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FOGGIA E LA SUA PROVINCIA NEI FRANCOBOLLI ITALIANI

Questa pagina nasce per raccontare Foggia e la sua provincia attraverso i francobolli. Approfondimenti e curiosità sono disponibili al sito web del Circolo Filatelico Numismatico Dauno che ringraziamo per la gentile concessione delle immagini e dei commenti.

 

1967 - EMISSIONE DI UN FRANCOBOLLO COMMEMORATIVO DI UMBERTO GIORDANO NEL CENTENARIO DELLA NASCITA

La vignetta riproduce graficamente trattato, il volto del Maestro, sovrapposto ad una pagina musicale, l' "Improvviso" dell' opera "Andrea Chenier".
Umberto Giordano, celebrato autore di opere liriche, nacque a Foggia il 28 agosto 1867, morì a Milano il 12 novembre 1948.
La sua spiccata natura musicale costrinse il padre a mandarlo a Napoli dove frequentò dal 1882 al 1890 (come alunno convittore) il Conservatorio in San Pietro a Maiella sotto la guida di Paolo Serrao, già maestro di Leoncavallo, Cilea, Martucci e Mugnone.
Formatosi a quella scuola legata per tradizione al Melodramma italiano, egli si trovò ad operare in quel periodo definito "Verista" o "Naturalista" secondo una terminologia in voga per la produzione di un Zola o di un Verga. Infatti la posizione di Giordano nelle prime due opere - l'inedita "Marina" (1888) e "Mala Vita" (1892) - è quella tipica del naturalismo più esplicito.
Anche in "Regina Diaz" (Napoli 1894) i contrasti emotivi ed il predominio della tematica rimangono gli elementi dominanti, ma il suo linguaggio acquista un carattere più robusto tendente a conciliare la virile vocalità verdiana con la elaborazione sinfonica del dramma d'oltralpe. Tale prospettiva, che potrebbe definirsi drammatico - sentimentale, sembrò a Giordano tanto valida da indurlo ad immettere non pochi brani - e fra i migliori - di "Regina Diaz" nella partitura di "Andrea Chenier" contribuendo ad assicurare al suo capolavoro la solidità espressiva e la fortunata popolarità che gli sono propri.
"Chenier" ebbe entusiastiche accoglienze alla scala, in prima esecuzione, il 28 marzo 1896, e da questo storico teatro iniziò il suo trionfale e non ancora concluso pellegrinaggio per il mondo.
Seguì "Fedora", tratta dal dramma di Sardou da A. Colautti e rappresentata per la prima volta al Lirico di Milano il 17 novembre 1898.
Anche in questa opera, come nelle successive, Giordano si mantiene fedele ai propri principi fondamentali e al tempo stesso è portato ad un raffinamento tecnicistico. Ne da testimonianza l'eloquenza drammatico - sentimentale di "Fedora", la ricerca di un elaborato sinfonismo in "Siberia" (Milano 1903), la tenera ispirazione melodica di "Marcella" (Milano 1907), la pacata espressione di "Mese mariano" (Palermo 1910), il brio falstaffiano di "Madame Sans-Gène" (New York 1915), opera questa che costituisce una felice apertura verso il genere comico-sentimentale, ed infine "La Cena delle Beffe", su testo di Sem Benelli (Milano 1924) ed "Il Re" su libretto di Forzano (Milano 1929).
Tutte queste opere hanno avuto i più famosi interpreti della lirica. Fra i direttori : Rodolfo Ferrari, Toscanini, Campanini, Mugnone, Mahler, Mascagni; fra i cantanti: la Belliconi, Stagno, la Storchio, Borgatti, Tamagno, Caruso, Titta Ruffo, la Muzio, Gigli, Schipa.
Le capacità componentistiche di Giordano si sono manifestate anche al di fuori del melodramma: in lavori sinfonici, per lo più giovanili, liriche, brani pianistici e, per ultimo, nell' "Inno al Decennale" (1933).
A sessantasei anni egli rinuncia all'attività compositiva per interessarsi a problemi collaterali alla composizione curando una edizione delle sinfonie di Beethoven secondo una nuova impostazione grafica da lui ideata ed oggi entrata nell' uso, patrocinando l'istituzione di un Liceo Musicale nella città natale, ora parificato ai Conservatori Statali.
A più di settanta anni di distanza, "Andrea Chenier" e "Fedora" mantengono nei principali teatri del mondo una attiva circolazione, tale da non potersi dire inferiore a quella delle più significative opere di Verdi e Puccini. È questo un fatto che testimonia la vitalità di Umberto Giordano musicista.
La recensione è firmata dal Renzo Silvestri

 
 1982 - RODI GARGANICO: SERIE TURISTICA

La vignetta di questa serie riproduce, in una cornice colorata, una veduta pittorica della località. Precisamente: valore da £. 450: Rodi Garganico, veduta panoramica.
Rodi sorge a m. 46 sul livello del mare, arroccata sopra un piccolo promontorio, circondata da una lussureggiante vegetazione di agrumeti, uliveti e pinete, dove la mano dell' uomo non ha deturpato ancora le bellezze e i profumi della natura.
Centro di antichissime tradizioni marinare, Rodi fu forse colonia greca fondata dai Roddi argivi. Non mancano, tuttavia, tracce importanti e anteriori di insediamenti preistorici nelle contrade a ponente della città (Santa Lucia, Tuppo del Parco, Punta Cucchiara).
Identificata a lungo con la famosa Uria Garganica, è più verosimilmente da collegare con Portus Garnae, ricordato da Plinio, di cui alla fine dell' ottocento si vedevano i resti del tabularium, come scrive l' insigne storico locale Michelangelo De Grazia.
Una epigrafe, murata un tempo sulla facciata esterna del santuario della Libera, testimoniava che la città, in età romana, era stata amministrata da un Comite, magistrato ed esattore di tributi.
Distrutta dai goti nel 485 d.C., di Rodi non si hanno notizie fino al basso Medio Evo; la tradizione scritta tramanda una visita di Papa Alessandro III nel 1176 e il Dominio feudale della signora Richarda nel 1184.
Alleata di Federico II di Svevia, la Città venne saccheggiata dal veneziani nell' anno 1240, e , munita, quindi di salde mura e torri difensive contro le frequenti scorrerie saracene, dal 1446 fu dichiarata feudo ad opera di Alfonso I d' Aragona e tale rimase fino ai primi anni del XIX secolo.
Una peculiare caratteristica ha il centro antico visto dal mare : le case, molto strette fra loro, si sviluppano in alto, quasi sovrapponendosi le une alle altre; è una cittadina "in verticale", dunque con le case che, come donne curiose, allungano il collo per scorgere chi viene dal mare.
Fresca ed odorosissima è Rodi, sommersa dai profumi di zagare e di resina; giardino di aranci e limoni, piccola capitale degli agrumi garganici. Le arance di rodi sono giunte, sino alla fine dle secolo scorso, perfino in America ed in Russia; esse hanno sempre avuto la prerogativa di una maturazione ritardata, cosa che le rende molto ricercate.
Rodi è una ridente cittadina che, pur offrendo tutte le caratteristiche di un affermato centro balneare, conserva intatta la purezza e la genuinità delle tradizioni del luogo con una ospitalità forse rude, ma veramente spontanea.
Le bellezze della zona, divenute famose per le innumerevoli e suggestive grotte, le isole Tremiti facilmente raggiungibili con vaporetti ed aliscafi giornalieri, la Foresta Umbra ed un mare veramente pulito e trasparente fanno di Rodi uno fra i primi centri turistici della regione.
Fra i monumenti si possono ammirare il campanile della chiesa di San Nicola di Mira, costruzione comacina dello stile classico romanico, fornito dell' originaria scala a chiocciola, e di parecchie feritoie; una miracolosa e pregevole "Tavola" della Madonna della Libera, che tradizione vuole sia giunta da Bisanzio nel 1453 e che si venera nel santuario settecentesco; un convento in via di restauro, costruito dai cappuccini nel 1538 tra il verde degli ulivi e che fa corona al centro abitato.
Ogni strada, poi, ha una sua marcata fisionomia; vi si possono ammirare cornicioni di origine provenzale, e ricchi portali in pietra lavorata di varie epoche.
Oggi Rodi, con le infrastrutture turistico - balneari, con alberghi e camping attrezzati disseminati lungo il litorale, offre a chiunque lo desideri "sola, mare, vacanze".
Recenzione a firma di Nicola Pinto sindaco di Rodi nel 1982

 
1988 - VIESTE: EMISSIONE APPARTENENTE ALLA SERIE TEMATICA "IL TURISMO"

Le vignetta riproduce in una cornice colorata una veduta pittorica della località.
Posta alla punta estrema del Gargano, Vieste è la Città più antica della daunia.Pare abbia avuto il suo nucleo abitativo già prima di Roma grazie alla sua ubicazione che le ha consentito, fin dall'antichità, di avere contatti con popolazioni e civiltà insediate lungo la costa sia italiana che slava, ma anche greca e albanese.
Vieste fu, quindi, città commerciale. Perciò si dotò di un porto, utilizzando una insenatura naturale (oggi completamente sommersa), dove trovano rifugio decine di imbarcazioni. La tradizione - rafforzata oggi da studi particolari - individua in questa cittadina del Gargano la URIA degli storici latini. La recente scoperta di una grotta sul'isolotto di Santa Eugenia - dove sorge il faro - ha fatto propendere gran parte degli studiosi per questa interessante ubicazione. Difatti all'interno della grotta (che altro non era che un antico tempio dedicato alla "Venere Sosandra" - salvatrice degli uomini-) sono state rinvenute iscrizioni interpretate come invocazioni alla dea pagana.
Diverse, tristi vicissitudini hanno segnato la storia di Vieste. Vicissitudini che si tramandano di generazione in generazione, quasi come monito. La più terribile è senz'altro quella del 1554 quando un pirata turco, Dragut Rais, con la sua numerosa flotta assalì la città seminando terrore e morte, incendiando case e portando via giovani e donne. Non meno di 5000 furono le vittime di quella devastazione che oggi viene ricordata nella "Chianca Amara", una roccia conservata nel centro storico, dove vi fu la decapitazione di gran parte delle vittime. Poi, nella prima metà del 1600, un tremendo terremoto portò ancora distruzione e morte. Furono, quelli, gli anni più bui per Vieste che da allora cominciò ad isolarsi, a divenire, appunto, la sperduta, la "punta del mondo".
L'isolamento è durato fino a trenta anni fa. Fino a quando, cioè, a riscoprirla è stato il turismo. La costa meravigliosa (senz'altro la più bella d'Italia), il mare pulito e cristallino, le spiagge dorate, le pinete, i boschi salubri, hanno fatto sì che questo angolo di paradiso si riscattasse e divenisse meta agognata da milioni di turisti italiani e stranieri. Oltre ad essere la più antica della Daunia, Vieste oggi è anche la più importante città della Provincia di foggia sotto,il profilo turistico e gode di primato, in questo settore, nell' intera regione pugliese.
A sancire il nuovo "status" di Vieste è stata la Presidenza del Consiglio dei Ministri che, in occasione del 40° anniversario della Repubblica ha indicato Vieste tra i "Cento Comuni" della piccola, grande Italia. Quei comuni, cioè, che nel corso degli ultimi quaranta anni si sono distinti nel campo economico, sociale, culturale. Un riconoscimento che premia gli sforzi di cittadini ed amministratori insieme impegnati per il progresso della città.
I circa 14 mila residenti durante i mesi estivi diventano dieci volte tanto. Massiccia è la presenza turistica grazie alle decine di alberghi, villaggi turistici e campeggi di cui Vieste dispone che rappresentano il 50% dell' intera ricettività pugliese. In materia di strutture pubbliche, a Vieste è stato realizzato un modernissimo porto turistico - commerciale (il bacino portuale è di circa 100 mila metri quadrati) che rappresenta l' unico punto di attracco nella zona di mare che da Manfredonia si spinge fino a Termoli. È in fase di realizzazione l'Omnisport, una vera cittedella dello sport dove potranno aver luogo meeting a livello nazionale ed internazionale; mentre a breve cominceranno i lavori di costruzione di un centro direzionale del turismo che la Regione Puglia, su finanziamento del FIO ha individuato a Vieste. Rimane da realizzare il centro congressi ma in questo senso l'Amministrazione comunale ha già avviato gli opportuni progetti.
Per sommi capi questa è Vieste. Una città da visitare, da conoscere, da godere.La sperduta è stata ritrovata. E con essa la voglia e l'entusiasmo dei viestani a progredire, ad andare avanti. Perchè la "Punta del Mondo" diventi la punta di diamante nell' economia, nella cultura e nella società che ci circonda.
La recensione è a firma di Valentino Dirodi - sindaco di Vieste nel 1988.

 
1993 - FOGGIA: TESORI DEGLI ARCHIVI DI STATO

Il francobollo riguardante Foggia, riproduce una cartina topografica, acquerello su carta che rappresenta la città di Foggia con la leggenda "I TESORI DEGLI ARCHIVI DI STATO - FOGGIA".
Gli archivi di stato italiani conservano un ingentissimo patrimonio documentario, forse il più importante del mondo, relativo anche agli Stati preunitari. All'Amministrazione archivistica - già presso il Ministero dell' Interno ed entrata a far parte del Ministero per i beni culturali e Ambientali dal 1975 - compete anche la funzione della vigilanza sui numerosi archivi non statali e di privati, che conservano anch'essi documentazione molto antica e rilevante.
L'Archivio di Stato di foggia, alloggiato nell'edificio, già sede della Dogana delle Pecore di Puglia (secolo XVIII, venne istituito nel 1820 ed ebbe come Archivio suppletorio quello di Lucera).
I nuclei documentari iniziali furono i fondi Dogana Delle Pecore e tavoliere di Puglia; successivamente confluirono nell'Istituto gli archivi degli Uffici dell'Amministrazione periferica, succedutisi nella Provincia a partire dal periodo Francese. L'Ufficio subì notevoli danni per fatti bellici nell' agosto del 1943 e la sua direzione fu costretta a trasferirsi a Lucera, dove rimase fino al 1950.
La Dogana delle Pecore di Foggia - cui appartiene la mappa cartografica della città - era la Magistratura amministrativa e giurisdizionale, che per circa quattro secoli curò la gestione del Demanio fiscale del tavoliere di Puglia, regolando la transumanza del regno. Di origine antica, fu riorganizzata nel XV secolo da Alfonso I d'Aragona, rappresentando in seguito, un importante cespite del regio erario. I "Locati" (pastori locatari dei pascoli) e gli altri sudditi della Dogana godevano di foro privilegiato, costituito dal doganiere, da un uditore e da un avvocato fiscale.
La Dogana fu soppressa all'inizio del decennio francese, nel 1806, quando fu istituita l'amministrazione del tavoliere di Puglia.
Recensione a firma del prof. S. Mastruzzi

 
1996 - Monte Sant'Angelo: Emissione di quattro francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica "Il turismo"

Ciascuna vignetta riproduce, insieme ad un elemento principale, ulteriori elementi illustrativi delle specifiche realtà.
La vignetta dedicata a Monte Sant' Angelo riproduce, su fondo verde, la chiesa di San Michele Arcangelo con la Torre campanaria, nei riquadri l'edicola con la statua di San Michele Arcangelo, un bassorilievo sito nel castello normanno svevo aragonese, lo stemma regio ed il profilo caratteristico delle abitazioni.
Adagiata sulla parete meridionale dello sperone del gargano, in una magnifica posizione panoramica, che sembra unire in un tutt'uno mare e montagna, la Città di Monte Sant'Angelo deve le sue origini ad un evento straordinario: l'apparizione di San Michele Arcangelo nell' omonima grotta, evento che le consentì di occupare, sin dal basso Medio evo, un ruolo privilegiato nella realtà storico - sociale della penisola italica.
Il culto Michaelico si diffuse con rapidità in tutto il mondo occidentale e determinò, sin dalla fine del V secolo la crescita di un centro urbano intorno al Santuario ipogeo dell' Arcangelo.
Dei popoli barbari che, in seguito, attraversarono ed occuparono il meridione d'Italia, i Longobardi, convertitisi per primi al cristianesimo, fecero di San Michele il loro Patrono e promossero, attraverso il percorso della "Via Sacra Longobardorum" un intenso flusso di pellegrinaggio mai interrotto.
Tappa obbligata dei crociati diretti in Terra Santa sin dal X secolo, il sacro Monte fu in vero visitato da nobili ed alti prelati e fu oggetto di venerazione da parte di grandi santi tra i quali spicca, per fervore ed umiltà, Francesco d' Assisi.
Nell' alto Medio Evo, il santuario ebbe il culto dei popoli che si susseguirono nella terra di Puglia: gli Ottoni, i Normanni, gli Svevi, gli Angioini, gli Aragonesi e, così l'intera città fruì di speciali privilegi, arricchendosi di singolari espressioni di arte medioevale.
L'originalità del campanile ottagonale e la preziosità delle porte bronzee, all'ingresso del portale romanico, fanno, infatti da cornice alla basilica che, pur aprendosi con una navata a tre campate, lascia ampio spazio sulla destra alla Grotta, le cui strutture architettoniche (statua dell' Arcangelo del Sansovino, Cattedra episcopale, trono regio, altare della Madonna) si integrano con l'essenzialità e la nudità dell' ambiente, in una atmosfera suggestiva e senz'altro insolita.
Di fronte alla Basilica sorge la cosiddetta Tomba di Rotari (secolo XII), più probabilmente un battistero, quadrilatero con tamburo ottagonale e cupola, riccamente ornata.
Accanto è posta la Chiesa di Santa Maria Maggiore (1170) con portale e lunetta dagli influssi orientali: al suo interno si evidenziano capitelli istoriati e affreschi bizantineggianti.
Nella zona più alta, non lontana dal santuario, è il Castello sul quale troneggia l'imponente torre dei Giganti (secolo XI).
Intorno a tali strutture è intessuto in centro urbano, di cui il rione Junno, con le sue abitazioni ad un piano, bianche, allineate a schiera lungo vivoli stretti e tortuosi, è la parte più antica e di particolare veduta architettonica all'estremità di questa zona, nell' antico convento francescano del XIV secolo, è allestito il "Museo delle Arti e Tradizioni Popolari del Gargano". Di questa terra Monte Sant'Angelo si pone come luogo e momento geograficamente e storicamente emblematico.
Recensione a firma del sig. Giuseppe Totaro sindaco di Monte Sant'Angelo nel 1996.
 
1998 - XXX° ANNIVERSARIO MORTE PADRE PIO.

Le Poste Italiane comunicano l'emissione, per il giorno 23 settembre 1998, di un francobollo commemorativo di Padre Pio da Pietrelcina, nel XXX° anniversario della morte.
La vignetta raffigura, in primo piano, Padre Pio e, sullo sfondo, la Chiesa del Convento dei Padri Cappuccini in San Giovanni Rotondo. Completano il francobollo la leggenda "PADRE PIO DA PIETRELCINA 1887 - 1968", la scritta "ITALIA" ed il valore "800".
Approfondimenti sono disponibili nelle pagine dedicate a Padre Pio.
 
2002 - CASA SOLLIEVI DELLA SOFFERENZA: CANONIZZAZIONE DI PADRE PIO.

La vignetta raffigura in primo piano a sinistra Padre Pio, canonizzato da Papa Giovanni Paolo II nella Basilica di San Pietro in Roma; a destra sono rappresentati, in alto la stilizzazione della grande Chiesa in costruzione in San Giovanni Rotondo progettata dall'architetto Renzo Piano e in basso la facciata dell'Ospedale fondato da Padre Pio che denominò "Casa Sollievo della Sofferenza" .
Completano il francobollo la leggenda "PADRE PIO SANTO", la scritta "ITALIA" ed il valore "€ 0,41".
Approfondimenti sono disponibili nelle pagine dedicate a Padre Pio.
 
2004 - TRANSUMANZA ATTRAVERSO IL TRATTURO MAGNO.
 

Il francobollo è dedicato alla Transumanza, la vignetta del francobollo raffigura una veduta panoramica di Castel del Monte, località abbruzzese e, in primo piano, un gregge al pascolo. Fuori del riquadro prosegue il disegno del francobollo che sfuma su una antica carta geografica dove è evidenziato il "TRATTURO MAGNO", il percorso della Transumanza da l'Aquila a Foggia.
L'iniziativa rappresenta una tradizione che continua nel tempo. Lo straordinario sviluppo dellla pastorizia fu determinato dallo sfruttamento dei pascoli montani abbruzzesi e delle erbose pianure del Tavoliere di Puglia. Strumento di questa utilizzazione integrata fu proprio la Transumanza: spostamento stagionale di uomini e greggi che, alla fine della primavera e all' inizio dell' autunno, percorrendo a piedi centinaia di chilometri si muovevano fra le due aree geografiche di pascolo.
Il tragitto dei transumanti avveniva lungo una rete regolamentata di larghe vie erbose: i tratturi.
Essi si snodavano dalle aree più interne dell' Abruzzo e precisamente dalla conca dell' Aquila, da Celano nella Marsica e da Pescasseroli nell' alta Val di Sangro, fino al Tavoliere delle Puglie nei dintorni di Candela e Foggia.
I Tratturi, di cui il Tratturo Magno era uno dei più importanti, largo come un fiume d' erba, seguivano itinerari fissati dall' uso nei millenni, sopratutto a partire dall' epoca romana, quando la pastorizia abruzzese assunse carattere transumante che ne consentì l' eccezionale sviluppo.
I pastori seguivano il gregge a piedi e, come marinai, passavano da una regione all' altra arricchendosi di esperienze, di incontri e di conoscenze.
Oggi la pastorizia con i suoi aspetti tradizionali non caratterizza più questi luoghi sostituita quasi completamente da altre forme di vita produttiva, ma in altri tempi essi si popolavano di centinaia e centinaia di animali.
Dedicare un francobollo ad una tradizione così importante per le Regioni Abruzzo e Puglia non fa altro che rafforzare alcuni tipi di culture che caratterizzavano la transumanza.
Essa approda così alla sua naturale dimensione di fenomeno socio-economico multiforme e complesso.
Si cita di seguito un passo dal libro "Civiltà della Transumanza" se la memoria poetica evoca il tratturo come magico strumento di comunione della pianura con la montagna e campo di alleanza primordiale dell' uomo con l'ardito appennino, oltre ogni suggestione della fantastica epopea pastorale la verde autostrada antica entra e resta saldamente nella storia umana e sociale caricandosi di valenze culturali e legando a sè gli snodi di una memorabile e lunga civiltà.
Recensione a firma dell' onorevole Giovanni Pace.
 
2004 - ISTITUTO VITTORIO EMANUELE III: SERIE ORDINARIA SCUOLE E UNIVERSITA'

Il francobollo raffigura un disegno dell' edificio visto dall'alto, sede dell'Istituto Tecnico Statale "Vittorio Emanuele III" in Lucera.
Lucera può definirsi culla di cultura e centro tradizionale di formazione, attraverso organi politici, religiosi, giuridici e ... scolastici.
Antico centro dauno con nome d'incerta e controversa origine. Situata su tre colline, circondata dai monti del Subappennino e del Gargano, Lucera ha origini antichissime. Infatti è incerta l’epoca in cui sorse, come è incerta l’etimologia del suo nome.
E' uno dei comuni più grandi per estensione territoriale, situato alla confluenza delle valli molisane e campane nel Tavoliere delle Puglie. Vi si trovano diversi monumenti, risalenti a svariate età storiche: l'Anfiteatro romano, la Fortezza svevo-angioino (Federico II), la Cattedrale del 1300 (edificata su una pre-esistente moschea per volere di Carlo II d'Angio), la chiesa di S. Francesco (oggi Santuario di San Francesco Antonio Fasani) coeva della cattedrale, la barocca Chiesa del Carmine, la Chiesa di San Domenico, la chiesa di santa Caterina e i due musei, uno storico e l'altro religioso.
Lo sviluppo economico-sociale del territorio lucerino passa attraverso la produzione e la trasformazione agro-alimentare e il settore turistico-storico-religioso.
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