)
aggiornano le misure di
prevenzione in relazione
ai mutamenti organizzativi
e produttivi che hanno
rilevanza ai fini della
salute e della sicurezza
del lavoro, ovvero in
relazione al grado di
evoluzione della tecnica,
della prevenzione e della
protezione;
c)
nell'affidare i compiti ai
lavoratori tengono conto
delle capacità e delle
condizioni degli stessi in
rapporto alla loro salute
e alla sicurezza;
d)
forniscono ai lavoratori i
necessari ed idonei mezzi
di protezione;
e)
prendono le misure
appropriate affinché
soltanto i lavoratori che
hanno ricevuto adeguate
istruzioni accedano alle
zone che li espongono ad
un rischio grave e
specifico;
f)
richiedono l'osservanza da
parte dei singoli
lavoratori delle norme e
delle disposizioni
aziendali in materia di
sicurezza e di uso dei
mezzi di protezione
collettivi ed individuali
messi a loro disposizione;
g)
richiedono l'osservanza da
parte del medico
competente degli obblighi
previsti dal presente
decreto, informandolo sui
processi e sui rischi
connessi all'attività
produttiva;
h)
adottano le misure per il
controllo per le
situazioni di rischio in
caso di emergenza e danno
istruzioni affinché i
lavoratori, in caso di
pericolo grave, immediato
ed inevitabile,
abbandonino il posto di
lavoro o la zona
pericolosa;
i)
informano il più presto
possibile i lavoratori
esposti al rischio di un
pericolo grave ed
immediato circa il rischio
stesso e le disposizioni
prese o da prendere in
materia di protezione;
l) si
astengono, salvo eccezioni
debitamente motivate, dal
richiedere ai lavoratori
di riprendere la loro
attività in una situazione
di lavoro in cui persiste
un pericolo grave ed
immediato;
m)
permettono ai lavoratori
di verificare, mediante il
rappresentante per la
sicurezza, l'applicazione
delle misure di sicurezza
e di protezione della
salute;
n)
prendono appropriati
provvedimenti per evitare
che le misure tecniche
adottate possono causare
rischi per la salute della
popolazione o deteriorare
l'ambiente esterno;
o)
tengono un registro nel
quale sono annotati
cronologicamente gli
infortuni sul lavoro che
comportano un'assenza dal
lavoro superiore a tre
giorni, compreso quello
dell'evento. Nel registro
sono annotati il nome, il
cognome, la qualifica
professionale
dell'infortunato, le cause
e le circostanze
dell'infortunio, nonché la
data di abbandono e di
ripresa del lavoro. Il
registro sul luogo di
lavoro è tenuto
conformemente al modello
approvato con decreto del
Ministro
del lavoro e della
previdenza sociale,
sentita la commissione
consultiva permanente di
cui all'articolo 394 del
decreto del Presidente
della Repubblica 27 aprile
1955, n. 547, ed è
conservato sul luogo di
lavoro, a disposizione
dell'organo di vigilanza;
p)
consultano il
rappresentante per la
sicurezza nei casi
previsti dall'articolo 19,
comma 1, lettere b), c) e
d);
q)
adottano le misure
necessarie ai fini della
prevenzione incendi e
dell'evacuazione dei
lavoratori, nonché per il
caso di pericolo grave ed
immediato. Tali misure
devono essere adeguate
alla natura dell'attività,
alle dimensioni
dell'azienda ovvero
dell'unità produttiva, e
al numero delle persone
presenti.
6. Il
datore di lavoro effettua
la valutazione di cui al
comma 1 ed elabora il
documento di cui al comma
2 in collaborazione con il
responsabile del servizio
di prevenzione e
protezione e con il medico
competente, previa
consultazione del
rappresentante per la
sicurezza.
7. La
valutazione di cui al
comma 1 ed il documento di
cui al comma 2 sono
rielaborati in occasione
di modifiche del processo
produttivo significative
ai fini della sicurezza e
della salute dei
lavoratori.
8. Al
momento della risoluzione
del rapporto di lavoro, il
datore di lavoro consegna
al lavoratore copia della
cartella sanitaria e di
rischio.
9. Per
le piccole e medie
aziende, con decreto dei
Ministri del lavoro e
della previdenza sociale,
dell'industria, del
commercio e
dellartigianato e della
sanità, sentita la
Commissione consultiva
permanente per la
prevenzione degli
infortuni e per l'igiene
del lavoro, in relazione
alla natura dell'attività
e alle dimensioni
dell'azienda, ad eccezione
delle attività industriali
di cui all'art. 1 del
decreto del Presidente
della Repubblica del 17
maggio 1988, n. 175, delle
centrali termoelettriche,
degli impianti e
laboratori nucleari, delle
aziende estrattive e altre
attività minerarie, delle
aziende per la
fabbricazione e il
deposito separato di
esplosivi, polveri e
munizioni, sono definiti:
a)
procedure standardizzate
per gli adempimenti
documentali di cui al
presente articolo;
b) i
casi, relativi ad ipotesi
di scarsa pericolosità,
nei quali è possibile lo
svolgimento diretto dei
compiti di prevenzione e
protezione oltre i limiti
di addetti di cui
all'allegato I;
c) i
casi in cui è possibile la
riduzione ad una sola
volta all'anno della
visita, di cui all'art.
17, lettera h), degli
ambienti di lavoro da
parte del medico
competente, ferma restando
l'obbligatorietà di visite
ulteriori, allorché si
modificano le situazioni
di rischio.
10. Il
decreto di cui al comma 9
deve essere emanato entro
otto mesi dalla data di
entrata in vigore del
presente decreto.
ART. 5 - Obblighi
dei lavoratori
1.
Ciascun lavoratore deve
prendersi cura della
propria sicurezza e della
propria salute e di quella
delle altre persone
presenti sul luogo di
lavoro, su cui possono
ricadere gli effetti delle
sue azioni o omissioni,
conformemente alla sua
formazione ed alle
istruzioni e ai mezzi
forniti dal datore di
lavoro.
2. In
particolare i lavoratori:
a)
osservano le disposizioni
e le istruzioni impartite
dal datore di lavoro, dai
dirigenti e dai preposti,
ai fini della protezione
collettiva ed individuale;
b)
utilizzano correttamente i
macchinari, le
apparecchiature, gli
utensili, le sostanze e i
preparati pericolosi, i
mezzi di trasporto e le
altre attrezzature di
lavoro, nonché i
dispositivi di sicurezza;
c)
utilizzano in modo
appropriato i dispositivi
di protezione messi a loro
disposizione;
d)
segnalano immediatamente
al datore di lavoro, al
dirigente o al preposto le
deficienze dei mezzi e
dispositivi di cui alle
lettere b) e c), nonché le
altre eventuali condizioni
di pericolo di cui vengono
a conoscenza, adoperandosi
direttamente, in caso di
urgenza, nell'ambito delle
loro competenze e
possibilità, per eliminare
o ridurre tali deficienze
o pericoli, dandone
notizia al rappresentante
dei lavoratori per la
sicurezza;
e) non
rimuovono o modificano
senza autorizzazione i
dispositivi di sicurezza o
di segnalazione o di
controllo;
f) non
compiono di propria
iniziativa operazioni o
manovre che non sono di
loro competenza ovvero che
possono compromettere la
sicurezza propria o di
altri lavoratori;
g) si
sottopongono ai controlli
sanita-
ri
previsti nei loro
confronti;
h)
contribuiscono, insieme al
datore di lavoro, ai
dirigenti e ai preposti,
all'adempimento di tutti
gli obblighi imposti
dall'autorità competente o
comunque necessari per
tutelare la sicurezza e la
salute dei lavoratori
durante il lavoro.
ART. 6 - Obblighi
dei progettisti, dei
fabbricanti, dei fornitori
e degli installatori
1. I
progettisti dei luoghi o
posti di lavoro e degli
impianti rispettano i
principi generali di
prevenzione in materia di
sicurezza e di salute al
momento delle scelte
progettuali e tecniche e
scelgono macchine nonché
dispositivi di protezione
rispondenti ai requisiti
essenziali di sicurezza
previsti nella
legislazione vigente.
2. Sono
vietati la vendita, il
noleggio, la concessione
in uso e la locazione
finanziaria di macchine,
attrezzature di lavoro e
di impianti non
rispondenti alla
legislazione vigente.
3. Gli
installatori e montatori
di impianti, macchine o
altri mezzi tecnici devono
attenersi alle norme di
sicurezza e di igiene del
lavoro, nonché alle
istruzioni fornite dai
rispettivi fabbricanti dei
macchinari e degli altri
mezzi tecnici per la parte
di loro competenza.
ART. 7 - Contratto
di appalto o contratto
d'opera
1. Il
datore di lavoro, in caso
di affidamento dei lavori
all'interno dell'azienda,
ovvero dell'unità
produttiva, ad imprese
appaltatrici o a
lavoratori autonomi:
a)
verifica, anche attraverso
l'iscrizione alla camera
di commercio, industria e
artigianato, l'idoneità
tecnico-professionale
delle imprese appaltatrici
o dei lavoratori autonomi
in relazione ai lavori da
affidare in appalto o
contratto d'opera;
b)
fornisce agli stessi
soggetti dettagliate
informazioni sui rischi
specifici esistenti
nell'ambiente in cui sono
destinati ad operare e
sulle misure di
prevenzione e di emergenza
adottate in relazione alla
propria attività;
2.
Nell'ipotesi di cui al
comma 1 i datori di
lavoro:
a)
cooperano all'attuazione
delle misure di
prevenzione e protezione
dai rischi sul lavoro
incidenti sull'attività
lavorativa oggetto
dell'appalto;
b)
coordinano gli interventi
di protezione e
prevenzione dai rischi cui
sono esposti i lavoratori,
informandosi
reciprocamente anche al
fine di eliminare rischi
dovuti alle interferenze
tra i lavori delle diverse
imprese coinvolte
nell'esecuzione dell'opera
complessiva.
3. Il
datore di lavoro promuove
il coordinamento di cui al
comma 2, lettera b). Tale
obbligo non si estende ai
rischi specifici propri
dell'attività delle
imprese appaltatrici o dei
singoli lavoratori
autonomi.
ART. 8 - Servizio
di prevenzione e
protezione
1. Salvo
quanto previsto dall'art.
10, il datore di lavoro
organizza all'interno
dell'azienda, ovvero
dell'unità produttiva, il
servizio di prevenzione e
protezione, o incarica
persone o servizi esterni
all'azienda, secondo le
regole di cui al presente
articolo.
2. Il
datore di lavoro designa
all'interno dell'azienda
ovvero dell'unità
produttiva, una o più
persone da lui dipendenti
per l'espletamento dei
compiti di cui
all'articolo 9, tra cui il
responsabile del servizio
in possesso di attitudini
e capacità adeguate,
previa consultazione del
rappresentante per la
sicurezza.
3. I
dipendenti di cui al comma
2 devono essere in numero
sufficiente, possedere le
capacità necessarie e
disporre di mezzi e di
tempo adeguati per lo
svolgimento dei compiti
loro assegnati. Essi non
possono subire pregiudizio
a causa dell'attività
svolta nell'espletamento
del proprio incarico.
4. Il
datore di lavoro può
avvalersi di persone
esterne all'azienda in
possesso delle conoscenze
professionali necessarie
per integrare l'azione di
prevenzione e protezione.
5.
L'organizzazione del
servizio di prevenzione e
protezione all'interno
dell'azienda, ovvero
dell'unità produttiva, è
comunque obbligatoria nei
seguenti casi:
a) nelle
aziende industriali di cui
all'art. 1 del decreto del
Presidente della
Repubblica 17 maggio 1988,
n. 175;
b) nelle
centrali termoelettriche;
c) negli
impianti e laboratori
nucleari;
d) nelle
aziende per la
fabbricazione ed il
deposito separato di
esplosivi, polveri e
munizioni;
e) nelle
aziende industriali con
oltre 200 lavoratori
dipendenti;
f) nelle
industrie estrattive con
oltre 50 lavoratori
dipendenti.
6. Se la
capacità dei dipendenti
all'interno dell'azienda
ovvero dell'unità
produttiva, sono
insufficienti, il datore
di lavoro può far ricorso
a persone o servizi
esterni all'azienda,
previa consultazione del
rappresentante per la
sicurezza.
7. Il
servizio esterno deve
essere adeguato alle
caratteristiche
dell'azienda, ovvero unità
produttiva, a favore della
quale è chiamato a
prestare la propria opera,
anche con riferimento al
numero degli operatori.
8. Il
responsabile del servizio
esterno deve possedere
attitudini e capacità
adeguate.
9. Il
Ministro del lavoro e
della previdenza sociale,
con decreto di concerto
con i Ministri della
sanità e dell'industria,
del commercio e
dell'artigianato, sentita
la commissione consultiva
permanente, può
individuare specifici
requisiti, modalità e
procedure, per la
certificazione dei
servizi, nonché il numero
minimo degli operatori di
cui ai commi 3 e 7.
10.
Qualora il datore di
lavoro ricorra a persone o
servizi esterni egli non è
per questo liberato dalla
propria responsabilità in
materia.
11. Il
datore di lavoro comunica
all'ispettorato del lavoro
e alle unità sanitarie
locali territorialmente
competenti il nominativo
della persona designata
come responsabile del
servizio di prevenzione e
protezione interno ovvero
esterno all'azienda. Tale
comunicazione è corredata
da una dichiarazione nella
quale si attesti con
riferimento alle persone
designate:
a) i
compiti svolti in materia
di prevenzione e
protezione;
b) il
periodo nel quale tali
compiti sono stati svolti;
c) il
curriculum professionale.
ART. 9 - Compiti
del servizio di
prevenzione e protezione
1. Il
servizio di prevenzione e
protezione dai rischi
professionali provvede:
a)
all'individuazione dei
fattori di rischio, alla
valutazione dei rischi e
all'individuazione delle
misure per la sicurezza e
la salubrità degli
ambienti di lavoro, nel
rispetto della normativa
vigente sulla base della
specifica conoscenza
dell'organizzazione
aziendale;
b) ad
elaborare, per quanto di
competenza, le misure
preventive e protettive e
i sistemi di cui all'art.
4, comma 2, lettera b) e i
sistemi di controllo di
tali misure;
c) ad
elaborare le procedure di
sicurezza per le varie
attività aziendali;
d) a
proporre i programmi di
informazione e formazione
dei lavoratori;
e) a
partecipare alle
consultazioni in materia
di tutela della salute e
di sicurezza di cui
all'art. 11;
f) a
fornire ai lavoratori le
informazioni di cui
all'art. 21.
2. Il
datore di lavoro fornisce
ai servizi di prevenzione
e protezione informazioni
in merito a:
a) la
natura dei rischi;
b)
l'organizzazione del
lavoro, la programmazione
e l'attuazione delle
misure preventive e
protettive;
c) la
descrizione degli impianti
e dei processi produttivi;
d) i
dati del registro degli
infortuni e delle malattie
professionali;
e) le
prescrizioni degli organi
di vigilanza.
3. I
componenti del servizio di
prevenzione e protezione e
i rappresentanti dei
lavoratori per la
sicurezza sono tenuti al
segreto in ordine ai
processi lavorativi di cui
vengono a conoscenza
nell'esercizio delle
funzioni di cui al
presente decreto.
4. Il
servizio di prevenzione e
protezione è utilizzato
dal datore di lavoro.
ART. 10 -
Svolgimento diretto da
parte del datore di lavoro
dei compiti di prevenzione
e protezione dai rischi
1. Il
datore di lavoro può
svolgere direttamente i
compiti propri del
servizio di prevenzione e
protezione dai rischi
nonché di prevenzione
incendi e di evacuazione,
nei casi previsti
nell'allegato I, dandone
preventiva informazione al
rappresentante dei
lavoratori per la
sicurezza ed alle
condizioni di cui ai commi
successivi. Esso può
avvalersi della facoltà di
cui all'art. 8, comma 4.
2. Il
datore di lavoro che
intende svolgere i compiti
di cui al comma 1, deve
frequentare apposito corso
di formazione in materia
di sicurezza e salute sul
luogo di lavoro, promosso
anche dalle associazioni
dei datori di lavoro e
trasmettere all'organo di
vigilanza competente per
territorio:
a) una
dichiarazione attestante
la capacità di svolgimento
dei compiti di prevenzione
e protezione dai rischi;
b) il
documento di cui all'art.
4, commi 2 e 3;
c) una
relazione sull'andamento
degli infortuni e delle
malattie professionali
della propria azienda
elaborata in base ai dati
degli ultimi tre anni del
registro infortuni o, in
mancanza dello stesso, di
analoga documentazione
prevista dalla
legislazione vigente;
d)
l'attestazione di
frequenza del corso di
formazione in materia di
sicurezza e salute sul
luogo di lavoro.
ART. 11 - Riunione
periodica di prevenzione e
protezione dai rischi
1. Nelle
aziende, ovvero unità
produttive, che occupano
più di 15 dipendenti, il
datore di lavoro,
direttamente o tramite il
servizio di prevenzione e
protezione dai rischi,
indice almeno una volta
all'anno una riunione cui
partecipano:
a) il
datore di lavoro o un suo
rappresentante;
b) il
responsabile del servizio
di prevenzione e
protezione dai rischi;
c) il
medico competente ove
previsto;
d) il
rappresentante per la
sicurezza.
2. Nel
corso della riunione il
datore di lavoro sottopone
all'esame dei
partecipanti:
a) il
documento, di cui all'art.
4, commi 2 e 3;
b)
l'idoneità dei mezzi di
protezione individuale;
c) i
programmi di informazione
e formazione dei
lavoratori ai fini della
sicurezza e della
protezione della loro
salute.
3. La
riunione ha altresì luogo
in occasione di eventuali
significative variazioni
delle condizioni di
esposizione al rischio,
compresa la programmazione
e l'introduzione di nuove
tecnologie che hanno
riflessi sulla sicurezza e
salute dei lavoratori.
4. Nelle
aziende, ovvero unità
produttive, che occupano
fino a 15 dipendenti,
nelle ipotesi di cui al
comma 3, il rappresentante
dei lavoratori per la
sicurezza può chiedere la
convocazione di di una
apposita riunione.
5. il
datore di lavoro, anche
tramite il servizio di
prevenzione e protezione
dai rischi, provvede alla
redazione del verbale
della riunione che è
tenuto a disposizione dei
partecipanti per la sua
consultazione.
ART. 12 -
Disposizioni generali
1. Ai
fini degli adempimenti di
cui all'art. 4, comma 5,
lett. q), il datore di
lavoro:
a)
organizza i necessari
rapporti con i servizi
pubblici competenti in
materia di pronto
soccorso, salvataggio,
lotta antincendio e
gestione dell'emergenza,
b)
designa i lavoratori
incaricati di attuare le
misure di pronto soccorso,
salvataggio, prevenzione
incendi, lotta antincendi
e gestione dell'emergenza;
c)
informa tutti i lavoratori
che possono essere esposti
ad un pericolo grave ed
immediato circa le misure
predisposte ed i
comportamenti da adottare;
d)
programma gli interventi,
prende i provvedimenti e
dà istruzioni affinché i
lavoratori possano, in
caso di pericolo grave ed
immediato che non può
essere evitato, cessare la
loro attività, ovvero
mettersi al sicuro,
abbandonando
immediatamente il luogo di
lavoro;
e)
prende i provvedimenti
necessari affinché
qualsiasi lavoratore, in
caso di pericolo grave ed
immediato per la propria
sicurezza ovvero per
quella di altre persone e
nell'impossibilità di
contattare il competente
superiore gerarchico,
possa prendere le misure
adeguate per evitare le
conseguenze di tale
pericolo, tenendo conto
delle sue conoscenze e dei
mezzi tecnici disponibili.
2. Ai
fini delle designazioni di
cui al comma 1, lettera
b), il datore di lavoro
tiene conto delle
dimensioni dell'azienda
ovvero dei rischi
specifici dell'azienda
ovverodell'unità
produttiva.
3. I
lavoratori non possono, se
non per giustificato
motivo, rifiutare la
designazione. Essi devono
essere formati, essere in
numero sufficiente e
disporre di attrezzature
adeguate, tenendo conto
delle dimensioni ovvero
dei rischi specifici
dell'azienda ovvero
dell'unità produttiva.
4. Il
datore di lavoro deve,
salvo eccezioni
debitamente motivate,
astenersi dal chiedere ai
lavoratori di riprendere
la loro attività in una
situazione di lavoro in
cui persiste un pericolo
grave ed immediato.
ART. 13 -
Prevenzione incendi
1. Fermo
restando quanto previsto
dal decreto del Presidente
della Repubblica 29 luglio
1982, n.577, i Ministri
dell'interno, del lavoro e
della previdenza sociale,
in relazione al tipo di
attività, al numero dei
lavoratori occupati ed ai
fattori di rischio,
adottano uno o più decreti
nei quali sono definiti:
a)
criteri diretti ad
individuare:
1)
misure intese ad evitare
l'insorgere di un incendio
e a limitarne le
conseguenze qualora esso
si verifichi;
2)
misure precauzionali di
esercizio;
3)
metodi di controllo e
manutenzione degli
impianti e delle
attrezzature antincendio;
4)
criteri per la gestione
delle emergenze;
b) le
caratteristiche dello
specifico servizio di
prevenzione e protezione
antincendio di cui
all'art. 12, compresi i
requisiti del personale
addetto e la sua
formazione.
2. Per
il settore minerario il
decreto di cui al comma 1
è adottato dai Ministri
dell'interno del lavoro e
previdenza sociale e
dell'industria, del
commercio e
dellartigianato.
ART.
14
- Diritti dei lavoratori
in caso di pericolo grave
ed immediato
1. Il
lavoratore che, in caso di
pericolo grave, immediato
e che non può essere
evitato, si allontana dal
posto di lavoro ovvero da
una zona pericolosa, non
può subire pregiudizio
alcuno e deve essere
protetto da qualsiasi
conseguenza dannosa.
2. Il
lavoratore che, in caso di
pericolo grave e immediato
è nell'impossibilità di
contattare il competente
superiore gerarchico,
prende misure per evitare
le conseguenze di tale
pericolo, non può subire
pregiudizio per tale
azione, a meno che non
abbia commesso una grave
negligenza.
ART. 15 - Pronto
soccorso
1. Il
datore di lavoro, tenendo
conto della natura
dell'attività e delle
dimensioni dell'azienda
ovvero dell'unità
produttiva, sentito il
medico competente ove
previsto, prende i
provvedimenti necessari in
materia di pronto soccorso
e di assistenza medica di
emergenza, tenendo conto
delle altre eventuali
persone presenti sui
luoghi di lavoro e
stabilendo i necessari
rapporti con i servizi
esterni, anche per il
trasporto dei lavoratori
infortunati.
2. Il
datore di lavoro, qualora
non vi provveda
direttamente, designa uno
o più lavoratori
incaricati dell'attuazione
dei provvedimenti di cui
al comma 1.
3. Le
caratteristiche minime
delle attrezzature di
pronto soccorso, i
requisiti del personale
addetto e la sua
formazione sono
individuati, in relazione
alla natura dell'attività,
al numero dei lavoratori
occupati e ai fattori di
rischio, con decreto dei
Ministri della sanità, del
lavoro e della previdenza
sociale, della funzione
pubblica e dell'industria,
del commercio e
dell'artigianato, sentita
la commissione consultiva
permanente e il Consiglio
superiore di sanità.
4. Fino
all'emanazione del decreto
di cui al comma 3 si
applicano le disposizioni
vigenti in materia.
ART. 16 - Contenuto
della sorveglianza
sanitaria
1. La
sorveglianza sanitaria è
effettuata nei casi
previsti dalla normativa
vigente.
2. La
sorveglianza di cui al
comma 1 è effettuata dal
medico competente e
comprende:
a)
accertamenti preventivi
intesi a constatare
l'assenza di
controindicazioni al
lavoro cui i lavoratori
sono destinati, ai fini
della valutazione della
loro idoneità alla
mansione specifica;
b)
accertamenti periodici per
controllare lo stato di
salute dei lavoratori ed
esprimere il giudizio di
idoneità alla mansione
specifica.
3. Gli
accertamenti di cui al
comma 2 comprendono esami
clinici e biologici e
indagini diagnostiche
mirati al rischio ritenuti
necessari dal medico
competente.
ART. 17 - Il medico
competente
1. Il
medico competente:
a)
collabora con il datore di
lavoro e con il servizio
di prevenzione e
protezione di cui all'art.
8, sulla base della
specifica conoscenza
dell'organizzazione
dell'azienda ovvero
dell'unità produttiva e
delle situazioni di
rischio, alla
predisposizione
dell'attuazione delle
misure per la tutela della
salute e dell'integrità
psico-fisica dei
lavoratori;
b)
effettua gli accertamenti
sanitari di cui all'art.
16;
c)
esprime i giudizi di
idoneità alla mansione
specifica al lavoro, di
cui all'art. 16;
d)
istituisce ed aggiorna,
sotto la propria
responsabilità, per ogni
lavoratore sottoposto a
sorveglianza sanitaria,
una cartella sanitaria e
di rischio da custodire
presso il datore di lavoro
con salvaguardia del
segreto professionale;
e)
fornisce informazioni ai
lavoratori sul significato
degli accertamenti
sanitari cui sono
sottoposti e, nel caso di
esposizione ad agenti con
effetti a lungo termine,
sulla necessità di
sottoporsi ad accertamenti
sanitari anche dopo la
cessazione dell'attività
che comporta l'esposizione
a tali agenti. Fornisce
altresì, a richiesta,
informazioni analoghe ai
rappresentanti dei
lavoratori per la
sicurezza;
f)
informa ogni lavoratore
interessato dei risultati
degli accertamenti
sanitari di cui alla
lettera b) e, a richiesta
dello stesso, gli rilascia
copia della documentazione
sanitaria;
g)
comunica, in occasione
delle riunioni di cui
all'art. 11, ai
rappresentanti per la
sicurezza, i risultati
anonimi collettivi degli
accertamenti clinici e
strumentali effettuati e
fornisce indicazioni sul
significato di detti
risultati;
h)
congiuntamente al
responsabile del servizio
di prevenzione e
protezione dai rischi,
visita gli ambienti di
lavoro almeno due volte
all'anno e partecipa alla
programmazione del
controllo dell'esposizione
dei lavoratori i cui
risultati gli sono forniti
con tempestività ai fini
delle valutazioni e dei
pareri di competenza;
i) fatti
salvi i controlli sanitari
di cui alla lettera b),
effettua le visite mediche
richieste dal lavoratore
qualora tale richiesta sia
correlata ai rischi
professionali;
l)
collabora con il datore di
lavoro alla
predisposizione del
servizio di pronto
soccorso
di cui
all'art. 15;
m)
collabora all'attività di
formazione e informazione
di cui al capo VI.
2. Il
medico competente può
avvalersi, per motivate
ragioni, della
collaborazione di medici
specialisti scelti dal
datore di lavoro che ne
sopporta gli oneri.
3.
Qualora il medico
competente, a seguito
degli accertamenti di cui
all'art. 16, comma 1,
lettera b), esprima un
giudizio sull'inidoneità
parziale o temporanea o
totale del lavoratore, ne
informa per iscritto il
datore di lavoro e il
lavoratore.
4.
Avverso il giudizio di cui
al comma 3 è ammesso
ricorso, entro 30 giorni
dalla data di
comunicazione del giudizio
medesimo, all'organo di
vigilanza territorialmente
competente che dispone,
dopo eventuali ulteriori
accertamenti, la conferma
o la modifica o la revoca
del giudizio stesso.
5. Il
medico competente svolge
la propria opera in
qualità di:
a)
dipendente da una
struttura esterna pubblica
o privata convenzionata
con l'imprenditore per lo
svolgimento dei compiti di
cui al presente capo;
b)
libero professionista;
c)
dipendente del datore di
lavoro.
6.
Qualora il medico
competente sia dipendente
del datore di lavoro,
questi gli fornisce i
mezzi e gli assicura le
condizioni necessarie per
lo svolgimento dei suoi
compiti.
7. Il
dipendente di una
struttura pubblica non può
svolgere l'attività di
medico competente ai sensi
del comma 5, lettera a),
qualora esplichi attività
di vigilanza.
ART. 18 -
Rappresentante per la
sicurezza
1. In
tutte le aziende, o unità
produttive, è eletto o
designato il
rappresentante per la
sicurezza.
2. Nelle
aziende, o unità
produttive, che occupano
sino a 15 dipendenti il
rappresentante per la
sicurezza è eletto
direttamente dai
lavoratori al loro
interno. Nelle aziende che
occupano fino a 15
dipendenti il
rappresentante per la
sicurezza può essere
individuato per più
aziende nell'ambito
territoriale ovvero del
comparto produttivo. Esso
può essere designato o
eletto dai lavoratori
nell'ambito delle
rappresentanze sindacali,
così come definite dalla
contrattazione collettiva
di riferimento.
3. Nelle
aziende, ovvero unità
produttive, con più di 15
dipendenti il
rappresentate per la
sicurezza è eletto o
designato dai lavoratori
nell'ambito delle
rappresentanze sindacali
in azienda. In assenza di
tali rappresentanze, è
eletto dai lavoratori
dell'azienda al loro
interno.
4. Il
numero, le modalità di
designazione o di elezione
del rappresentante per la
sicurezza, nonché il tempo
di lavoro retribuito e gli
strumenti per
l'espletamento delle
funzioni sono stabiliti in
sede di contrattazione
collettiva.
5. In
caso di mancato accordo
nella contrattazione
collettiva di cui al comma
4, il Ministro del lavoro
e della previdenza
sociale, sentite le parti,
stabilisce con proprio
decreto, da emanarsi entro
tre mesi dalla
comunicazione del mancato
accordo, gli standards
relativi alle materie di
cui al comma 4. Per le
amministrazioni pubbliche
provvede il Ministro per
la funzione pubblica
sentite le organizzazioni
sindacali maggiormente
rappresentative sul piano
nazionale.
6. In
ogni caso il numero minimo
dei rappresentanti di cui
al comma 1 è il seguente:
a) 1
rappresentante nelle
aziende ovvero unità
produttive sino a 200
dipendenti;
b) 3
rappresentanti nelle
aziende ovvero unità
produttive da 201 a 1.000
dipendenti;
c) sei
rappresentanti in tutte le
altre aziende ovvero unità
produttive.
7. Le
modalità e i contenuti
specifici della formazione
del rappresentante per la
sicurezza sono stabiliti
in sede di contrattazione
collettiva nazionale di
categoria con il rispetto
dei contenuti minimi
previsti dal decreto di
cui all'art. 22, comma 7.
ART.
19
- Attribuzioni del
rappresentante per la
sicurezza
1. Il
rappresentante per la
sicurezza:
a)
accede ai luoghi di lavoro
in cui si svolgono le
lavorazioni;
b) è
consultato preventivamente
e tempestivamente in
ordine alla valutazione
dei rischi, alla
individuazione,
programmazione,
realizzazione e verifica
della prevenzione
nell'azienda ovvero unità
produttiva;
c) è
consultato sulla
designazione degli addetti
al servizio di
prevenzione, all'attività
di prevenzione incendi, al
pronto soccorso, alla
evacuazione dei
lavoratori;
d) è
consultato in merito
all'organizzazione della
formazione di cui all'art.
22, comma 5;
e)
riceve le informazioni e
la documentazione
aziendale inerente la
valutazione dei rischi e
le misure di prevenzione
relative, nonché quelle
inerenti le sostanze e i
preparati pericolosi, le
macchine, gli impianti,
l'organizzazione e gli
ambienti di lavoro, gli
infortuni e le malattie
professionali;
f)
riceve le informazioni
provenienti dai servizi di
vigilanza;
g)
riceve una formazione
adeguata, comunque non
inferiore a quella
prevista dall'art. 22;
h)
promuove l'elaborazione,
individuazione e
l'attuazione delle misure
di prevenzione idonee a
tutelare la salute e
l'integrità fisica dei
lavoratori;
i)
formula osservazioni in
occasione di visite e
verifiche effettuate dalle
autorità competenti;
l)
partecipa alla riunione
periodica di cui all'art.
11;
m) fa
proposte in merito
all'attività di
prevenzione;
n)
avverte il responsabile
dell'azienda dei rischi
individuati nel corso
della sua attività;
o) può
fare ricorso alle autorità
competenti qualora ritenga
che le misure di
prevenzione e protezione
dai rischi adottate dal
datore di lavoro e i mezzi
impiegati per attuarle non
siano idonei a garantire
la sicurezza e la salute
durante il lavoro.
2. Il
rappresentante per la
sicurezza deve disporre
del tempo necessario allo
svolgimento dell'incarico
senza perdita di
retribuzione, nonché dei
mezzi necessari per
l'esercizio delle funzioni
e delle facoltà
riconosciutegli.
3. Le
modalità per l'esercizio
delle funzioni di cui al
comma 1 sono stabilite in
sede di contrattazione
collettiva nazionale.
4. Il
rappresentante per la
sicurezza non può subire
pregiudizio alcuno a causa
dello svolgimento della
propria attività e nei
suoi confronti si
applicano le stesse tutele
previste dalla legge per
le rappresentanze
sindacali.
5. Il
rappresentante per la
sicurezza ha accesso, per
l'espletamento della sua
funzione, al documento di
cui all'art. 4, commi 2 e
3, nonché al registro
degli infortuni sul lavoro
di cui all'art. 4, comma
5, lett. o).
ART.
20
- Organismi
paritetici
1. A
livello territoriale sono
costituiti organismi
paritetici tra le
organizzazioni sindacali
dei datori di lavoro e dei
lavoratori, con funzioni
di orientamento e di
promozione di iniziative
formative nei confronti
dei lavoratori. Tali
organismi sono inoltre
prima istanza di
riferimento in merito a
controversie sorte
sull'applicazione dei
diritti di rappresentanza,
informazione e formazione,
previsti dalle norme
vigenti.
2. Sono
fatti salvi, ai fini del
comma 1, gli organismi
bilaterali o partecipativi
previsti da accordi
interconfederali, di
categoria, nazionali,
territoriali o aziendali.
3. Agli
effetti dell'art. 10 del
decreto legislativo 3
febbraio 1993, n. 29, gli
organismi di cui al comma
1 sono parificati alla
rappresentanza indicata
nel medesimo articolo.
ART.
21
-
Informazione dei
lavoratori
1. Il
datore di lavoro provvede
affinché ciascun
lavoratore riceva
un'adeguata informazione
su:
a) i
rischi per la sicurezza e
la salute connessi
all'attività dell'impresa
in generale;
b) le
misure e le attività di
protezione e prevenzione
adottate;
c) i
rischi specifici cui è
esposto in relazione
all'attività svolta, le
normative di sicurezza e
le disposizioni aziendali
in materia;
d) i
pericoli connessi all'uso
delle sostanze e dei
preparati pericolosi sulla
base delle schede dei dati
di sicurezza previste
dalla normativa vigente e
dalle norme di buona
tecnica;
e) le
procedure che riguardano
il pronto soccorso, la
lotta antincendio,
l'evacuazione dei
lavoratori;
f) il
responsabile del servizio
di prevenzione e
protezione e il medico
competente;
g) i
nominativi dei lavoratori
incaricati di applicare le
misure di cui agli
articoli 12 e 15.
2. Il
datore di lavoro fornisce
le informazioni di cui al
comma 1, lettere a), b),
c), anche ai lavoratori di
cui all'art. 1, comma 3.
ART.
22
- Formazione dei
lavoratori
1. Il
datore di lavoro, i
dirigenti e i preposti,
nell'ambito delle
rispettive attribuzioni e
competenze, assicurano che
ciascun lavoratore, ivi
compresi i lavoratori di
cui all'art. 1, comma 3,
ricevano una formazione
sufficiente ed adeguata in
materia di sicurezza e di
salute, con particolare
riferimento al proprio
posto di lavoro e alle
proprie mansioni.
2. La
formazione deve avvenire
in occasione:
a)
dell'assunzione;
b) del
trasferimento o
cambiamento di mansioni;
c)
dell'introduzione di nuove
attrezzature di lavoro o
di nuove tecnologie, di
nuove sostanze e preparati
pericolosi.
3. La
formazione deve essere
periodicamente ripetuta in
relazione all'evoluzione
dei rischi ovvero
all'insorgenza di nuovi
rischi.
4. Il
rappresentante per la
sicurezza ha diritto a una
formazione particolare in
materia di salute e
sicurezza, concernente la
normativa in materia di
sicurezza e salute e i
rischi specifici esistenti
nel proprio ambito di
rappresentanza, tale da
assicurargli adeguate
nozioni sulle principali
tecniche di controllo e
prevenzione dei rischi
stessi.
5. Il
lavoratore incaricato
dell'attività di pronto
soccorso, di lotta
antincendio e di
evacuazione dei lavoratori
deve essere adeguatamente
formato.
6. La
formazione dei lavoratori
e quella dei loro
rappresentanti di cui al
comma 4 deve avvenire, in
collaborazione con gli
organismi paritetici di
cui allart. 20, durante
l'orario di lavoro e non
può comportare oneri
economici a carico dei
lavoratori.
7. I
Ministri del lavoro e
della previdenza sociale e
della sanità, sentita la
commissione consultiva
permanente, possono
stabilire i contenuti
minimi della formazione
dei lavoratori, dei
rappresentanti per la
sicurezza e dei datori di
lavoro di cui all'art. 10,
comma 3, tenendo anche
conto delle dimensioni e
della tipologia delle
imprese.
ART.
23
- Vigilanza
1. La
vigilanza
sull'applicazione della
legislazione in materia di
sicurezza e salute nei
luoghi di lavoro è svolta
dalla unità sanitaria
locale e, per quanto di
specifica competenza, dal
Corpo nazionale dei vigili
del fuoco, nonché, per il
settore minerario, dal
Ministero dell'industria,
del commercio e
dell'artigianato.
2. Per
attività lavorative
comportanti rischi
particolarmente elevati,
da individuare con decreto
del Presidente del
Consiglio dei Ministri, su
proposta dei Ministri del
lavoro e della previdenza
sociale e della sanità,
sentita la commissione
consultiva permanente,
l'attività di vigilanza
sull'applicazione della
legislazione in materia di
sicurezza può essere
esercitata anche
dall'ispettorato del
lavoro che ne informa
preventivamente il
servizio di prevenzione e
sicurezza della unità
sanitaria locale
competente per territorio.
3. Il
decreto di cui al comma 2
deve essere emanato entro
12 mesi dalla data di
entrata in vigore del
presente decreto.
ART.
24
- Informazione,
consulenza, assistenza
1. Le
regioni, il Ministero
dell'interno tramite le
strutture del Corpo
nazionale dei vigili del
fuoco, l'ISPESL, anche
mediante i propri
dipartimenti periferici,
il ministero del lavoro e
della previdenza sociale,
per mezzo degli
ispettorati del lavoro, il
Ministero dell'industria,
del commercio e
dell'artigianato, per il
settore estrattivo,
tramite gli uffici della
Direzione generale delle
miniere, l'Istituto
italiano di medicina
sociale e gli enti di
patronato, svolgono
attività di informazione,
consulenza e assistenza in
materia di sicurezza e
salute nei luoghi di
lavoro, in particolare nei
confronti delle imprese
artigiane e delle piccole
e medie imprese e delle
rispettive associazioni
dei datori di lavoro.
2.
L'attività di consulenza
non può essere prestata
dai soggetti che svolgono
attività di controllo e di
vigilanza.
ART.
25
- Coordinamento
1. Con
atto di indirizzo e
coordinamento, da
emanarsi, su proposta dei
Ministri del lavoro e
della previdenza sociale e
della sanità, previa
deliberazione del
Consiglio dei Ministri,
entro un anno dalla data
di entrata in vigore del
presente decreto, sono
individuati criteri al
fine di assicurare unità e
omogeneità di
comportamenti in tutto il
territorio nazionale
nell'applicazione delle
disposizioni in materia di
sicurezza e salute dei
lavoratori.
ART 26 -
Commissione consultiva
permanente per la
prevenzione degli
infortuni e l'igiene del
lavoro
1.
L'art. 393 del decreto del
Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, è sostituito dal
seguente: "Art. 393
(Costituzione della
commissione):
1.
Presso il Ministero del
lavoro e della previdenza
sociale è istituita una
commissione consultiva
permanente per la
prevenzione degli
infortuni e per l'igiene
del lavoro. Essa è
presieduta dal Ministro
del lavoro e della
previdenza sociale o dal
direttore generale della
Direzione generale dei
rapporti di lavoro da lui
delegato, ed è così
composta da:
a)
cinque funzionari esperti
designati dal Ministro del
lavoro e della previdenza
sociale, di cui tre
ispettori del lavoro,
laureati 1 in ingegneria,
1 in medicina e chirurgia
e 1 in chimica o fisica;
b) il
direttore e tre funzionari
dell'Istituto superiore
per la prevenzione e
sicurezza del lavoro;
c) un
funzionario dell'Istituto
superiore di sanità;
d) un
funzionario per ciascuno
dei seguenti Ministeri:
sanità; industria,
commercio ed artigianato;
interno; funzione
pubblica; trasporti;
risorse agricole,
alimentari e forestali;
ambiente;
e) sei
rappresentanti delle
regioni e province
autonome designati dalla
conferenza Stato-Regioni.
f) un
rappresentante dei
seguenti organismi:
-Istituto nazionale
assicurazioni e infortuni
sul lavoro;
-Corpo
nazionale dei vigili del
fuoco;
-Consiglio nazionale
ricerche;
-UNI;
-CEI;
-Agenzia
nazionale protezione
ambiente;
g)
quattro esperti nominati
dal Ministro del lavoro e
della previdenza sociale
su designazione delle
organizzazioni sindacali
dei lavoratori
maggiormente
rappresentative a livello
nazionale;
h)
quattro esperti nominati
dal Ministro del lavoro e
della previdenza sociale
su designazione delle
organizzazioni sindacali
dei datori di lavoro
maggiormente
rappresentative a livello
nazionale;
i) un
esperto nominato dal
Ministro del lavoro e
della previdenza sociale
su designazione delle
organizzazioni sindacali
dei dirigenti d'azienda
maggiormente
rappresentative a livello
nazionale.
2. Per
ogni rappresentante
effettivo è designato un
membro supplente.
3.
All'inizio di ogni mandato
la commissione può
istituire comitati
speciali permanenti dei
quali determina la
composizione e la
funzione.
4. La
commissione può chiamare a
far parte dei comitati di
cui al comma 3 persone
particolarmente esperte,
anche su designazione
delle associazioni
professionali,
dell'università e degli
enti di ricerca, in
relazione alle materie
trattate.
5. Le
funzioni inerenti alla
segreteria della
commissione sono
disimpegnate da due
funzionari del Ministero
del lavoro e della
previdenza sociale.
6. I
componenti della
commissione consultiva
permanente e i segretari
sono nominati con decreto
del Ministro del lavoro e
della previdenza sociale
su designazione degli
organismi competenti
durano in carica tre
anni.".
2.
L'art. 394 del decreto del
Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, è sostituito dal
seguente: "Art. 394
(compiti della
commissione):
1. La
commissione consultiva
permanente ha il compito
di:
a)
esaminare i problemi
applicativi della
normativa in materia di
sicurezza e salute sul
posto di lavoro e
predisporre una relazione
annuale al riguardo;
b)
formulare proposte per lo
sviluppo e il
perfezionamento della
legislazione vigente e per
il suo coordinamento con
altre disposizioni
concernenti la sicurezza e
la protezione della salute
dei lavoratori nonché per
il coordinamento degli
organi preposti alla
vigilanza;
c)
esaminare le problematiche
evidenziate dai comitati
regionali sulle misure
preventive e di controllo
dei rischi adottate nei
luoghi di lavoro;
d)
proporre linee guida
applicative della
normativa di sicurezza;
e)
esprimere parere sugli
adeguamenti di natura
strettamente tecnica
relativi alla normativa
CEE da attuare a livello
nazionale;
f)
esprimere parere sulle
richieste di deroga
previste dall'art. 48 del
decreto legislativo 15
agosto 1991, n. 277;
g)
esprimere parere sulle
richieste di deroga
previste dall'art. 8 del
decreto legislativo 25
gennaio 1992, n. 77;
h)
esprimere parere sul
riconoscimento di
conformità alle
prescrizioni per la
sicurezza e la salute dei
lavoratori di norme
tecniche;
i)
esprimere il parere sui
ricorsi avverso le
disposizioni impartite
dagli ispettori del lavoro
nell'esercizio della
vigilanza, sulle attività
comportanti rischi
particolarmente elevati,
individuate ai sensi
dell'art. 43, comma 1,
lettera g), n. 4, della
legge 19 febbraio 1991, n.
142, secondo le modalità
di cui all'art. 402;
l)
esprimere parere, su
richiesta del Ministero
del lavoro e della
previdenza sociale o del
Ministero della sanità o
delle regioni, su
qualsiasi questione
relativa alla sicurezza
del lavoro e alla
protezione della salute
dei lavoratori.
2. La
relazione di cui al comma
precedente, lettera a), è
resa pubblica ed è
trasmessa alle commissioni
parlamentari competenti ed
ai presidenti delle
regioni. La commissione,
per l'espletamento dei
suoi compiti, può chiedere
dati o promuovere indagini
e, su richiesta o
autorizzazione del
Ministero del lavoro e
della previdenza sociale,
effettuare sopralluoghi.".
3.
L'art. 395 del decreto del
Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, è soppresso.
ART
27
- Comitati
regionali di coordinamento
1. Con
atto di indirizzo e
coordinamento, da emanarsi
entro un anno dalla data
di entrata in vigore del
presente decreto, sentita
la Conferenza
Stato-regioni, su proposta
dei Ministri del lavoro e
della previdenza sociale e
della sanità, previa
deliberazione del
Consiglio dei Ministri,
sono individuati criteri
generali relativi
all'individuazione di
organi operanti nella
materia della sicurezza e
della salute sul luogo di
lavoro al fine di
realizzare uniformità di
interventi e il necessario
raccordo con la
commissione consultiva
permanente .
2. Alle
riunioni della Conferenza
Stato-regioni, convocate
per i pareri di cui al
comma 1 partecipano i
rappresentanti dell'ANCI,
dell'UPI e dell'UNICEM.
ART.
28
- Adeguamenti al progresso
tecnico
1. Con
decreto del Ministro del
lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con i
Ministri della sanità e
dell'industria, del
commercio e
dell'artigianato, sentita
la commissione consultiva
permanente:
a) è
riconosciuta la conformità
alle vigenti norme per la
sicurezza e la salute dei
lavoratori sul luogo di
lavoro di mezzi e sistemi
di sicurezza in attività
lavorative comportanti
rischi elevati e di nuove
tecnologie;
b) si dà
attuazione alle direttive
in materia di sicurezza e
salute dei lavoratori sul
luogo di lavoro della
Comunità europea per le
parti in cui modificano
modalità esecutive e
caratteristiche di ordine
tecnico di altre direttive
già recepite
nell'ordinamento
nazionale;
c) si
provvede all'adeguamento
della normativa di natura
strettamente tecnica e
degli allegati al presente
decreto in relazione al
progresso tecnologico.
ART.
29
- Statistiche degli
infortuni e delle malattie
professionali
1.
L'INAIL e l'ISPESL si
forniscono reciprocamente
i dati relativi agli
infortuni ed alle malattie
professionali anche con
strumenti telematici .
2. L'ISPESL
e l'INAIL indicono una
conferenza permanente di
servizio per assicurare il
necessario coordinamento
in relazione a quanto
previsto dall'art. 8,
comma 3, del decreto
legislativo 7 dicembre
1993, n. 517, nonché per
verificare l'adeguatezza
dei sistemi di prevenzione
eassicurativi, e di
studiare e proporre
soluzioni normative e
tecniche atte a ridurre il
fenomeno degli infortuni e
delle malattie
professionali.
3. I
criteri per la raccolta ed
elaborazione delle
informazioni relative ai
rischi e ai danni
derivanti da infortunio
durante l'attività
lavorativa sono
individuati nelle norme
UNI, riguardanti i
parametri per la
classificazione dei casi
di infortunio, ed i
criteri per il calcolo
degli indici di frequenza
e gravità e loro
successivi aggiornamenti.
4. Con
decreto del Ministro del
lavoro e della previdenza
sociale e del Ministro
della sanità, sentita la
commissione consultiva
permanente, possono essere
individuati i criteri
integrativi di quelli di
cui al comma 3 in
relazione a particolari
rischi.
5. I
criteri per la raccolta e
l'elaborazione delle
informazioni relative ai
rischi e ai danni
derivanti dalle malattie
professionali, nonché ad
altre malattie e forme
patologiche
eziologicamente collegate
al lavoro, sono
individuati con decreto
del Ministro del lavoro e
della previdenza sociale e
del Ministro della sanità,
sentita la commissione
consultiva permanente,
sulla base delle norme di
buona tecnica.
ART.
30
-
Definizioni
1. Ai
fini dell'applicazione
delle disposizioni di cui
al presente titolo si
intendono per luoghi di
lavoro:
a) i
luoghi destinati a
contenere posti di lavoro,
ubicati all'interno
dell'azienda ovvero
dell'unità produttiva,
nonché ogni altro luogo
nell'area della medesima
azienda ovvero unità
produttiva comunque
accessibile per il lavoro.
2. Le
disposizioni del presente
titolo non si applicano:
a) ai
mezzi di trasporto;
b) ai
cantieri temporanei o
mobili;
c) alle
industrie estrattive;
d) ai
pescherecci;
e) ai
campi, boschi e altri
terreni facenti parte di
una impresa agricola o
forestale, ma situati
fuori dall'area edificata
dell'azienda.
3. Ferme
restando le disposizioni
di legge vigenti, le
prescrizioni di sicurezza
e di salute per i luoghi
di lavoro sono specificate
nell'allegato II.
4. I
luoghi di lavoro devono
essere strutturati tenendo
conto, se del caso, di
eventuali lavoratori
portatori di handicap.
5.
L'obbligo di cui al comma
4 vige, in particolare,
per le porte, le vie di
circolazione, le scale, le
docce, i gabinetti e i
posti di lavori utilizzati
od occupati direttamente
da lavoratori portatori di
handicap.
6. La
disposizione di cui al
comma 4 non si applica ai
luoghi di lavoro già
utilizzati prima del 1º
gennaio 1993, ma debbono
essere adottate misure
idonee a consentire la
mobilità e l'utilizzazione
dei servizi sanitari e di
igiene personale.
ART.
31
- Requisiti di sicurezza e
di salute
1. Fermo
restando le disposizioni
legislative e
regolamentari vigenti i
luoghi di lavoro costruiti
o utilizzati anteriormente
all'entrata in vigore del
presente decreto devono
essere adeguati alle
prescrizioni di sicurezza
e salute di cui al
presente titolo entro il
1º gennaio 1996.
ART.
32
- Obblighi del datore di
lavoro
1. Il
datore di lavoro provvede
affinché:
a) le
vie di circolazione
interne o all'aperto che
conducono a uscite o ad
uscite di emergenza e le
uscite di emergenza siano
sgombre allo scopo di
consentirne
l'utilizzazione in ogni
evenienza;
b) i
luoghi di lavoro, gli
impianti e i dispositivi
vengano sottoposti a
regolare manutenzione
tecnica e vengano
eliminati, quanto più
rapidamente possibile, i
difetti rilevati che
possano pregiudicare la
sicurezza e la salute dei
lavoratori;
c) i
luoghi di lavoro, gli
impianti e i dispositivi
vengano sottoposti a
regolare pulitura, onde
assicurare condizioni
igieniche adeguate;
d) gli
impianti e i dispositivi
di sicurezza, destinati
alla prevenzione o
all'eliminazione dei
pericoli, vengano
sottoposti a regolare
manutenzione e al
controllo del
lorofunzionamento.
ART.
33
- Adeguamenti di norme
1.
L'art. 13 del decreto del
Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, è sostituito dal
seguente:
"Art. 13 (Vie e uscite di
emergenza).
1. Ai
fini del presente decreto
si intende per:
a) via
di emergenza: percorso
senza ostacoli al deflusso
che consente alle persone
che occupano un edificio o
un locale di raggiungere
un luogo sicuro;
b)
uscita di emergenza:
passaggio che immette in
un luogo sicuro;
c) luogo
sicuro: luogo nel quale le
persone sono da
considerarsi al sicuro
dagli effetti determinati
dall'incendio o altre
situazioni di emergenza.
2. Le
vie e le uscite di
emergenza devono rimanere
sgombre e consentire di
raggiungere il più
rapidamente possibile un
luogo sicuro.
3. In
caso di pericolo tutti i
posti di lavoro devono
poter essere evacuati
rapidamente e in piena
sicurezza da parte dei
lavoratori.
4. Il
numero, la distribuzione e
le dimensioni delle vie e
delle uscite di emergenza
devono essere adeguate
alle dimensioni dei luoghi
di lavoro, alla loro
ubicazione, alla loro
destinazione d'uso, alle
attrezzature in essi
installate, nonché al
numero massimo di persone
che possono essere
presenti in detti luoghi.
5. Le
vie e le uscite di
emergenza devono avere
altezza minima di m 2,0 e
larghezza minima conforme
alla normativa vigente in
materia antincendio.
6.
Qualora le uscite di
emergenza siano dotate di
porte, queste devono
essere apribili nel verso
dell'esodo e, qualora
siano chiuse devono poter
essere aperte facilmente e
immediatamente da parte di
qualsiasi persona che
abbia bisogno di
utilizzarle in caso di
emergenza.
7. Le
porte delle uscite di
emergenza non devono
essere chiuse a chiave, se
non in casi specificamente
autorizzati dall'autorità
competente.
8. Nei
locali di lavoro e in
quelli destinati a
deposito è vietato
adibire, quali porte delle
uscite di emergenza, le
saracinesche a rullo, le
porte scorrevoli
verticalmente e quelle
girevoli su asse centrale.
9. Le
vie e le uscite di
emergenza nonché le vie di
circolazione e le porte
che vi danno accesso non
devono essere ostruite da
oggetti in modo da poter
essere utilizzate in ogni
momento senza impedimenti.
10. Le
vie e le uscite di
emergenza devono essere
evidenziate da apposita
segnaletica, conforme alle
disposizioni vigenti,
durevole e collocata in
luoghi appropriati.
11. Le
vie e le uscite di
emergenza che richiedono
un'illuminazione devono
essere dotate di
un'illuminazione di
sicurezza di intensità
sufficiente, che entri in
funzione in caso di guasto
dell'impianto elettrico.
12. Gli
edifici che siano
costruiti o adattati
interamente per
lavorazioni che comportano
un numero di lavoratori
superiore a 25, e in ogni
caso quando le lavorazioni
e i materiali ivi
utilizzati presentino
pericoli di esplosione o
di incendio e siano
adibiti nello stesso
locale più di 5
lavoratori, devono avere
almeno due scale distinte
di facile accesso.Per gli
edifici già costruiti si
dovrà provvedere in
conformità, quando non ne
esista l'impossibilità
accertata dall'organo di
vigilanza: in quest'ultimo
caso sono disposte le
misure e cautele ritenute
più efficienti.
13. Per
i luoghi di lavoro già
utilizzati prima del 1º
gennaio 1993 non si
applica la disposizione
contenuta nel comma 4, ma
gli stessi debbono avere
un numero sufficiente di
vie e uscite di
emergenza.".
2.
L'art. 14 del decreto del
Presidente della
Repubblica del 27 aprile
1955, n. 547, è sostituito
dal seguente:
"Art. 14 (Porte e
portoni).
1. Le
porte dei locali di lavoro
devono, per numero,
dimensioni, posizione, e
materiali di realizzazione
consentire una rapida
uscita delle persone ed
essere agevolmente
apribili dall'interno
durante il lavoro.
2.
Quando in un locale le
lavorazioni e i materiali
comportino rischi di
esplosione e di incendio e
siano adibiti alle
attività che si svolgono
nel locale stesso più di 5
lavoratori, almeno una
porta ogni 5 lavoratori
deve essere apribile nel
verso dell'esodo ed avere
larghezza minima di m
1,20.
3.
Quando in un locale si
svolgono lavorazioni
diverse da quelle previste
al comma 2, la larghezza
minima delle porte è la
seguente:
a)
quando in uno stesso
locale i lavoratori
normalmente ivi occupati
siano fino a 25, il locale
deve essere dotato di una
porta avente larghezza
minima di m 0,90;
b)
quando in uno stesso
locale i lavoratori
normalmente ivi occupati
siano in numero compreso
tra 26 e 50, il locale
deve essere dotato di una
porta avente larghezza
minima di m 1,20 che si
apra nel verso dell'esodo;
c)
quando in uno stesso
locale i lavoratori
normalmente ivi occupati
siano in numero compreso
tra 51 e 100, il locale
deve essere dotato di una
porta avente larghezza
minima di m 1,20 e di una
porta avente larghezza
minima di m 0,90, che si
aprano entrambe nel verso
dell'esodo;
d)
quando in uno stesso
locale i lavoratori
normalmente ivi occupati
siano in numero superiore
a 100, in aggiunta alle
porte previste alla
lettera c) il locale deve
essere dotato di almeno 1
porta che si apra nel
verso dell'esodo avente
larghezza minima di m 1,20
per ogni 50 lavoratori
normalmente ivi occupati o
frazione compresa tra 10 e
50, calcolati
limitatamente
all'eccedenza rispetto a
100.
4. Il
numero complessivo delle
porte di cui al comma 3
può anche essere minore,
purché la loro larghezza
complessiva non risulti
inferiore.
5. Alle
porte per le quali è
prevista una larghezza
minima di m 1,20 è
applicabile una tolleranza
in meno del 5% (cinque per
cento).
6.
Quando in un locale di
lavoro le uscite di
emergenza di cui all'art.
13, comma 5, coincidono
con le porte di cui al
comma 1, si applicano le
disposizioni di cui
all'art. 13, comma 5.
7. Nei
locali di lavoro ed in
quelli adibiti a magazzino
non sono ammesse le porte
scorrevoli, le
saracinesche a rullo, le
porte girevoli su asse
centrale, quando non
esistano altre porte
apribili verso l'esterno
del locale.
8.
Immediatamente accanto ai
portoni destinati
essenzialmente alla
circolazione dei veicoli
devono esistere, a meno
che il passaggio dei
pedoni sia sicuro, porte
per la circolazione dei
pedoni che devono essere
segnalate in modo visibile
ed essere sgombre in
permanenza.
9. Le
porte e i portoni apribili
nei due versi devono
essere trasparenti o
essere muniti di pannelli
trasparenti.
10.
Sulle porte trasparenti
deve essere apposto un
segno indicativo
all'altezza degli occhi.
11. Se
le superfici trasparenti o
traslucide delle porte e
dei portoni non sono
costituite da materiali di
sicurezza e c'è il rischio
che i lavoratori possano
rimanere feriti in caso di
rottura di dette
superfici, queste devono
essere protette contro lo
sfondamento.
12. Le
porte scorrevoli devono
disporre di un sistema di
sicurezza che impedisca
loro di uscire dalle guide
o di cadere.
13. Le
porte e i portoni che si
aprono verso l'alto devono
disporre di un sistema di
sicurezza che impedisca
loro di ricadere.
14. Le
porte e i portoni ad
azionamento meccanico
devono funzionare senza
rischi di infortuni per i
lavoratori. Essi devono
essere muniti di
dispositivi di arresto di
emergenza facilmente
identificabili e
accessibili e poter essere
aperti anche manualmente,
salvo che la loro apertura
possa avvenire
automaticamente in caso di
mancanza di energia
elettrica.
15. Le
porte situate sul percorso
delle vie di emergenza
devono essere
contrassegnate in maniera
appropriata con
segnaletica durevole
conformemente alla
normativa vigente. Esse
devono poter essere
aperte, in ogni momento,
dall'interno senza aiuto
speciale.
16.
Quando i luoghi di lavoro
sono occupati le porte
devono poter essere
aperte.
17. Per
i luoghi di lavoro già
utilizzati prima del 1º
gennaio 1993 non si
applicano le disposizioni
dei commi precedenti. I
locali di lavoro e quelli
adibiti a deposito devono
essere provvisti di porte
di uscita che abbiano la
larghezza di almeno m 1,10
e che siano in numero non
inferiore ad una per ogni
50 lavoratori normalmente
ivi occupati o frazione
compresa tra 10 e 50. Il
numero delle porte può
anche essere minore,
purché la loro larghezza
complessiva non risulti
inferiore.".
3.
L'art. 8 del decreto del
Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, è sostituito dal
seguente:
"Art. 8 (Vie di
circolazione, zone di
pericolo, pavimenti e
passaggi).
1. Le
vie di circolazione,
comprese scale, scale
fisse e banchine e rampe
di carico, devono essere
situate e calcolate in
modo tale che i pedoni o i
veicoli possano
utilizzarle facilmente in
piena sicurezza e
conformemente alla loro
destinazione e che i
lavoratori operanti nelle
vicinanze di queste vie di
circolazione non corrano
alcun rischio.
2. Il
calcolo delle dimensioni
delle vie di circolazione
per persone ovvero merci
dovrà basarsi sul numero
potenziale degli utenti e
sul tipo di impresa.
3.
Qualora sulle vie di
circolazione siano
utilizzati mezzi di
trasporto, dovrà essere
prevista per i pedoni una
distanza di sicurezza
sufficiente.
4. Le
vie di circolazione
destinate ai veicoli
devono passare a una
distanza sufficiente da
porte, portoni, passaggi
per pedoni, corridoi e
scale.
5. Nella
misura in cui l'uso e
l'attrezzatura dei locali
lo esigano per garantire
la protezione dei
lavoratori, il tracciato
delle vie di circolazione
deve essere evidenziato.
6. Se i
luoghi di lavoro
comportano zone di
pericolo in funzione della
natura del lavoro e
presentano rischi di
cadute dei lavoratori o
rischi di cadute
d'oggetti, tali luoghi
devono essere dotati di
dispositivi per impedire
che i lavoratori non
autorizzati possano
accedere a dette zone.
7.
Devono essere prese misure
appropriate per proteggere
i lavoratori autorizzati
ad accedere alle zone di
pericolo.
8. Le
zone di pericolo devono
essere segnalate in modo
chiaramente visibile.
9. I
pavimenti degli ambienti
di lavoro e dei luoghi
destinati al passaggio non
devono presentare buche o
sporgenze pericolose e
devono essere in
condizioni tali da rendere
sicuro il movimento e il
transito delle persone e
dei mezzi di trasporto.
10. I
pavimenti e i passaggi non
devono essere ingombrati
da materiali che
ostacolino la normale
circolazione.
11.
Quando per evidenti
ragioni tecniche non si
possono completamente
eliminare dalle zone di
transito ostacoli fissi o
mobili che costituiscono
un pericolo per i
lavoratori o i veicoli che
tali zone devono
percorrere, gli ostacoli
devono essere
adeguatamente segnalati.".
4.
L'intestazione del titolo
II del decreto del
Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303, è sostituita dalla
seguente:
"Titolo II - Disposizioni
particolari"
5.
Nell'art. 6, primo comma,
del decreto del Presidente
della Repubblica 19 marzo
1956, n. 303, dopo le
parole "da destinarsi al
lavoro nelle aziende" è
soppressa la parola
"industriali".
6.
L'art. 9 del decreto del
Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303, è sostituito dal
seguente:
"Art. 9 (Aerazione dei
luoghi di lavoro chiusi).
1. Nei
luoghi di lavoro chiusi, è
necessario far sì che
tenendo conto dei metodi
di lavoro e degli sforzi
fisici ai quali sono
sottoposti i lavoratori,
essi dispongano di aria
salubre in quantità
sufficiente.
2. Se
viene utilizzato un
impianto di aerazione,
esso deve essere sempre
mantenuto funzionante.
Ogni eventuale guasto deve
essere segnalato da un
sistema di controllo,
quando ciò è necessario
per salvaguardare la
salute dei lavoratori.
3. Se
sono utilizzati impianti
di condizionamento
dell'aria o di
ventilazione meccanica,
essi devono funzionare in
modo che i lavoratori non
siano esposti a correnti
d'aria fastidiosa.
4.
Qualsiasi sedimento o
sporcizia che potrebbe
comportare un pericolo
immediato per la salute
dei lavoratori dovuto
all'inquinamento dell'aria
respirata deve essere
eliminato rapidamente.".
7.
L'art. 11 del decreto del
Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303, è sostituito dal
seguente:
"Art. 11 (Temperatura dei
locali).
1. La
temperatura nei locali di
lavoro deve essere
adeguata all'organismo
umano durante il tempo di
lavoro, tenuto conto dei
metodi di lavoro applicati
e degli sforzi fisici
imposti ai lavoratori.
2. Nel
giudizio sulla temperatura
adeguata per i lavoratori
si deve tener conto
dell'influenza che possono
esercitare sopra di essa
il grado di umidità e il
movimento dell'aria
concomitanti.
3. La
temperatura dei locali di
riposo, dei locali per il
personale di sorveglianza,
dei servizi igienici,
delle mense e dei locali
di pronto soccorso deve
essere conforme alla
destinazione specifica di
questi locali.
4. Le
finestre, i lucernari e le
pareti vetrate devono
essere tali da evitare un
soleggiamento eccessivo
dei luoghi di lavoro,
tenendo conto del tipo di
attività e della natura
del luogo di lavoro.
5.
Quando non sia convenienti
modificare la temperatura
di tutto l'ambiente, si
deve provvedere alla
difesa dei lavoratori
contro le temperature
troppo alte o troppo basse
mediante misure tecniche
localizzate o mezzi
personali di protezione.".
8.
L'art. 10 del decreto del
Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303, è sostituito dal
seguente:
"Art. 10 (Illuminazione
naturale e artificiale dei
luoghi di lavoro).
1. I
luoghi di lavoro devono
disporre di sufficiente
luce naturale ed essere
dotati di dispositivi che
consentano
un'illuminazione
artificiale adeguata per
salvaguardare la
sicurezza, la salute e il
benessere dei lavoratori.
2. Gli
impianti di illuminazione
dei locali di lavoro e
delle vie di circolazione
devono essere installati
in modo che il tipo
d'illuminazione previsto
non rappresenta un rischio
di infortunio per i
lavoratori.
3. I
luoghi di lavoro nei quali
i lavoratori sono
particolarmente esposti a
rischi in caso di guasto
dell'illuminazione
artificiale, devono
disporre di
un'illuminazione di
sicurezza di sufficiente
intensità.
4. Le
superfici vetrate
illuminanti ed i mezzi di
illuminazione artificiale
devono essere tenuti
costantemente in buone
condizioni di pulizia e di
efficienza.".
9.
L'art. 7 del decreto del
Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303, è sostituito dal
seguente:
"Art. 7 (Pavimenti, muri,
soffitti, finestre e
lucernari dei locali scale
e marciapiedi mobili,
banchina e rampe di
carico).
1. A
meno che non sia richiesto
diversamente dalle
necessità della
lavorazione, è vietato
adibire a lavori
continuativi i locali
chiusi i che non
rispondano alle seguenti
condizioni:
a)
essere ben difesi contro
gli agenti atmosferici, e
provvisti di un isolamento
termico sufficiente,
tenuto conto del tipo di
impresa e dell'attività
fisica dei lavoratori;
b) avere
aperture sufficienti per
un rapido ricambio d'aria;
c)
essere ben asciutti e ben
difesi contro l'umidità;
d) avere
le superfici dei
pavimenti, delle pareti,
dei soffitti tali da poter
essere pulite e deterse
per ottenere condizioni
adeguate di igiene.
2. I
pavimenti dei locali
devono essere esenti da
protuberanze, cavità o
piani inclinati
pericolosi, devono essere
fissi, stabili e
antisdrucciolevoli.
3. Nelle
parti dei locali dove
abitualmente si versano
sul pavimento sostanze
putrescibili o liquidi, il
pavimento deve avere
superficie unita e
impermeabile e pendenza
sufficiente per avviare
rapidamente i liquidi
verso i punti di raccolta
e scarico.
4.
Quando il pavimento dei
posti di lavoro e di
quelli di passaggio si
mantenga bagnato, esso
deve essere munito in
permanenza di palchetti o
di graticolato, se i
lavoratori non sono
forniti di idonee
calzature impermeabili.
5.
Qualora non ostino
particolari condizioni
tecniche, le pareti dei
locali di lavoro devono
essere a tinta chiara.
6. Le
pareti trasparenti o
traslucide, in particolare
le pareti completamente
vetrate, nei locali o
nelle vicinanze dei posti
di lavoro e delle vie di
circolazione, devono
essere chiaramente
segnalate e costituite da
materiali di sicurezza
ovvero essere separate dai
posti di lavoro e dalle
vie di circolazione
succitati, in modo tale
che i lavoratori non
possano entrare in
contatto con le pareti, né
essere feriti qualora esse
vadano in frantumi.
7. Le
finestre, i lucernari e i
dispositivi di
ventilazione devono poter
essere aperti, chiusi,
regolati e fissati dai
lavoratori in tutta
sicurezza. Quando sono
aperti essi devono essere
posizionati in modo da non
costituire un pericolo per
i lavoratori.
8. Le
finestre e i lucernari
devono essere concepiti
congiuntamente con
l'attrezzatura o dotati di
dispositivi che consentano
la loro pulitura senza
rischi per i lavoratori
che effettuano tale lavoro
nonché per i lavoratori
presenti nell'edificio e
intorno a esso.
9.
L'accesso ai tetti
costituiti da materiali
non sufficientemente
resistenti può essere
autorizzato soltanto se
sono fornite attrezzature
che permettano di eseguire
il lavoro in tutta
sicurezza.
10. Le
scale ed i marciapiedi
mobili devono funzionare
in piena sicurezza, devono
essere muniti dei
necessari dispositivi di
sicurezza e devono
possedere dispositivi di
arresto di emergenza
facilmente identificabili
e accessibili.
11. Le
banchine e rampe di carico
devono essere adeguate
alle dimensioni dei
carichi trasportati.
12. Le
banchine di carico devono
disporre di almeno
un'uscita. Ove sia
tecnicamente possibile, le
banchine di carico che
superano m 25,0 di
lunghezza devono disporre
di un'uscita a ciascuna
estremità.
13. Le
rampe di carico devono
offrire una sicurezza tale
da evitare che i
lavoratori possano
cadere.".
10. L'art. 14 del decreto
del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303, è sostituito dal
seguente:
"Art. 14 (Locali di
riposo).
1.
Quando la sicurezza e la
salute dei lavoratori,
segnatamente a causa del
tipo di attività, lo
richiedono, i lavoratori
devono poter disporre di
un locale di riposo
facilmente accessibile.
2. La
disposizione di cui al
comma 1 non si applica
quando il personale lavora
in uffici o in analoghi
locali di lavoro che
offrano equivalenti
possibilità di riposo
durante la pausa.
3. I
locali di riposo devono
avere dimensioni
sufficienti ed essere
dotati di un numero di
tavoli e sedili con
schienale in funzione del
numero dei lavoratori.
4. Nei
locali di riposo si devono
adottare misure adeguate
per la protezione dei non
fumatori contro gli
inconvenienti del fumo.
5.
Quando il tempo di lavoro
è interrotto regolarmente
e frequentemente e non
esistono locali di riposo,
devono essere messi a
disposizione del personale
altri locali affinché
questi possa soggiornarvi
durante l'interruzione del
lavoro nel caso in cui la
sicurezza o la salute dei
lavoratori lo esiga. In
detti locali è opportuno
prevedere misure adeguate
per la protezione dei non
fumatori contro gli
inconvenienti del fumo.
6.
L'organo di vigilanza può
prescrivere che, anche nei
lavori continuativi, il
datore di lavoro dia modo
ai dipendenti di lavorare
stando a sedere ogni
qualvolta ciò non
pregiudichi la normale
esecuzione di lavoro.
7. Le
donne incinte e le madri
che allattano devono avere
la possibilità di
riposarsi in posizione
distesa e in condizioni
appropriate.".
11. L'art. 40 del decreto
del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303, è sostituito dal
seguente:
"Art. 40 (Spogliatoi e
armadi per il vestiario).
1.
Locali appositamente
destinati a spogliatoi
devono essere messi a
disposizione dei
lavoratori quando questi
devono indossare indumenti
di lavoro specifici e
quando per ragioni di
salute o di decenza non si
possa loro chiedere di
cambiarsi in altri locali.
2. Gli
spogliatoi devono essere
distinti fra i due sessi e
convenientemente arredati.
3. I
locali destinati a
spogliatoio devono avere
una capacità sufficiente,
essere possibilmente
vicini ai locali di lavoro
aerati, illuminati, ben
difesi dalle intemperie,
riscaldati durante la
stagione fredda e muniti
di sedili.
4. Gli
spogliatoi devono essere
dotati di attrezzature che
consentano a ciascun
lavoratore di chiudere a
chiave i propri indumenti
durante il tempo di
lavoro.
5.
Qualora i lavoratori
svolgano attività
insudicianti, polverose,
con sviluppo di fumi o
vapori contenenti in
sospensione sostanze
untuose o incrostanti,
nonché in quelle dove si
usano sostanze venefiche,
corrosive o infettanti o
comunque pericolose, gli
armadi per gli indumenti
da lavoro devono essere
separati da quelli per gli
indumenti privati.
6.
Qualora non si applichi il
comma 1 ciascun lavoratore
deve poter disporre delle
attrezzature di cui al
comma 4 per poter riporre
i propri indumenti.".
12. Gli articoli 37 e 39
del decreto del Presidente
della Repubblica 19 marzo
1956, n. 303 sono
sostituiti dai seguenti:
"Art. 37 (Docce e lavabi).
1. Docce
sufficienti e appropriate
devono essere messe a
disposizione dei
lavoratori quando il tipo
di attività o la salubrità
lo esigano.
2.
Devono essere previsti
locali per le docce
separati per uomini e
donne o un'utilizzazione
separata degli stessi. Le
docce o i lavabi o gli
spogliatoi devono comunque
facilmente comunicare tra
loro.
3. I
locali delle docce devono
avere dimensioni
sufficienti per permettere
a ciascun lavoratore di
rivestirsi senza impacci e
in condizioni appropriate
di igiene.
4. Le
docce devono essere dotate
di acqua corrente calda e
fredda e di mezzi
detergenti e per
asciugarsi.
5.
Devono essere previsti
lavabi separati per uomini
e donne ovvero
un'utilizzazione separata
dei lavabi, qualora ciò
sia necessario per motivi
di decenza.
Art.
39
- (Gabinetti e lavabi).
1. I
lavoratori devono
disporre, in prossimità
dei loro posti di lavoro,
dei locali di riposo,
degli spogliatoi, delle
docce o lavabi, di locali
speciali dotati di un
numero sufficiente di
gabinetti e di lavabi, per
acqua corrente calda, se
necessario, e dotati di
mezzi detergenti e per
asciugarsi.
2. Per
uomini e donne devono
essere previsti gabinetti
separati.".
13. L'art. 11 del decreto
del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, è sostituito dal
seguente:
"Art. 11 (Posti di lavoro
e di passaggio e luoghi di
lavoro esterni).
1. I
posti di lavoro e di
passaggio devono essere
idoneamente difesi contro
la caduta o l'investimento
di materiali in dipendenza
dell'attività lavorativa.
2. Ove
non sia possibile la
difesa con mezzi tecnici,
devono essere adottate
altre misure o cautele
adeguate.
3. I
posti di lavoro, le vie di
circolazione e altri
luoghi o impianti
all'aperto utilizzati od
occupati dai lavoratori
durante le loro attività
devono essere concepiti in
modo tale che la
circolazione dei pedoni e
dei veicoli possa avvenire
in modo sicuro.
4. Le
disposizioni di cui allart.
7 e le disposizioni sulle
vie di circolazione e zone
di pericolo sono altresì
applicabili alle vie di
circolazione principali
sul terreno dell'impresa,
alle vie di circolazione
che portano a posti di
lavoro fissi, alle vie di
circolazione utilizzate
per la regolare
manutenzione e
sorveglianza degli
impianti dell'impresa,
nonché alle banchine di
carico.
5. Le
disposizioni sulle vie di
circolazione e zone di
pericolo si applicano per
analogia ai luoghi di
lavoro esterni.
6. I
luoghi di lavoro
all'aperto devono essere
opportunamente illuminati
con luce artificiale
quando la luce del giorno
non è sufficiente.
7.
Quando i lavoratori
occupano posti di lavoro
all'aperto, questi devono
essere strutturati, per
quanto tecnicamente
possibile, in modo tale
che i lavoratori:
a) sono
protetti contro gli agenti
atmosferici e, se
necessario, contro la
caduta di oggetti;
b) non
sono esposti a livelli
sonori nocivi o ad agenti
esterni nocivi, quali gas,
vapori, polveri;
c)
possono abbandonare
rapidamente il posto di
lavoro in caso di pericolo
o possono essere soccorsi
rapidamente;
d) non
possono scivolare o
cadere.".
14. Le
disposizioni di cui al
presente articolo entrano
in vigore tre mesi dopo la
pubblicazione del presente
decreto nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica
italiana.
ART.
34
- Definizioni
1. Agli
effetti delle disposizioni
di cui al presente titolo
si intendono per:
a)
attrezzatura di lavoro:
qualsiasi macchina,
apparecchio, utensile o
impianto destinato a
essere usato durante il
lavoro;
b) uso
di un'attrezzatura di
lavoro: qualsiasi
operazione lavorativa
connessa ad
un'attrezzatura di lavoro,
quale la messa in servizio
o fuori servizio,
l'impiego, il trasporto,
la riparazione, la
trasformazione, la
manutenzione, la pulizia,
lo smontaggio;
c) zona
pericolosa: qualsiasi zona
all'interno ovvero in
prossimità di
un'attrezzatura di lavoro
nella quale la presenza di
un lavoratore costituisce
un rischio per la salute o
la sicurezza dello stesso.
ART.
35
- Obblighi del datore di
lavoro
1. Il
datore di lavoro mette a
disposizione dei
lavoratori attrezzature
adeguate al lavoro da
svolgere ovvero adattate a
tali scopi ed idonee ai
fini della sicurezza e
della salute.
2. Il
datore di lavoro attua le
misure tecniche ed
organizzative adeguate per
ridurre al minimo i rischi
connessi all'uso delle
attrezzature di lavoro da
parte dei lavoratori e per
impedire che dette
attrezzature possano
essere utilizzate per
operazioni e secondo
condizioni per le quali
non sono adatte.
3.
All'atto della scelta
delle attrezzature di
lavoro il datore di lavoro
prende in considerazione:
a) le
condizioni e le
caratteristiche specifiche
del lavoro da svolgere;
b) i
rischi presenti
nell'ambiente di lavoro;
c) i
rischi derivanti
dall'impiego delle
attrezzature stesse.
4. Il
datore di lavoro prende le
misure necessarie affinché
le attrezzature di lavoro
siano:
a)
installate in conformità
alle istruzioni del
fabbricante;
b)
utilizzate correttamente;
c)
oggetto di idonea
manutenzione al fine di
garantire nel tempo la
rispondenza ai requisiti
di cui all'art. 36 e siano
corredate, ove necessario,
da apposite istruzioni
d'uso.
5.
Qualora le attrezzature
richiedano per il loro
impiego conoscenze o
responsabilità particolari
in relazione ai loro
rischi specifici, il
datore di lavoro si
assicura che:
a) l'uso
dell'attrezzatura di
lavoro sia riservato a
lavoratori all'uopo
incaricati;
b) in
caso di riparazione, di
trasformazione o
manutenzione, il
lavoratore interessato sia
qualificato in maniera
specifica per svolgere
tali compiti.
ART.
36
- Disposizioni concernenti
le attrezzature di lavoro
1. Le
attrezzature di lavoro
messe a disposizione dei
lavoratori devono
soddisfare alle
disposizioni legislative e
regolamentari in materia
di tutela della sicurezza
e salute dei lavoratori
stessi ad esse
applicabili.
2. Nulla
è innovato nel regime
giuridico che regola le
operazioni di verifica
periodica delle
attrezzature per le quali
tale regime è
obbligatoriamente
previsto. In ogni caso le
modalità e le procedure
tecniche delle relative
verifiche seguono il
regime giuridico
corrispondente a quello in
base al quale
l'attrezzatura è stata
costruita e messa in
servizio.
3. Il
Ministro del lavoro e
della previdenza sociale,
di concerto con i Ministri
dell'industria, del
commercio e
dellartigianato e della
sanità, sentita la
commissione consultiva
permanente, può stabilire
modalità e procedure per
l'effettuazione delle
verifiche di cui al comma
2.
4.
Nell'art. 52 del decreto
del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, dopo il comma 2 è
aggiunto, infine, il
seguente comma: "Se ciò è
appropriato e funzionale
rispetto ai pericoli
dell'attrezzatura di
lavoro e del tempo di
arresto normale,
un'attrezzatura di lavoro
deve essere munita di un
dispositivo di arresto di
emergenza.".
5.
Nell'art. 53 del decreto
del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, dopo il comma 3 è
aggiunto, infine, il
seguente comma: "Qualora i
mezzi di cui al comma 1
svolgano anche la funzione
di allarme essi devono
essere ben visibili ovvero
comprensibili senza
possibilità di errore.".
6.
Nell'art. 374 del decreto
del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, dopo il comma 2 è
aggiunto, infine, il
seguente comma: "Ove per
le apparecchiature di cui
al comma 2 è fornito il
libretto di manutenzione
occorre prevedere
l'aggiornamento di questo
libretto.".
7.
Nell'art. 20 del decreto
del Presidente della
Repubblica 18 marzo 1956,
n. 303, dopo il comma 2
sono aggiunti, infine, i
seguenti commi:
"Un'attrezzatura che
presenti pericoli causati
da cadute o da proiezione
di oggetti deve essere
munita di dispositivi
appropriati di sicurezza
corrispondenti a tali
pericoli. Un'attrezzatura
di lavoro che comporti
pericoli dovuti ad
emanazione di gas, vapori
o liquidi ovvero ad
emissioni di polvere, deve
essere munita di
appropriati dispositivi di
ritenuta ovvero di
estrazione vicino alla
fonte corrispondente a
tali pericoli.".
8. Le
disposizioni del presente
articolo entrano in vigore
tre mesi dopo la
pubblicazione del presente
decreto nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica
italiana.
ART.
37
- Informazione
1. Il
datore di lavoro provvede
affinché, per ogni
attrezzatura di lavoro a
disposizione, i lavoratori
incaricati dispongano di
ogni informazione e di
ogni istruzione d'uso
necessaria in rapporto
alla sicurezza e relativa:
a) alle
condizioni di impiego
delle attrezzature anche
sulla base delle
conclusioni eventualmente
tratte dalle esperienze
acquisite nella fase di
utilizzazione delle
attrezzature di lavoro;
b) alle
situazioni anormali
prevedibili.
2. Le
informazioni e le
istruzioni d'uso devono
risultare comprensibili ai
lavoratori interessati.
ART.
38
- Formazione ed
addestramento
1. Il
datore di lavoro si
assicura che:
a) i
lavoratori incaricati di
usare le attrezzature di
lavoro ricevono una
formazione adeguata
sull'uso delle
attrezzature di lavoro;
b) i
lavoratori incaricati
dell'uso delle
attrezzature che
richiedono conoscenze e
responsabilità particolari
di cui all'art. 35, comma
5, ricevono un
addestramento adeguato e
specifico che li metta in
grado di usare tali
attrezzature in modo
idoneo e sicuro anche in
relazione ai rischi
causati ad altre persone.
ART.
39
- Obblighi dei lavoratori
1. I
lavoratori si sottopongono
ai programmi di formazione
o di addestramento
eventualmente organizzati
dal datore di lavoro.
2. I
lavoratori utilizzano le
attrezzature di lavoro
messe a loro disposizione
conformemente
all'informazione, alla
formazione e
all'addestramento
ricevuti.
3. I
lavoratori:
a) hanno
cura delle attrezzature di
lavoro messe a loro
disposizione;
b) non
vi apportano modifiche di
propria iniziativa;
c)
segnalano immediatamente
al datore di lavoro o al
dirigente o al preposto
qualsiasi difetto o
inconveniente da essi
rilevato nelle
attrezzature di lavoro
messe a loro disposizione.
ART.
40
-
Definizioni
1. Si
intende per dispositivo di
protezione individuale (DPI)
qualsiasi attrezzatura
destinata a essere
indossata e tenuta dal
lavoratore allo scopo di
proteggerlo contro uno o
più rischi suscettibili di
minacciare la sicurezza o
la salute durante il
lavoro, nonché ogni
complemento o accessorio
destinato a tale scopo.
2. Non
sono dispositivi di
protezione individuale:
a) gli
indumenti di lavoro
ordinari e le uni-
formi
non specificamente
destinati a proteggere la
sicurezza e la salute del
lavoratore;
b) le
attrezzature dei servizi
di soccorso e di
salvataggio;
c) le
attrezzature di protezione
individuale delle forze
armate, delle forze di
polizia e del personale
del servizio per il
mantenimento dell'ordine
pubblico;
d) le
attrezzature di protezione
individuabile proprie dei
mezzi di trasporto
stradali;
e) i
materiali sportivi;
f) i
materiali per l'autodifesa
o per la dissuasione;
g) gli
apparecchi portatili per
individuare e segnalare
rischi e fattori nocivi.
ART.
41
- Obbligo di uso
1. I DPI
devono essere impiegati
quando i rischi non
possono essere evitati o
sufficientemente ridotti
da misure tecniche di
prevenzione, da mezzi di
protezione collettiva, da
misure, metodi o
procedimenti di
riorganizzazione del
lavoro.
ART.
42
- Requisiti dei Dpi
1. I DPI
devono essere conformi
alle norme di cui al
decreto legislativo 4
dicembre 1992, n. 475.
2. I DPI
di cui al comma 1 devono
inoltre:
a)
essere adeguati ai rischi
da prevenire, senza
comportare di per sé un
rischio maggiore;
b)
essere adeguati alle
condizioni esistenti sul
luogo di lavoro;
c)
tenere conto delle
esigenze ergonomiche o di
salute del lavoratore;
d) poter
essere adattati
all'utilizzatore secondo
le sue necessità.
3. In
caso di rischi multipli
che richiedono l'uso
simultaneo di più DPI,
questi devono essere tra
loro compatibili e tali da
mantenere, anche nell'uso
simultaneo, la propria
efficacia nei confronti
del rischio e dei rischi
corrispondenti.
ART.
43
- Obblighi del datore di
lavoro
1. Il
datore di lavoro ai fini
della scelta dei DPI:
a)
effettua l'analisi e la
valutazione dei rischi che
non possono essere evitati
con altri
a)
effettua l'analisi e la
valutazione dei rischi che
non possono essere evitati
con altri mezzi;
b)
individua le
caratteristiche dei DPI
necessarie affinché questi
siano adeguati ai rischi
di cui alla lettera a),
tenendo conto delle
eventuali ulteriori fonti
di rischio rappresentate
dagli stessi DPI;
c)
valuta, sulla base delle
informazioni a corredo dei
DPI fornite dal
fabbricante e delle norme
d'uso di cui all'art. 45,
le caratteristiche dei DPI
disponibili sul mercato e
le raffronta con quelle
individuate alla lettera
b);
d)
aggiorna la scelta ogni
qualvolta intervenga una
variazione significativa
negli elementi di
valutazione di cui al
comma 1.
2. Il
datore di lavoro, anche
sulla base delle norme
d'uso di cui all'art. 45,
individua le condizioni in
cui un DPI deve essere
usato, specie per quanto
riguarda la durata
dell'uso, in funzione di:
a)
entità del rischio;
b)
frequenza dell'esposizione
al rischio;
c)
caratteristiche del posto
di lavoro di ciascun
lavoratore;
d)
prestazioni del DPI.
3. Il
datore di lavoro fornisce
ai lavoratori i DPI
conformi ai requisiti
previsti dall'art. 42 e
dal decreto di cui
all'art. 45, comma 2.
4. Il
datore di lavoro:
a)
mantiene in efficienza i
DPI e ne assicura le
condizioni d'igiene,
mediante la manutenzione,
le riparazioni e le
sostituzioni necessarie;
b)
provvede a che i DPI siano
utilizzati soltanto per
gli usi previsti, salvo
casi specifici ed
eccezionali, conformemente
alle informazioni del
fabbricante;
c)
fornisce istruzioni
comprensibili per i
lavoratori;
d)
destina ogni DPI a un uso
personale e, qualora le
circostanze richiedano
l'uso di uno stesso DPI da
parte di più persone,
prende misure adeguate
affinché tale uso non
ponga alcun problema
sanitario e igienico ai
vari utilizzatori;
e)
informa preliminarmente il
lavoratore dei rischi dai
quali il DPI lo protegge;
f) rende
disponibile nell'azienda
ovvero unità produttiva
informazioni adeguate su
ogni DPI;
g)
assicura una formazione
adeguata e organizza, un
necessario, uno specifico
addestramento circa l'uso
corretto e l'utilizzo
pratico dei DPI.
5. In
ogni caso l'addestramento
è indispensabile:
a) per
ogni DPI che, ai sensi del
decreto legislativo 4
dicembre 1992, n. 475,
appartenga alla terza
categoria;
b) per i
dispositivi di protezione
dell'udito.
ART.
44
- Obblighi dei lavoratori
1. I
lavoratori si sottopongono
al programma di formazione
e addestramento
organizzato dal datore di
lavoro nei casi ritenuti
necessari ai sensi
dell'art. 43, commi 4,
lett. g), e 5.
2. I
lavoratori utilizzano i
DPI messi a loro
disposizione conformemente
all'informazione e alla
formazione ricevute e
all'addestramento
eventualmente organizzato.
3. I
lavoratori:
a) hanno
cura dei DPI messi a loro
disposizione;
b) non
vi apportano modifiche di
propria iniziativa.
4. Al
termine dell'utilizzo i
lavoratori seguono le
procedure aziendali in
materia di riconsegna dei
DPI.
5. I
lavoratori segnalano
immediatamente al datore
di lavoro o al dirigente o
al preposto qualsiasi
difetto o inconveniente da
essi rilevato nei DPI
messi a loro disposizione.
ART.
45
- Criteri per
l'individuazione e l'uso
1. Il
contenuto degli allegati
III, IV e V costituisce
elemento di riferimento
per l'applicazione di
quanto previsto all'art.
43, commi 1 e 4.
2. Il
Ministro del lavoro e
della previdenza sociale
con decreto dei Ministri
dell'industria, del
commercio e
dell'artigianato, sentita
la commissione consultiva
permanente, tenendo conto
della natura,
dell'attività e dei
fattori specifici di
rischio, indica:
a) i
criteri per
l'individuazione e l'uso
dei DPI;
b) le
circostanze e le
situazioni in cui, ferme
restando le priorità delle
misure di protezione
collettiva, si rende
necessario l'impiego dei
DPI.
ART.
46
- Norma transitoria
1. Fino
alla data del 31 dicembre
1998 e, nel caso di
dispositivi di emergenza
destinati all'autosalvataggio
in caso di evacuazione,
fino al 31 dicembre 2004
possono essere impiegati:
a) i DPI
commercializzati ai sensi
dell'art. 15, comma 1, del
decreto legislativo 4
dicembre 1992, n. 475;
b) i DPI
già in uso alla data di
entrata in vigore del
presente decreto prodotti
conformemente alle
normative vigenti
nazionali o di altri Paesi
della Comunità europea.
ART.
47
- Campo di applicazione
1. Le
norme del presente titolo
si applicano alle attività
che comportano la
movimentazione manuale dei
carichi con rischi, tra
l'altro, di lesioni
dorso-lombari per i
lavoratori durante il
lavoro.
2. Si
intendono per:
a)
movimentazione manuale dei
carichi: le operazioni di
trasporto o di sostegno di
un carico a opera di uno o
più lavoratori, comprese
le azioni del sollevare,
deporre, spingere, tirare,
portare o spostare un
carico che, per le loro
caratteristiche o in
conseguenza delle
condizioni ergonomiche
sfavorevoli, comportino
tra l'altro rischi di
lesioni dorso-lombari;
b)
lesioni dorso-lombari:
lesioni a carico delle
strutture osteomiotendinee
e nerveovascolari a
livello dorso-lombare.
ART.
48
- Obblighi
dei datori di lavoro
1. Il
datore di lavoro adotta le
misure organizzative
necessarie o ricorre ai
mezzi appropriati, in
particolare attrezzature
meccaniche, per evitare la
necessità di una
movimentazione manuale dei
carichi da parte dei
lavoratori.
2.
Qualora non sia possibile
evitare la movimentazione
manuale dei carichi a
opera dei lavoratori, il
datore di lavoro adotta le
misure organizzative
necessarie, ricorre ai
mezzi appropriati o
fornisce ai lavoratori
stessi i mezzi adeguati,
allo scopo di ridurre il
rischio che comporta la
movimentazione manuale dei
detti carichi, in base
all'allegato VI.
3. Nel
caso in cui la necessità
di una movimentazione
manuale di un carico a
opera del lavoratore non
possa essere evitata, il
datore di lavoro organizza
i posti di lavoro in modo
che detta movimentazione
sia quanto più possibile
sicura e sana.
4. Nei
casi di cui al comma 3 il
datore di lavoro:
a)
valuta, se possibile,
preliminarmente, le
condizioni di sicurezza e
di salute connesse al
lavoro in questione e
tiene conto in particolare
delle caratteristiche del
carico, in base
all'allegato VI;
b)
adotta le misure atte a
evitare o ridurre tra
l'altro i rischi di
lesioni dorso-lombari,
tenendo conto in
particolare dei fattori
individuali di rischi,
delle caratteristiche
dell'ambiente di lavoro e
delle esigenze che tale
attività comporta, in base
all'allegato VI;
c)
sottopone alla
sorveglianza sanitaria di
cui all'art. 16 gli
addetti alle attività di
cui al presente titolo.
ART.
49
- Informazione e
formazione
1. Il
datore di lavoro fornisce
ai lavoratori
informazioni, in
particolare per quanto
riguarda:
a) il
peso di un carico;
b) il
centro di gravità o il
lato più pesante nel caso
in cui il contenuto di un
imballaggio abbia una
collocazione eccentrica;
c) la
movimentazione corretta
dei carichi e i rischi che
i lavoratori corrono se
queste attività non
vengono eseguite in
maniera corretta, tenuto
conto degli elementi di
cui all'allegato VI.
2. Il
datore di lavoro assicura
ai lavoratori una
formazione adeguata, in
particolare in ordine a
quanto indicato al comma
1.
ART.
50
- Campo di
applicazione
1. Le
norme del presente titolo
si applicano alle attività
lavorative che comportano
l'uso di attrezzature
munite di videoterminali.
2. Le
norme del presente titolo
si applicano ai lavoratori
addetti:
a) ai
posti di guida di veicoli
o macchine;
b) ai
sistemi informatici
montati a bordo di un
mezzo di trasporto;
c) ai
sistemi informatici
destinati in
modoprioritario
all'utilizzazione da parte
del pubblico;
d) ai
sistemi denominati
portatili ove non siano
oggetto di utilizzazione
prolungata in un posto di
lavoro;
e) alle
macchine calcolatrici, ai
registratori di cassa e a
tutte le attrezzature
munite di un piccolo
dispositivo di
visualizzazione dei dati o
delle misure, necessario
all'uso diretto di tale
attrezzatura;
f) alle
macchine di videoscrittura
senza schermo separato.
ART.
51
-
Definizioni
1. Ai
fini del presente titolo
si intende per:
a)
videoterminale: uno
schermo alfanumerico o
grafico a prescindere dal
tipo di procedimento di
visualizzazione
utilizzato;
b) posto
di lavoro: l'insieme che
comprende le attrezzature
munite di videoterminale,
eventualmente con tastiera
ovvero altro sistema di
immissione dati, ovvero
software per l'interfaccia
uomo-macchina, gli
accessori opzionali, le
apparecchiature connesse,
comprendenti l'unità a
dischi, il telefono, il
modem, la stampante, il
supporto per i documenti,
la sedia, il piano di
lavoro, nonché l'ambiente
di lavoro immediatamente
circostante;
c)
lavoratore: il lavoratore
che utilizza
un'attrezzatura munita di
videoterminale in modo
sistematico e abituale,
per almeno quattro ore
consecutive giornaliere,
dedotte le pause di cui
all'art. 54, per tutta la
settimana lavorativa.
ART.
52
- Obblighi del datore di
lavoro
1. Il
datore di lavoro, all'atto
della valutazione del
rischio di cui all'art. 4,
comma 1, analizza i posti
di lavoro con particolare
riguardo:
a) ai
rischi per la vista e per
gli occhi;
b) ai
problemi legati alla
postura e
all'affaticamento fisico o
mentale;
c) alle
condizioni ergonomiche e
di igiene ambientale.
2. Il
datore di lavoro adotta le
misure appropriate per
ovviare ai rischi
riscontrati in base alle
valutazioni di cui al
comma 1, tenendo conto
della somma ovvero della
combinazione
dell'incidenza dei rischi
riscontrati.
ART.
53
- Organizzazione del
lavoro
1. Il
datore di lavoro assegna
le mansioni e i compiti
lavorativi comportanti
l'uso dei videoterminali
anche secondo una
distribuzione del lavoro
che consenta di evitare il
più possibile la
ripetitività e la
monotonia delle
operazioni.
ART.
54
- Svolgimento quotidiano
del lavoro
1. Il
lavoratore, qualora svolga
la sua attività per almeno
quattro ore consecutive,
ha diritto a
un'interruzione della sua
attività mediante pause
ovvero cambiamento di
attività.
2. Le
modalità di tali
interruzioni sono
stabilite dalla
contrattazione collettiva
anche aziendale.
3. In
assenza di una
disposizione contrattuale
riguardante l'interruzione
di cui al comma 1 il
lavoratore comunque ha
diritto a una pausa di 15
minuti ogni 120 minuti di
applicazione continuativa
al videoterminale.
4. Le
modalità e la durata delle
interruzioni possono
essere stabilite
temporaneamente a livello
individuale ove il medico
competente ne evidenzi la
necessità.
5. È
comunque esclusa la
cumulabilità delle
interruzioni all'inizio e
al termine dell'orario di
lavoro.
6. Nel
computo dei tempi di
interruzione non sono
compresi i tempi di attesa
della risposta da parte
del sistema elettronico,
che sono considerati, a
tutti gli effetti, tempo
di lavoro, ove il
lavoratore non possa
abbandonare il posto di
lavoro.
7. La
pausa è considerata a
tutti gli effetti parte
integrante dell'orario di
lavoro e, come tale, non è
riassorbibile all'interno
di accordi che prevedano
la riduzione dell'orario
complessivo di lavoro.
ART.
55
- Sorveglianza sanitaria
1. I
lavoratori di cui all'art.
54, prima di essere
addetti alle attività di
cui al presente titolo,
sono sottoposti a una
visita medica per
evidenziare eventuali
malformazioni strutturali
e ad un esame degli occhi
e della vista effettuato
dal medico competente.
Qualora l'esito della
visita medica ne evidenzi
la necessità, il
lavoratore è sottoposto ad
esami specialistici.
2. In
base alle risultanze degli
accertamenti di cui al
comma 1 i lavoratori
vengono classificati in:
a)
idonei, con o senza
prescrizioni;
b) non
idonei.
3. I
lavoratori classificati
come idonei con
prescrizioni ed i
lavoratori che abbiano
compiuto il 45° anno di
età sono sottoposti a
visita di controllo con
periodicità almeno
biennale.
4. Il
lavoratore è sottoposto a
controllo oftalmologico a
sua richiesta, ogni
qualvolta sospetti di una
sopravvenuta alterazione
della funzione visiva,
confermata dal medico
competente.
5. La
spesa relativa alla
dotazione di dispositivi
speciali di correzione in
funzione dell'attività
svolta è a carico del
datore di lavoro.
ART.
56
- Informazione e
formazione
1. Il
datore di lavoro fornisce
ai lavoratori
informazioni, in
particolare per quanto
riguarda:
a) le
misure applicabili al
posto di lavoro, in base
all'analisi dello stesso
di cui all'art. 52;
b) le
modalità di svolgimento
dell'attività;
c) la
protezione degli occhi e
della vista.
2. Il
datore di lavoro assicura
ai lavoratori una
formazione adeguata in
particolare in ordine a
quanto indicato al comma
1.
3. Il
Ministro del lavoro e
della previdenza sociale,
di concerto con il
ministro della sanità,
stabilisce con decreto una
guida d'uso dei
videoterminali.
ART.
57
- Consultazione e
partecipazione
1. Il
datore di lavoro informa
preventivamente i
lavoratori e il
rappresentante per la
sicurezza dei cambiamenti
tecnologici che comportano
mutamenti
nell'organizzazione del
lavoro, in riferimento
alle attività di cui al
presente titolo.
ART.
58
- Adeguamento alle norme
1. I
posti di lavoro utilizzati
successivamente alla data
di entrata in vigore del
presente decreto devono
essere conformi alle
prescrizioni dell'allegato
VII.
2. I
posti di lavoro utilizzati
anteriormente alla data di
entrata in vigore del
presente decreto devono
essere adeguati a quanto
prescritto al comma 1
entro il 1° gennaio 1996.
ART.
59
- Caratteristiche tecniche
1. Con
decreto dei Ministri del
lavoro e della previdenza
sociale, della sanità e
dell'industria, del
commercio e
dell'artigianato, sentita
la commissione consultiva
permanente, sono disposti,
anche in recepimento di
direttive comunitarie, gli
adattamenti di carattere
tecnico all'allegato VII
in funzione del progresso
tecnico, dell'evoluzione
delle normative e
specifiche internazionali
oppure delle conoscenze
nel settore delle
attrezzature dotate di
videoterminali.
ART.
60
- Campo di applicazione
1. Le
norme del presente titolo
si applicano a tutte le
attività nelle quali i
lavoratori sono o possono
essere esposti ad agenti
cancerogeni a causa della
loro attività lavorativa.
2. Le
norme del presente titolo
non si applicano alle
attività disciplinate da:
a)
decreto del decreto del
Presidente della
Repubblica 10 settembre
1982, n. 962;
b)
decreto legislativo 25
gennaio 1992, n. 77;
c)
decreto legislativo 15
agosto 1991, n. 277, capo
III.
3. Il
presente titolo non si
applica ai lavoratori
esposti soltanto alle
radiazioni previste dal
trattato che istituisce la
Comunità europea
dell'energia atomica.
ART.
61
- Definizioni
1. Agli
effetti del presente
decreto si intende per
agente cancerogeno:
a) una
sostanza alla quale,
nell'allegato 1 della
direttiva 67/548/CEE, è
attribuita la menzione R
45: "Può provocare il
cancro" o la menzione R
49: "Può provocare il
cancro per inalazione";
b) un
preparato su cui, a norma
dell'art. 3, paragrafo 5,
lettera j), della
direttiva 88/379/CEE deve
essere apposta l'etichetta
con la menzione R 45: "Può
provocare il cancro" o con
la menzione R 49: "Può
provocare il cancro per
inalazione";
c) una
sostanza, un preparato o
un processo di cui
all'allegato VIII nonché
una sostanza od un
preparato prodotti durante
un processo previsto
all'allegato VIII.
ART.
62
- Sostituzione e riduzione
1. Il
datore di lavoro evita o
riduce l'utilizzazione di
un agente cancerogeno sul
luogo di lavoro in
particolare sostituendolo,
sempre che ciò è
tecnicamente possibile,
con una sostanza o un
preparato o un
procedimento che nelle
condizioni in cui viene
utilizzato non è o è meno
nocivo alla salute e
eventualmente alla
sicurezza dei lavoratori.
2. Se
non è tecnicamente
possibile sostituire
l'agente cancerogeno il
datore di lavoro provvede
affinché la produzione o
l'utilizzazione
dell'agente cancerogeno
avvenga in un sistema
chiuso sempre che ciò è
tecnicamente possibile.
3. Se il
ricorso a un sistema
chiuso non è tecnicamente
possibile il datore di
lavoro provvede affinché
il livello di esposizione
dei lavoratori sia ridotto
al più basso valore
tecnicamente possibile.
ART.
63
- Valutazione del rischio
1. Fatto
salvo quanto previsto
dall'art. 62, il datore di
lavoro effettua una
valutazione
dell'esposizione a agenti
cancerogeni, i risultati
della quale sono riportati
nel documento di cui
all'art. 4, commi 2 e 3.
2. Detta
valutazione tiene conto,
in particolare, delle
caratteristiche delle
lavorazioni, della loro
durata e della loro
frequenza, dei
quantitativi di agenti
cancerogeni prodotti
ovvero utilizzati, della
loro concentrazione, della
capacità degli stessi di
penetrare nell'organismo
per le diverse vie di
assorbimento, anche in
relazione al loro stato di
aggregazione e, qualora
allo stato solido, se in
massa compatta o in
scaglie o in forma
polverulenta e se o meno
contenuti in una matrice
solida che ne riduce o ne
impedisce la fuoriuscita.
3. Il
datore di lavoro, in
relazione ai risultati
della valutazione di cui
al comma 1, adotta le
misure preventive e
protettive del presente
titolo, adattandole alle
particolarità delle
situazioni lavorative.
4. Il
documento di cui all'art.
4, commi 2 e 3, è
integrato con i seguenti
dati:
a) le
attività lavorative che
comportano la presenza di
sostanze o preparati
cancerogeni o di processi
industriali di cui
all'allegato VIII, con
l'indicazione dei motivi
per i quali sono impiegati
agenti cancerogeni;
b) i
quantitativi di sostanze
ovvero preparati
cancerogeni prodotti
ovvero utilizzati, ovvero
presenti come impurità o
sottoprodotti;
c) il
numero dei lavoratori
esposti ovvero
potenzialmente esposti ad
agenti cancerogeni;
d)
l'esposizione dei suddetti
lavoratori, ove nota e il
grado della stessa;
e) le
misure preventive e
protettive applicate e il
tipo dei dispositivi di
protezione individuali
utilizzati;
f) le
indagini svolte per la
possibile sostituzione
degli agenti cancerogeni e
le sostanze e i preparati
eventualmente utilizzati
come sostituti.
5. Il
datore di lavoro effettua
nuovamente la valutazione
di cui al comma 1 in
occasione di modifiche del
processo produttivo
significative ai fini
della sicurezza e della
salute sul lavoro e, in
ogni caso, trascorsi tre
anni dall'ultima
valutazione effettuata.
6. Il
rappresentante per la
sicurezza ha accesso anche
ai dati di cui al comma 4,
fermo restando l'obbligo
di cui all'art. 9, comma
3.
ART.
64
- Misure tecniche,
organizzative, procedurali
1. Il
datore di lavoro:
a)
assicura, applicando
metodi e procedure di
lavoro adeguati, che nelle
varie operazioni
lavorative siano impiegati
quantitativi di agenti
cancerogeni non superiori
alle necessità delle
lavorazioni e che gli
agenti cancerogeni in
attesa di impiego, in
forma fisica tale da
causare rischio di
introduzione, non sono
accumulati sul luogo di
lavoro in quantitativi
superiori alle necessità
predette;
b)
limita al minimo possibile
il numero dei lavoratori
esposti o che possono
essere esposti ad agenti
cancerogeni, anche
isolando le lavorazioni in
aree predeterminate
provviste di adeguati
segnali di avvertimento e
di sicurezza, compresi i
segnali "vietato fumare",
ed accessibili soltanto ai
lavoratori che debbono
recarvisi per motivi
connessi con la loro
mansione o con la loro
funzione. In dette aree è
fatto divieto di fumare;
c)
progetta, programma e
sorveglia le lavorazioni
in modo che non vi è
emissione di agenti
cancerogeni nell'aria. Se
ciò non è tecnicamente
possibile, l'eliminazione
degli agenti cancerogeni
deve avvenire il più
vicino possibile al punto
di emissione mediante
aspirazione localizzata,
nel rispetto dell'art. 4,
comma 5, lett. n).
L'ambiente di lavoro deve
comunque essere dotato di
un adeguato sistema di
ventilazione generale;
d)
provvede alla misurazione
di agenti cancerogeni per
verificare l'efficacia
delle misure di cui alla
lettera c) e per
individuare precocemente
le esposizioni anomale
causate da un evento non
prevedibile o da un
incidente, con metodi di
campionatura e di
misurazione conformi alle
indicazioni dell'allegato
VIII del decreto
legislativo 15 agosto
1991, n. 277;
e)
provvede alla regolare e
sistematica pulitura dei
locali, delle attrezzature
e degli impianti;
f)
elabora procedure per i
casi di emergenza che
possono comportare
esposizioni elevate;
g)
assicura che gli agenti
cancerogeni sono
conservati, manipolati,
trasportati in condizioni
di sicurezza;
h)
assicura che la raccolta e
l'immagazzinamento, ai
fini dello smaltimento
degli scarti e dei residui
delle lavorazioni
contenenti agenti
cancerogeni, avvengano in
condizioni di sicurezza,
in particolare utilizzando
contenitori ermetici
etichettati in modo
chiaro, netto, visibile;
i)
dispone, su conforme
parere del medico
competente, misure
protettive particolari per
quelle categorie di
lavoratori per i quali
l'esposizione a taluni
agenti cancerogeni
presenta rischi
particolarmente elevati.
ART.
65
- Misure igieniche
1. Il
datore di lavoro:
a)
assicura che i lavoratori
dispongano di servizi
igienici appropriati e
adeguati;
b)
dispone che i lavoratori
abbiano in dotazione
idonei indumenti
protettivi da riporre in
posti separati dagli abiti
civili;
c)
provvede affinché i
dispositivi di protezione
individuale siano
custoditi in luoghi
determinati, controllati e
puliti dopo ogni
utilizzazione, provvedendo
altresì a far riparare o
sostituire quelli
difettosi, prima di ogni
nuova utilizzazione.
2. E
vietato assumere cibi e
bevande o fumare nelle
zone di lavoro di cui
all'art. 64, lettera b).
ART.
66
- Informazione e
formazione
1. Il
datore di lavoro fornisce
ai lavoratori, sulla base
delle conoscenze
disponibili, informazioni
ed istruzioni in
particolare per quanto
riguarda:
a) gli
agenti cancerogeni
presenti nei cicli
lavorativi, la loro
dislocazione, i rischi per
la salute connessi al loro
impiego, ivi compresi i
rischi supplementari
dovuti al fumare;
b) le
precauzioni da prendere
per evitare l'esposizione;
c) le
misure igieniche da
osservare;
d) la
necessità di indossare e
impiegare indumenti di
lavoro e protettivi e
dispositivi individuali di
protezione ed il loro
corretto impiego;
e) il
modo di prevenire il
verificarsi di incidenti e
le misure da adottare per
ridurre al minimo le
conseguenze.
2. Il
datore di lavoro assicura
ai lavoratori una
formazione adeguata in
particolare in ordine a
quanto indicato al comma
1.
3.
L'informazione e la
formazione di cui ai commi
1 e 2 sono fornite prima
che i lavoratori siano
adibiti alle attività in
questione e vengono
ripetute, con frequenza
almeno quinquennale, e
comunque ogni qualvolta si
verifichino nelle
lavorazioni cambiamenti
che influiscono sulla
natura e sul grado dei
rischi.
4. Il
datore di lavoro provvede
inoltre affinché gli
impianti, i contenitori,
gli imballaggi contenenti
agenti cancerogeni siano
etichettati in maniera
chiaramente leggibile e
comprensibile. I
contrassegni utilizzati e
le altre indicazioni
devono essere conformi al
disposto della legge 29
maggio 1974, n. 256, e
successive modifiche ed
integrazioni.
ART.
67
- Esposizione non
prevedibile
1. Se si
verificano eventi non
prevedibili o incidenti
che possono comportare
un'esposizione anomala dei
lavoratori, il datore di
lavoro adotta quanto prima
misure appropriate per
identificare e rimuovere
la causa dell'evento e ne
informa i lavoratori e il
rappresentante per la
sicurezza.
2. I
lavoratori devono
abbandonare immediatamente
l'area interessata, cui
possono accedere soltanto
gli addetti agli
interventi di riparazione
ed ad altre operazioni
necessarie, indossando
idonei indumenti
protettivi e dispositivi
di protezione delle vie
respiratorie, messi a loro
disposizione dal datore di
lavoro. In ogni caso l'uso
dei dispositivi di
protezione non può essere
permanente e la sua
durata, per ogni
lavoratore, è limitata al
minimo strettamente
necessario.
3. Il
datore di lavoro comunica
al più presto all'organo
di vigilanza il
verificarsi degli eventi
di cui al comma 1 e
riferisce sulle misure
adottate per ridurre al
minimo le conseguenze.
ART.
68
- Operazioni lavorative
particolari
1. Nel
caso di determinate
operazioni lavorative,
come quella di
manutenzione, per le
quali, nonostante
l'adozione di tutte le
misure di prevenzione
tecnicamente applicabili,
è prevedibile
un'esposizione rilevante
dei lavoratori addetti, il
datore di lavoro previa
consultazione del
rappresentante per la
sicurezza:
a)
dispone che soltanto tali
lavoratori hanno accesso
alle suddette aree anche
provvedendo, ove
tecnicamente possibile,
all'isolamento delle
stesse ed alla loro
identificazione mediante
appositi contrassegni;
b)
fornisce ai lavoratori
speciali indumenti e
dispositivi di protezione
individuale che devono
essere indossati dai
lavoratori adibiti alle
suddette operazioni.
2. La
presenza nelle aree di cui
al comma 1 dei lavoratori
addetti è in ogni caso
ridotta al minimo
compatibilmente con le
necessità delle
lavorazioni.
ART.
69
- Accertamenti sanitari e
norme preventive e
protettive specifiche
1. I
lavoratori per i quali la
valutazione di cui
all'art. 63 ha evidenziato
un rischio per la salute
sono sottoposti a
sorveglianza sanitaria.
2. Il
datore di lavoro, su
conforme parere del medico
competente, adotta misure
preventive e protettive
per singoli lavoratori
sulla base delle
risultanze degli esami
clinici e biologici
effettuati.
3. Le
misure di cui al comma 2
possono comprendere
l'allontanamento del
lavoratore secondo le
procedure dell'art. 8 del
decreto legislativo 15
agosto 1991, n. 277.
4. Ove
gli accertamenti sanitari
abbiano evidenziato, nei
lavoratori esposti in modo
analogo a uno stesso
agente, l'esistenza di una
anomalia imputabile a tale
esposizione, il medico
competente ne informa il
datore di lavoro.
5. A
seguito dell'informazione
di cui al comma 4 il
datore di lavoro dispone
una nuova valutazione del
rischio in conformità
all'art. 63 e, ove
tecnicamente possibile,
una misurazione della
concentrazione dall'agente
in aria, per verificare
l'efficacia delle misure
adottate.
6. Il
medico competente fornisce
ai lavoratori adeguate
informazioni sulla
sorveglianza sanitaria cui
sono sottoposti, con
particolare riguardo
all'opportunità di
sottoporsi ad accertamenti
sanitari anche dopo la
cessazione dell'attività
lavorativa.
ART.
70
- Registro di esposizione
e cartelle sanitarie
1. I
lavoratori di cui all'art.
69 sono iscritti in un
registro nel quale è
riportata, per ciascuno di
essi, l'attività svolta,
l'agente cancerogeno
utilizzato ed, ove noto,
il valore dell'esposizione
a tale agente. Detto
registro è istituito e
aggiornato dal datore di
lavoro che ne cura la
tenuta per il tramite del
medico competente. Il
responsabile del servizio
di prevenzione e
protezione dai rischi e il
rappresentante per la
sicurezza hanno accesso a
detto registro.
2. Per
ciascuno dei lavoratori di
cui all'art. 69 è
istituita una cartella
sanitaria e di rischio,
custodita, a cura del
medico competente, presso
l'azienda ovvero l'unità
produttiva, sotto la
responsabilità del datore
di lavoro.
3. Il
datore di lavoro:
a)
consegna copia del
registro di cui al comma 1
all'ISPESL ed all'organo
di vigilanza competente
per territorio e
comunicando loro ogni 3
anni, e comunque ogni
qualvolta i medesimi ne
facciano richiesta, le
variazioni intervenute;
b)
consegna, a richiesta,
all'Istituto superiore di
sanità copia del registro
di cui al comma 1;
c)
comunica, all'ISPESL e
all'organo di vigilanza
competente per territorio,
la cessazione del rapporto
di lavoro dei lavoratori
di cui all'art. 69, con le
eventuali variazioni
sopravvenute dall'ultima
comunicazione, delle
relative annotazioni
individuali contenute nel
registro di cui al comma
1. Consegna all'ISPESL le
relative cartelle
sanitarie e di rischio di
cui al comma 2;
d) in
caso di cessazione di
attività dell'azienda,
consegna il registro di
cui al comma 1 all'ISPESL
e copia dello stesso
all'organo di vigilanza
competente per territorio.
Consegna all'ISPESL le
cartelle sanitarie e di
rischio di cui al comma 2;
e) in
caso di assunzione di
lavoratori che hanno in
precedenza esercitato
attività con esposizione
al medesimo agente,
richiede all'ISPESL copia
delle annotazioni
individuali contenute nel
registro di cui al comma
1, nonché copia della
cartella sanitaria e di
rischio di cui al comma 2;
f)
tramite il medico
competente comunica ai
lavoratori interessati le
relative annotazioni
individuali contenute nel
registro di cui al comma 1
e nella cartella sanitaria
e di rischio di cui al
comma 2 ed al
rappresentante per la
sicurezza, i dati
collettivi anonimi
contenuti nel registro di
cui al comma 1.
4. Le
annotazioni individuali
contenute nel registro di
cui al comma 1 e le
cartelle sanitarie e di
rischio di cui al comma 2
sono conservate dal datore
di lavoro almeno fino a
risoluzione del rapporto
di lavoro e dall'ISPESL
fino a quaranta anni dalla
cessazione di ogni
attività che espone ad
agenti cancerogeni.
5. La
documentazione di cui ai
precedenti comma è
custodita e trasmessa con
salvaguardia del segreto
professionale.
6. I
modelli e le modalità di
tenuta dei registri e
delle cartelle sanitarie
di cui rispettivamente ai
commi 1 e 2 sono
determinati con decreto
del Ministro della sanità
di concerto con il
Ministro del lavoro e
della previdenza sociale,
sentita la commissione
consultiva permanente.
7. L'ISPESL
trasmette annualmente al
Ministero della sanità
dati di sintesi relativi
alle risultanze dei
requisiti di cui al comma
1.
ART.
71
- Registrazione dei tumori
1. I
medici, le strutture
sanitarie pubbliche e
private, nonché gli
istituti previdenziali
assicurativi pubblici o
privati, che refertano
casi di neoplasie da loro
ritenute causate da
esposizione lavorativa ad
agenti cancerogeni,
trasmettono all'ISPESL
copia della relativa
documentazione clinica
ovvero anatomopatologica e
quella inerente l'anamnesi
lavorativa.
2.
Presso l'ISPESL è tenuto,
ai fini di analisi
aggregate, un archivio
nominativo dei casi di
neoplasia di cui al comma
1.
3. Con
decreto dei Ministri della
sanità e del lavoro e
della previdenza sociale,
sentita la commissione
consultiva permanente,
sono determinate le
caratteristiche dei
sistemi informativi che,
in funzione del tipo di
neoplasia accertata, ne
stabiliscono la raccolta,
l'acquisizione,
l'elaborazione e
l'archiviazione, nonché le
modalità di registrazione
di cui al comma 2, e le
modalità di trasmissione
di cui al comma 1.
4. Il
Ministero della sanità
fornisce, su richiesta,
alla Commissione CE,
informazioni sulle
utilizzazioni dei dati del
registro di cui al comma
1.
ART.
72
- Adeguamenti normativi
1. Nelle
attività con uso di
sostanze o preparati ai
quali è attribuita dalla
direttiva comunitaria la
menzione R 45: "Può
provocare il cancro" o la
menzione R 49: "Può
provocare il cancro per
inalazione", il datore di
lavoro applica le norme
del presente titolo.
2. Con
decreto dei Ministri del
lavoro e della previdenza
sociale e della sanità,
sentita la commissione
consultiva permanente e la
commissione tossicologica
nazionale, è aggiornato
periodicamente l'elenco
delle sostanze e dei
processi di cui
all'allegato VIII in
funzione del progresso
tecnico, dell'evoluzione
di normative e specifiche
internazionali e delle
conoscenze nel settore
degli agenti cancerogeni.
ART.
73
- Campo di applicazione
1. Le
norme del presente titolo
si applicano a tutte le
attività lavorative nelle
quali vi è rischio di
esposizione ad agenti
biologici.
2.
Restano ferme le
disposizioni particolari
di recepimento delle norme
comunitarie sull'impiego
confinato di
microorganismi
geneticamente modificati e
sull'emissione deliberata
nell'ambiente di organismi
geneticamente modificati.
ART.
74
- Definizioni
1. Ai
sensi del presente titolo
si intende per:
a)
agente biologico:
qualsiasi microorganismo
anche se geneticamente
modificato, coltura
cellulare ed endoparassita
umano che potrebbe
provocare infezioni,
allergie o intossicazioni;
b)
microorganismo: qualsiasi
entità microbiologica,
cellulare o meno, in grado
di riprodursi o trasferire
materiale genetico;
c)
coltura cellulare: il
risultato della crescita
in vitro di cellule
derivate da organismi
pluricellulari.
ART.
75
- Classificazione degli
agenti biologici
1. Gli
agenti biologici sono
ripartiti nei seguenti
quattro gruppi a seconda
del rischio di infezione:
a)
agente biologico del
gruppo 1: un agente che
presenta poche probabilità
di causare malattie in
soggetti umani;
b)
agente biologico del
gruppo 2: un agente che
può causare malattie in
soggetti umani e
costituire un rischio per
i lavoratori; è poco
probabile che si propaghi
nella comunità; sono di
norma disponibili efficaci
misure profilattiche o
terapeutiche;
c)
agente biologico del
gruppo 3: un agente che
può causare malattie gravi
in soggetti umani e
costituisce un serio
rischio per i lavoratori;
l'agente biologico può
propagarsi nella comunità,
ma di norma sono
disponibili efficaci
misure profilattiche o
terapeutiche;
d)
agente biologico del
gruppo 4: un agente
biologico che può
provocare malattie gravi
in soggetti umani e
costituisce un serio
rischio per i lavoratori e
può presentare un elevato
rischio di propagazione
nella comunità; non sono
disponibili, di norma,
efficaci misure
profilattiche o
terapeutiche.
2. Nel
caso in cui l'agente
biologico oggetto di
classificazione non può
essere attribuito in modo
inequivocabile a uno fra i
due gruppi sopraindicati,
esso va classificato nel
gruppo di rischio più
elevato tra le due
possibilità.
3.
L'allegato XI riporta
l'elenco degli agenti
biologici classificati nei
gruppi 2, 3, 4.
ART.
76
- Comunicazione
1. Il
datore di lavoro che
intende esercitare
attività che comportano
uso di agenti biologici
dei gruppi 2 o 3, comunica
all'organo di vigilanza
territorialmente
competente le seguenti
informazioni, almeno 30
giorni prima dell'inizio
dei lavori:
a) il
nome e l'indirizzo
dell'azienda e il suo
titolare;
b) il
documento di cui all'art.
78, comma 5.
2. Il
datore di lavoro che è
stato autorizzato
all'esercizio di attività
che comporta
l'utilizzazione di un
agente biologico del
gruppo 4 è tenuto alla
comunicazione di cui al
comma 1.
3. Il
datore di lavoro invia una
nuova comunicazione ogni
qualvolta si verificano
nelle lavorazioni
mutamenti che comportano
una variazione
significativa del rischio
per la salute sul posto di
lavoro, o, comunque, ogni
qualvolta si intende
utilizzare un nuovo agente
classificato dal datore di
lavoro in via provvisoria.
4. Il
rappresentante per la
sicurezza ha accesso alle
informazioni di cui al
comma 1.
5. Ove
le attività di cui al
comma 1 comportano la
presenza di microorganismi
geneticamente modificati
appartenenti al gruppo II,
come definito all'art. 4
del decreto legislativo 3
marzo 1993, n. 91, il
documento di cui al comma
1, lettera b), è
sostituito da copia della
documentazione prevista
per i singoli casi di
specie dal predetto
decreto.
6. I
laboratori che forniscono
un servizio diagnostico
sono tenuti alla
comunicazione di cui al
comma 1 anche per quanto
riguarda gli agenti
biologici del gruppo 4.
ART.
77
- Autorizzazione
1. Il
datore di lavoro che
intende utilizzare,
nell'esercizio della
propria attività, un
agente biologico del
gruppo 4 deve munirsi di
autorizzazione del
Ministero della sanità.
2. La
richiesta di
autorizzazione è corredata
da:
a) le
informazioni di cui
all'art. 76, comma 1;
b)
l'elenco degli agenti che
si intende utilizzare.
3.
L'autorizzazione è
rilasciata dal Ministero
della sanità sentito il
parere dell'Istituto
superiore di sanità. Essa
ha la durata di 5 anni ed
è rinnovabile.
L'accertamento del venir
meno di una delle
condizioni previste per
l'autorizzazione ne
comporta la revoca.
4. Il
datore di lavoro in
possesso
dell'autorizzazione di cui
al comma 1, informa il
Ministero della sanità di
ogni nuovo agente
biologico del gruppo 4
utilizzato, nonché di ogni
avvenuta cessazione di
impiego di un agente
biologico del gruppo 4.
5. I
laboratori che forniscono
un servizio diagnostico
sono esentati dagli
adempimenti di cui al
comma 4.
6. Il
Ministero della sanità
comunica all'organo di
vigilanza competente per
territorio le
autorizzazioni concesse e
le variazioni sopravvenute
nell'utilizzazione di
agenti biologici del
gruppo 4. Il Ministero
della sanità istituisce ed
aggiorna un elenco di
tutti gli agenti biologici
del gruppo 4 dei quali è
stata comunicata
l'utilizzazione sulla base
delle previsioni di cui ai
commi 1 e 4.
ART.
78
-
Valutazione del rischio
1. Il
datore di lavoro, nella
valutazione del rischio di
cui all'art. 4, comma 1,
tiene conto di tutte le
informazioni disponibili
relative alle
caratteristiche
dell'agente biologico e
delle modalità lavorative,
ed in particolare:
a) della
classificazione degli
agenti biologici che
presentano o possono
presentare un pericolo per
la salute umana quale
risultante dall'allegato
XI o, in assenza, di
quella effettuata dal
datore di lavoro stesso
sulla base delle
conoscenze disponibili e
seguendo i criteri di cui
all'art. 75, commi 1 e 2;
b)
dell'informazione sulle
malattie che possono
essere contratte;
c) dei
potenziali effetti
allergici e tossici;
d) della
conoscenza di una
patologia della quale sia
affetto un lavoratore, che
è da porre in correlazione
diretta all'attività
lavorativa svolta;
e) delle
eventuali ulteriori
situazioni rese note
dall'autorità sanitaria
competente che possono
influire sul rischio;
f) del
sinergismo dei diversi
gruppi di agenti biologici
utilizzati.
2. Il
datore di lavoro, in
relazione al rischio
accertato, adotta le
misure protettive e
preventive di cui al
presente titolo,
adattandole alle
particolarità delle
situazioni lavorative.
3. Il
datore di lavoro effettua
nuovamente la valutazione
di cui al comma 1 in
occasione di modifiche
dell'attività lavorativa
significative ai fini
della sicurezza e della
salute sul lavoro e, in
ogni caso, trascorsi tre
anni dall'ultima
valutazione effettuata.
4. Nelle
attività, quali quelle
riportate a titolo
esemplificativo
nell'allegato IX, che, pur
non comportando la
deliberata intenzione di
operare con agenti
biologici, possono
implicare il rischio di
esposizioni dei lavoratori
agli stessi, il datore di
lavoro può prescindere
dall'applicazione delle
disposizioni di cui agli
articoli 80, 81, commi 1 e
2, 82, comma 3, e 86,
qualora i risultati della
valutazione dimostrano che
l'attuazione di tali
misure non è necessaria.
5. Il
documento di cui all'art.
4, commi 2 e 3, è
integrato dai seguenti
dati:
a) le
fasi del procedimento
lavorativo che comportano
il rischio di esposizione
ad agenti biologici;
b) il
numero dei lavoratori
addetti alle fasi di cui
alla lettera a);
c) le
generalità del
responsabile del servizio
di prevenzione e
protezione dai rischi;
d) i
metodi e le procedure
lavorative adottate,
nonché le misure
preventive e protettive
applicate;
e) il
programma di emergenza per
la protezione dei
lavoratori contro i rischi
di esposizione ad un
agente biologico del
gruppo 3 o del gruppo 4,
nel caso di un difetto nel
contenimento fisico.
6. Il
rappresentante per la
sicurezza è consultato
prima dell'effettuazione
della valutazione di cui
al comma 1 ed ha accesso
anche ai dati di cui al
comma 5.
ART.
79
- Misure tecniche,
organizzative, procedurali
1. In
tutte le attività per le
quali la valutazione di
cui all'art. 78 evidenzia
rischi per la salute dei
lavoratori il datore di
lavoro attua misure
tecniche, organizzative e
procedurali, per evitare
ogni esposizione degli
stessi ad agenti
biologici.
2. In
particolare, il datore di
lavoro:
a) evita
l'utilizzazione di agenti
biologici nocivi, se il
tipo di attività
lavorativa lo consente;
b)
limita al minimo i
lavoratori esposti, o
potenzialmente esposti, al
rischio di agenti
biologici;
c)
progetta adeguatamente i
processi lavorativi;
d)
adotta misure collettive
di protezione ovvero
misure di protezione
individuali qualora non
sia possibile evitare
altrimenti l'esposizione;
e)
adotta misure igieniche
per prevenire e ridurre al
minimo la propagazione
accidentale di un agente
biologico fuori dal luogo
di lavoro;
f) usa
il segnale di rischio
biologico, rappresentato
nell'allegato X, e altri
segnali di avvertimento
appropriati;
g)
elabora idonee procedure
per prelevare, manipolare
e trattare campioni di
origine umana ed animale;
h)
definisce procedure di
emergenza per affrontare
incidenti;
i)
verifica la presenza di
agenti biologici sul luogo
di lavoro al di fuori del
contenimento fisico
primario, se necessario o
tecnicamente realizzabile;
l)
predispone i mezzi
necessari per la raccolta,
l'immagazzinamento e lo
smaltimento dei rifiuti in
condizioni di sicurezza,
mediante l'impiego di
contenitori adeguati ed
identificabili
eventualmente dopo idoneo
trattamento dei rifiuti
stessi;
m)
concorda procedure per la
manipolazione ed il
trasporto in condizioni di
sicurezza di agenti
biologici all'interno del
luogo di lavoro.
ART.
80
- Misure igieniche
1. In
tutte le attività nelle
quali la valutazione di
cui all'art. 78 evidenzia
rischi per la salute dei
lavoratori, il datore di
lavoro assicura che:
a) i
lavoratori dispongano dei
servizi sanitari adeguati
provvisti di docce con
acqua calda e fredda,
nonché, se del caso, di
lavaggi oculari e
antisettici per la pelle;
b) i
lavoratori abbiano in
dotazione indumenti
protettivi o altri
indumenti idonei, da
riporre in posti separati
dagli abiti civili;
c) i
dispositivi di protezione
individuale siano
controllati, disinfettati
e puliti dopo ogni
utilizzazione, provvedendo
altresì a far riparare o
sostituire quelli
difettosi prima
dell'utilizzazione
successiva;
d) gli
indumenti di lavoro e
protettivi che possono
essere contaminati da
agenti biologici vengano
tolti quando il lavoratore
lascia la zona di lavoro,
conservati separatamente
dagli altri indumenti,
disinfettati, puliti e, se
necessario, distrutti.
2. È
vietato assumere cibi o
bevande e fumare nelle
aree di lavoro in cui c'è
rischio di esposizione.
ART.
81
- Misure specifiche per le
strutture sanitarie e
veterinarie
1. Il
datore di lavoro, nelle
strutture sanitarie e
veterinarie, in sede di
valutazione dei rischi,
presta particolare
attenzione alla possibile
presenza di agenti
biologici nell'organismo
dei pazienti o degli
animali e nei relativi
campioni e residui e al
rischio che tale presenza
comporta in relazione al
tipo di attività svolta.
2. In
relazione ai risultati
della valutazione il
datore di lavoro definisce
e provvede a che siano
applicate procedure che
consentono di manipolare,
decontaminare ed eliminare
senza rischi per
l'operatore e per la
comunità, i materiali ed i
rifiuti contaminati.
3. Nei
servizi di isolamento che
ospitano pazienti od
animali che sono, o
potrebbero essere,
contaminati da agenti
biologici del gruppo 3 o
del gruppo 4, le misure di
contenimento da attuare
per ridurre al minimo il
rischio di infezione sono
indicate nell'allegato XII.
ART.
82
- Misure specifiche per i
laboratori e gli stabulari
1. Fatto
salvo quanto
specificatamente previsto
all'allegato XI, punto 6,
nei laboratori comportanti
l'uso di agenti biologici
dei gruppi 2, 3 o 4 a fini
di ricerca, didattici o
diagnostici, e nei locali
destinati ad animali da
laboratorio
deliberatamente
contaminati con tali
agenti, il datore di
lavoro adotta idonee
misure di contenimento in
conformità all'allegato
XII.
2. Il
datore di lavoro assicura
che l'uso di agenti
biologici sia eseguito:
a) in
aree di lavoro
corrispondenti almeno al
secondo livello di
contenimento, se l'agente
appartiene al gruppo 2;
b) in
aree di lavoro
corrispondenti almeno al
terzo livello di
contenimento, se l'agente
appartiene al gruppo 3;
c) in
aree di lavoro
corrispondenti almeno al
quarto livello di
contenimento, se l'agente
appartiene al gruppo 4.
3. Nei
laboratori comportanti
l'uso di materiali con
possibile contaminazione
da agenti biologici
patogeni per l'uomo e nei
locali destinati ad
animali da esperimento,
possibili portatori di
tali agenti, il datore di
lavoro adotta misure
corrispondenti almeno a
quelle del secondo livello
di contenimento.
4. Nei
luoghi di cui ai commi 1 e
3 in cui si fà uso di
agenti biologici non
ancora classificati, ma il
cui uso può far sorgere un
rischio grave per la
salute dei lavoratori, il
datore di lavoro adotta
misure corrispondenti
almeno a quelle del terzo
livello di contenimento.
5. Per i
luoghi di lavoro di cui ai
commi 3 e 4, il Ministero
della sanità, sentito
l'Istituto superiore di
sanità, può individuare
misure di contenimento più
elevate.
ART.
83
- Misure specifiche per i
processi industriali
1. Fatto
salvo quanto
specificatamente previsto
all'allegato XI, punto 6,
nei processi industriali
comportanti l'uso di
agenti biologici dei
gruppi 2, 3 e 4, il datore
di lavoro adotta misure
opportunamente scelte tra
quelle elencate
nell'allegato XIII,
tenendo anche conto dei
criteri di cui all'art.
82, comma 2.
2. Nel
caso di agenti biologici
non ancora classificati,
il cui uso può far sorgere
un rischio grave per la
salute dei lavoratori, il
datore di lavoro adotta
misure corrispondenti
almeno a quelle del terzo
livello di contenimento.
ART.
84
- Misure di emergenza
1. Se si
verificano incidenti che
possono provocare la
dispersione nell'ambiente
di un agente biologico
appartenente ai gruppi 2,
3 o 4, i lavoratori devono
abbandonare immediatamente
la zona interessata, cui
possono accedere soltanto
quelli addetti ai
necessari interventi, con
l'obbligo di usare gli
idonei mezzi di
protezione.
2. Il
datore di lavoro informa
al più presto l'organo di
vigilanza territorialmente
competente, nonché i
lavoratori ed il
rappresentante per la
sicurezza, dell'evento,
delle cause che lo hanno
determinato e delle misure
che intende adottare, o
che ha già adottato, per
porre rimedio alla
situazione creatasi.
3. I
lavoratori segnalano
immediatamente al datore
di lavoro o al dirigente o
al preposto, qualsiasi
infortunio o incidente
relativo all'uso di agenti
biologici.
ART.
85
- Informazioni e
formazione
1. Nelle
attività per le quali la
valutazione di cui
all'art. 78 evidenzia
rischi per la salute dei
lavoratori, il datore di
lavoro fornisce ai
lavoratori, sulla base
delle conoscenze
disponibili, informazioni
ed istruzioni, in
particolare per quanto
riguarda:
a) i
rischi per la salute
dovuti agli agenti
biologici utilizzati;
b) le
precauzioni da prendere
per evitare l'esposizione;
c) le
misure igieniche da
osservare;
d) la
funzione degli indumenti
di lavoro e protettivi e
dei dispositivi di
protezione individuale ed
il loro corretto impiego;
e) le
procedure da seguire per
la manipolazione di agenti
biologici del gruppo 4;
f) il
modo di prevenire il
verificarsi di infortuni e
le misure da adottare per
ridurne al minimo le
conseguenze.
2. Il
datore di lavoro assicura
ai lavoratori una
formazione adeguata in
particolare in ordine a
quanto indicato al comma
1.
3.
L'informazione e la
formazione di cui ai commi
1 e 2 sono fornite prima
che i lavoratori siano
adibiti alle attività in
questione, e ripetute, con
frequenza almeno
quinquennale, e comunque
ogni qualvolta si
verifichino nelle
lavorazioni cambiamenti
che influiscono sulla
natura e sul grado dei
rischi.
4. Nel
luogo di lavoro sono
apposti in posizione ben
visibile cartelli su cui
sono riportate le
procedure da seguire in
caso di infortunio od
incidente.
ART.
86
- Prevenzione e controllo
1. I
lavoratori addetti alle
attività per le quali la
valutazione dei rischi ha
evidenziato un rischio per
la salute sono sottoposti
alla sorveglianza
sanitaria.
2. Il
datore di lavoro, su
conforme parere del medico
competente, adotta misure
protettive particolari per
quei lavoratori per i
quali, anche per motivi
sanitari individuali, si
richiedono misure speciali
di protezione, fra le
quali:
a) la
messa a disposizione di
vaccini efficaci per quei
lavoratori che non sono
già immuni all'agente
biologico presente nella
lavorazione, da
somministrare a cura del
medico competente;
b)
l'allontanamento
temporaneo del lavoratore
secondo le procedure
dell'art. 8 del decreto
legislativo 15 agosto
1991, n. 277.
ART.
87
- Registri degli esposti e
degli eventi accidentali
1. I
lavoratori addetti ad
attività comportanti uso
di agenti del gruppo 3
ovvero 4 sono iscritti in
un registro in cui sono
riportati, per ciascuno di
essi, l'attività svolta,
l'agente utilizzato e agli
eventuali casi di
esposizione individuale.
2. Il
datore di lavoro
istituisce ed aggiorna il
registro di cui al comma 1
e ne cura la tenuta
tramite il medico
competente. Il
responsabile del servizio
di prevenzione e
protezione e il
rappresentante per la
sicurezza hanno accesso a
detto registro.
3. Il
datore di lavoro:
a)
consegna copia del
registro di cui al comma 1
all'Istituto superiore di
sanità e all'ISPESL,
comunicando a essi ogni
tre anni e comunque ogni
qualvolta questi ne fanno
richiesta, le variazioni
intervenute;
b)
comunica all'ISPESL la
cessazione del rapporto di
lavoro, dei lavoratori di
cui al comma 1 fornendo
nel contempo
l'aggiornamento dei dati
che li riguardano e
consegna al medesimo
Istituto le relative
cartelle sanitarie e di
rischio di cui all'art.
86, comma 5;
c) in
caso di cessazione di
attività dell'azienda,
consegna all'Istituto
superiore di sanità copia
del registro di cui al
comma 1 e all'ISPESL copia
del medesimo registro
nonché le cartelle
sanitarie e di rischio di
cui all'art. 86, comma 5;
d) in
caso di assunzione di
lavoratori che abbiano
esercitato attività che
comportano rischio di
esposizione allo stesso
agente richiede all'ISPESL
copia delle annotazioni
individuali contenute nel
registro di cui al comma
1, nonché copia della
cartella sanitaria e di
rischio di cui all'art.
86, comma 5;
e)
tramite il medico
competente comunica ai
lavoratori interessati le
relative annotazioni
individuali contenute nel
registro di cui al comma 1
e nella cartella sanitaria
e dirischio di cui
all'art. 86, comma 5, ed
al rappresentante per la
sicurezza i dati
collettivi anonimi
contenuti nel registro di
cui al comma 1.
4. Le
annotazioni individuali
contenute nel registro di
cui al comma 1 e le
cartelle sanitarie e di
rischio di cui all'art.
86, comma 5, sono
conservate dal datore di
lavoro fino a risoluzione
del rapporto di lavoro e
dall'ISPESL fino a dieci
anni dalla cessazione di
ogni attività che espone
ad agenti biologici. Nel
caso di agenti per i quali
è noto che possono
provocare infezioni
consistenti o latenti o
che danno luogo a malattie
con recrudescenza
periodica per lungo tempo
o che possono avere gravi
sequele a lungo termine
tale periodo è di quaranta
anni.
5. La
documentazione di cui ai
precedenti commi è
custodita e trasmessa con
salvaguardia del segreto
professionale.
6. I
modelli e le modalità di
tenuta dei registri e
delle cartelle sanitarie
di cui rispettivamente ai
commi 1 e 2 sono
determinati con decreto
dei Ministri della sanità
e del lavoro e della
previdenza sociale sentita
la commissione consultiva
permanente.
7. L'ISPESL
trasmette annualmente al
Ministero della sanità
dati di sintesi relativi
alle risultanze del
registro di cui al comma
1.
ART.
88
- Registro dei casi di
malattia e di decesso
1.
Presso l'ISPESL è tenuto
un registro dei casi di
malattia ovvero di decesso
dovuti all'esposizione ad
agenti biologici.
2. I
medici, nonché le
strutture sanitarie,
pubbliche o private, che
refertano i casi di
malattia, ovvero di
decesso di cui al comma 1,
trasmettono all'ISPESL
copia della relativa
documentazione clinica.
3. Con
decreto dei Ministri della
sanità e del lavoro e
della previdenza sociale,
sentita la commissione
consultiva, sono
determinati il modello e
le modalità di tenuta del
registro di cui al comma
1, nonché le modalità di
trasmissione della
documentazione di cui al
comma 2.
4. Il
Ministero della sanità
fornisce alla commissione
CE, su richiesta,
informazioni
sull'utilizzazione dei
dati del registro di cui
al comma 1.
ART.
89
- Contravvenzioni commesse
dai datori di lavoro e dai
dirigenti
1. Il
datore di lavoro e il
dirigente sono puniti:
a) con
l'arresto da tre a sei
mesi o con l'ammenda da
lire tre milioni a lire
otto milioni per la
violazione degli articoli
4, comma 5, lettere b),
d), e), h), l), n) e q);
22, comma 1; 30, commi 3,
4, 5 e 6; 31; 54, commi 1,
2, 3 e 4; 55, commi 1, 3 e
4; 58;
b) con
l'arresto da due a quattro
mesi o con l'ammenda da
lire un milione a lire
cinque milioni per la
violazione dell'art. 4,
comma 5, lettere a), c),
f), g), i), m) e p).
2. Il
datore di lavoro è punito:
a) con
l'arresto da tre a sei
mesi o con l'ammenda da
lire tre milioni a lire
otto milioni per la
violazione degli articoli
4, commi 2 e 7; 12, comma
1, lettere d) ed e) e
comma 4; 15, comma 1; 32;
35, commi 1, 2, 4 e 5; 38;
43, commi 3, 4, lettere
a), b), d), g), e comma 5;
48; 49, comma 2; 52, comma
2; 56, comma 2; 62; 63,
commi 1, 3, 4 e 5; 64; 65,
comma 1; 66, comma 2; 68;
69, commi 1, 2 e 5; 78,
comma 2; 79, comma 2; 80,
comma 1; 81, commi 2 e 3;
82, commi 1, 2, 3 e 4; 83;
85, comma 2; 86;
b) con
l'arresto da due a quattro
mesi o con l'ammenda da
lire un milione a lire
cinque milioni per la
violazione degli articoli
4, commi 4 e 6; 7, commi
1, 2 e 3; 6, commi 2, 3, 7
e 8; 9, comma 2; 10; 12,
comma 1, lettere a), b) e
c); 15, comma 2; 21; 37;
43, comma 4, lettere c),
e) ed f); 49, comma 1; 56,
comma 1; 57; 63, comma 6;
66, commi 1 e 4; 67; 70,
commi 1 e 2; 76; 77, commi
1 e 4; 78, comma 3; 84,
commi 2 e 4; 85, comma 1;
87, commi 1 e 2.
3. Il
datore di lavoro e il
dirigente sono puniti con
la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire un
milione a lire sei milioni
per la violazione
dell'art. 4, comma 5,
lettera o).
4. Il
datore di lavoro è punito
con la sanzione
amministrativa pecuniaria
da lire un milione a lire
sei milioni per la
violazione degli articoli
4, comma 8; 8, comma 11;
11, commi 1 e 3; 70, commi
3 e 4; 87, commi 3 e 4.
ART.
90
- Contravvenzioni commesse
dai preposti
1. I
preposti sono puniti:
a) con
l'arresto sino a due mesi
o con l'ammenda da lire
cinquecentomila a lire due
milioni per la violazione
degli articoli 4, comma 5,
lettere b), d), e), h),
l), n) e q); 22, comma 1;
31, nonché per
l'inosservanza delle
prescrizioni minime di cui
all'art. 30, comma 3; 54,
commi 1, 2, 3 e 4; 55,
commi 1, 3 e 4; 58;
b) con
l'arresto sino ad un mese
o con l'ammenda da lire
trecentomila a lire un
milione per la violazione
dellart. 4, comma 5,
lettere a), c), f), g),
i), m) e p);
c) con
la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire
cinquecentomila a lire tre
milioni per la violazione
dell'art. 4, comma 5,
lettera o).
ART.
91
- Contravvenzioni commesse
dai commercianti e dagli
installatori
1. La
violazione dell'art. 6,
comma 2, è punita con
l'arresto fino a sei mesi
o con l'ammenda da lire
quindici milioni a lire
sessanta milioni.
2. La
violazione dell'art. 6,
commi 1 e 3, è punita con
l'arresto fino ad un mese
o con l'ammenda da lire
seicentomila a lire due
milioni.
ART.
92
- Contravvenzioni commesse
dal medico competente
1. Il
medico competente è
punito:
a) con
l'arresto fino a due mesi
o con l'ammenda da lire un
milione a lire sei milioni
per la violazione degli
articoli 17, comma 1,
lettere b), d), h) e l);
69, comma 4; 70, commi 1 e
2;
b) con
l'arresto fino a un mese o
con l'ammenda da lire
cinquecentomila a lire tre
milioni per la violazione
degli articoli 17, comma
1, lettere e), f), g) ed
i), nonché del comma 3;
69, comma 6.
ART.
93
- Contravvenzioni commesse
dai lavoratori
1. I
lavoratori sono puniti:
a) con
l'ammenda da lire
quattrocentomila a lire un
milione e duecentomila per
la violazione degli
articoli 5, comma 2; 39;
44; 84, comma 3;
b) con
l'ammenda da lire
duecentomila a lire
seicentomila per la
violazione degli articoli
67, comma 2; 84, comma 1.
ART.
94
- Violazioni
amministrative
1.
Chiunque viola le
disposizioni di cui agli
articoli 65, comma 2, e
80, comma 2, è punito con
la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire
centomila a lire
trecentomila.
ART.
95
- Norma transitoria
1. In
sede di prima applicazione
del presente decreto e
comunque non oltre il 31
dicembre 1996, il datore
di lavoro che intende
svolgere direttamente i
compiti di prevenzione e
protezione dai rischi è
esonerato dalla frequenza
del corso di formazione di
cui al comma 2 dell'art.
10, ferma restando
l'osservanza degli
adempimenti previsti dal
predetto art. 10, comma 2,
lettere a), b) e c).
ART.
96
- Decorrenza degli
obblighi di cui all'art. 4
1. È
fatto obbligo di adottare
le misure di cui all'art.
4 nel termine di dodici
mesi dalla data di entrata
in vigore del presente
decreto.
ART.
97
- Obblighi d'informazione
1. Il
Ministero del lavoro e
della previdenza sociale
trasmette alla
commissione:
a) il
testo delle disposizioni
di diritto interno
adottate nel settore della
sicurezza e della salute
dei lavoratori durante il
lavoro;
b) ogni
cinque anni, una relazione
sull'attuazione pratica
delle disposizioni dei
titoli I, II, III e IV;
c) ogni
quattro anni, una
relazione sull'attuazione
pratica delle disposizioni
dei titolo V e VI.
2. Le
relazioni di cui al comma
1 sono trasmesse anche
alle commissioni
parlamentari.
ART.
98
- Norma finale
1.
Restano in vigore, in
quanto non
specificatamente
modificate dal presente
decreto, le disposizioni
vigenti in materia di
prevenzione degli
infortuni e igiene del
lavoro.
Il
presente decreto, munito
del sigillo dello Stato,
sarà inserito nella
Raccolta ufficiale degli
atti normativi della
Repubblica italiana. È
fatto obbligo a chiunque
spetti di osservarlo e di
farlo osservare.
Dato
a Roma, addì 19 settembre
1994 |