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Legge 300 1970
Statuto dei lavoratori |
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LEGGE 20 maggio 1970, n.
300
Norme sulla tutela della
libertà e dignità dei
lavoratori, della libertà
sindacale e dell'attività
sindacale nei luoghi di
lavoro e norme sul
collocamento (G.U. 27
maggio 1970, n. 131).
Titolo I - Della libertà e dignità del lavoratore
ART. 1. - Libertà di
opinione.
ART. 2. - Guardie giurate.
ART. 3. - Personale di vigilanza.
ART. 4. - Impianti audiovisivi.
ART. 5. - Accertamenti sanitari.
ART. 6. - Visite personali di controllo.
ART. 7. - Sanzioni
disciplinari.
ART. 8. - Divieto di
indagini sulle opinioni.
ART. 9. - Tutela della salute e dell'integrità
fisica.
ART. 10. - Lavoratori studenti.
ART. 11. - Attività culturali, ricreative e
assistenziali.
ART. 12. - Istituti di patronato.
ART. 13. - Mansioni del lavoratore.
Titolo II - Della libertà sindacale
ART. 14. - Diritto di
associazione e di attività sindacale.
ART. 15. - Atti discriminatori.
ART. 16. - Trattamenti economici collettivi
discriminatori.
ART. 17. - Sindacati di comodo.
ART. 18. - Reintegrazione nel posto di
lavoro.
Titolo III - Dell'attività sindacale
ART. 19. - Costituzione delle rappresentanze
sindacali aziendali.
ART. 20. - Assemblea.
ART. 21. - Referendum.
ART. 22. - Trasferimento dei dirigenti delle
rappresentanze sindacali aziendali.
ART. 23. - Permessi retribuiti.
ART. 24. - Permessi non retribuiti.
ART. 25. - Diritto di
affissione.
ART. 26. - Contributi sindacali.
ART. 27. - Locali delle rappresentanze sindacali
aziendali.
Titolo IV - Disposizioni varie e generali
ART. 28. - Repressione della condotta
antisindacale.
ART. 29. - Fusione delle rappresentanze sindacali
aziendali.
ART. 30. - Permessi per i dirigenti provinciali e
nazionali.
ART. 31 - Aspettativa
dei lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive o a ricoprire cariche
sindacali provinciali e nazionali.
ART. 32. - Permessi ai
lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive
Titolo V - Norme sul collocamento
ART. 33. - Collocamento.
ART. 34. - Richieste
nominative di manodopera.
Titolo VI - Disposizioni finali e penali
ART. 35. - Campo di
applicazione.
ART. 36. - Obblighi dei titolari di benefici
accordati dallo Stato e degli appaltatori di opere
pubbliche.
ART. 37. - Applicazione ai dipendenti da enti
pubblici.
ART. 38. - Disposizioni penali.
ART. 39. - Versamento delle
ammende al Fondo adeguamento pensioni.
ART. 40.
- Abrogazione delle disposizioni contrastanti.
ART. 41 - Esenzioni fiscali.
IL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:
Titolo I
DELLA LIBERTA' E DIGNITA'
DEL LAVORATORE
Art. 1
(Libertà di opinione)
I lavoratori, senza
distinzione di opinioni
politiche, sindacali e di
fede religiosa, hanno
diritto nei luoghi dove
prestano la loro opera, di
manifestare liberamente il
proprio pensiero, nel
rispetto dei principi
della Costituzione e delle
norme della presente
legge.
Art. 2
(Guardie giurate)
Il datore di lavoro può
impiegare le guardie
particolari giurate, di
cui agli articoli 133 e
seguenti del testo unico
approvato con regio
decreto 18 giugno 1931, n.
773, soltanto per scopi di
tutela del patrimonio
aziendale.
Le guardie giurate non
possono contestare ai
lavoratori azioni o fatti
diversi da quelli che
attengono alla tutela del
patrimonio aziendale.
È fatto divieto al datore
di lavoro di adibire alla
vigilanza sull'attività
lavorativa le guardie di
cui al primo comma, le
quali non possono accedere
nei locali nei quali si
svolge tale attività,
durante lo svolgimento
della stessa, se non
eccezionalmente per
specifiche e motivate
esigenze attinenti ai
compiti di cui al primo
comma.
In caso di inosservanza da
parte di una guardia
particolare giurata delle
disposizioni di cui al
presente articolo,
l'Ispettorato del lavoro
ne promuove presso il
questore la sospensione
dal servizio, salvo il
provvedimento di revoca
della licenza da parte del
prefetto nei casi più
gravi.
Art. 3
(Personale di vigilanza)
I nominativi e le mansioni
specifiche del personale
addetto alla vigilanza
dell'attività lavorativa
debbono essere comunicati
ai lavoratori interessati.
Art. 4
(Impianti audiovisivi)
E' vietato l'uso di
impianti audiovisivi e di
altre apparecchiature per
finalità di controllo a
distanza dell'attività dei
lavoratori.
Gli impianti e le
apparecchiature di
controllo che siano
richiesti da esigenze
organizzative e produttive
ovvero dalla sicurezza del
lavoro, ma dai quali
derivi anche la
possibilità di controllo a
distanza dell'attività dei
lavoratori, possono essere
installati soltanto previo
accordo con le
Rappresentanze sindacali
aziendali, oppure, in
mancanza di queste, con la
Commissione interna. In
difetto di accordo, su
istanza del datore di
lavoro, provvede
l'Ispettorato del lavoro,
dettando, ove occorra, le
modalità per l'uso di tali
impianti.
Per gli impianti e le
apparecchiature esistenti,
che rispondano alle
caratteristiche di cui al
secondo comma del presente
articolo, in mancanza di
accordo con le
Rappresentanze sindacali
aziendali o con la
Commissione interna,
l'Ispettorato del lavoro
provvede entro un anno
dall'entrata in vigore
della presente legge,
dettando all'occorrenza le
prescrizioni per
l'adeguamento e le
modalità di uso degli
impianti suddetti.
Contro i provvedimenti
dell'Ispettorato del
lavoro, di cui ai
precedenti secondo e terzo
comma, il datore di
lavoro, le Rappresentanze
sindacali aziendali o, in
mancanza di queste, la
Commissione interna,
oppure i sindacati dei
lavoratori di cui al
successivo Art. 19 possono
ricorrere, entro 30 giorni
dalla comunicazione del
provvedimento, al Ministro
per il lavoro e la
previdenza sociale.
Art. 5
(Accertamenti sanitari)
Sono vietati accertamenti
da parte del datore di
lavoro sulla idoneità e
sulla infermità per
malattia o infortunio del
lavoratore dipendente.
Il controllo delle assenze
per infermità può essere
effettuato soltanto
attraverso i servizi
ispettivi degli istituti
previdenziali competenti,
i quali sono tenuti a
compierlo quando il datore
di lavoro lo richieda.
Il datore di lavoro ha la
facoltà di far controllare
l'idoneità fisica del
lavoratore da parte di
enti pubblici ed istituti
specializzati di diritto
pubblico.
Art. 6
(Visite personali di
controllo)
Le visite personali di
controllo sono vietate
fuorché nei casi in cui
siano indispensabili ai
fini della tutela del
patrimonio aziendale, in
relazione alla qualità
degli strumenti di lavoro,
o delle materie prime o
dei prodotti.
In tali casi le visite
personali potranno essere
effettuate soltanto a
condizione che siano
eseguite all'uscita dei
luoghi di lavoro, che
siano salvaguardate la
dignità e la riservatezza
del lavoratore e che
avvengano con
l'applicazione di sistemi
di selezione automatica
riferiti alla collettività
o a gruppi di lavoratori.
Le ipotesi nelle quali
possono essere disposte le
visite personali, nonché,
ferme restando le
condizioni di cui al
secondo comma del presente
articolo, le relative
modalità debbono essere
concordate dal datore di
lavoro con le
Rappresentanze sindacali
aziendali oppure, in
mancanza di queste, con la
Commissione interna. In
difetto di accordo, su
istanza del datore di
lavoro, provvede
l'Ispettorato del lavoro.
Contro i provvedimenti
dell'Ispettorato del
lavoro di cui al
precedente comma, il
datore di lavoro, le
Rappresentanze sindacali
aziendali o, in mancanza
di queste, la Commissione
interna, oppure i
sindacati dei lavoratori
di cui al successivo
articolo 19 possono
ricorrere, entro 30 giorni
dalla comunicazione del
provvedimento, al Ministro
per il lavoro e la
previdenza sociale.
Art. 7
(Sanzioni disciplinari)
Le norme disciplinari
relative alle sanzioni,
alle infrazioni in
relazione alle quali
ciascuna di esse può
essere applicata ed alle
procedure di contestazione
delle stesse, devono
essere portate a
conoscenza dei lavoratori
mediante affissione in
luogo accessibile a tutti.
Esse devono applicare
quanto in materia è
stabilito da accordi e
contratti di lavoro ove
esistano (1).
Il datore di lavoro non
può adottare alcun
provvedimento disciplinare
nei confronti del
lavoratore senza avergli
preventivamente contestato
l'addebito e senza averlo
sentito a sua difesa (1)
(2).
Il lavoratore potrà farsi
assistere da un
rappresentante
dell'associazione
sindacale cui aderisce o
conferisce mandato (1)
(2).
Fermo restando quanto
disposto dalla legge 15
luglio 1966, n. 604, non
possono essere disposte
sanzioni disciplinari che
comportano mutamenti
definitivi del rapporto di
lavoro; inoltre la multa
non può essere disposta
per un importo superiore a
quattro ore della
retribuzione di base e la
sospensione dal servizio e
dalla retribuzione per più
di dieci giorni.
In ogni caso, i
provvedimenti disciplinari
più gravi del rimprovero
verbale non possono essere
applicati prima che siano
trascorsi cinque giorni
dalla contestazione per
iscritto del fatto che vi
ha dato causa.
Salvo analoghe procedure
previste dai contratti
collettivi di lavoro e
ferma restando la facoltà
di adire l'autorità
giudiziaria, il lavoratore
al quale sia stata
applicata una sanzione
disciplinare può
promuovere, nei venti
giorni successivi, anche
per mezzo
dell'associazione alla
quale sia iscritto ovvero
conferisca mandato, la
costituzione, tramite
l'ufficio provinciale del
lavoro e della massima
occupazione, di un
collegio di conciliazione
e arbitrato, composto da
un rappresentante di
ciascuna delle parti e da
un terzo membro scelto di
comune accordo o, in
difetto di accordo,
nominato dal direttore
dell'ufficio del lavoro.
La sanzione disciplinare
resta sospesa fino alla
pronuncia da parte del
collegio.
Qualora il datore di
lavoro non provveda, entro
dieci giorni dall'invito
rivoltogli dall'ufficio
del lavoro, a nominare il
proprio rappresentante in
seno al collegio di cui al
comma precedente, la
sanzione disciplinare non
ha effetto. Se il datore
di lavoro adisce
l'autorità giudiziaria, la
sanzione disciplinare
resta sospesa fino alla
definizione del giudizio.
Non può tenersi conto ad
alcun effetto delle
sanzioni disciplinari
decorsi due anni dalla
loro applicazione.
----------
(1) Con sentenza n. 204
del 30 novembre 1982 la
Corte costituzionale ha
dichiarato l'illegittimità
costituzionale dei primi
tre commi del presente
articolo, interpretati nel
senso che siano
inapplicabili ai
licenziamenti
disciplinari, per i quali
detti commi non siano
espressamente richiamati
dalla normativa
legislativa, collettiva o
validamente posta dal
datore di lavoro.
(2) Con sentenza n. 427
del 25 luglio 1989 la
Corte costituzionale ha
dichiarato l'illegittimità
costituzionale del secondo
e terzo comma del presente
articolo, nella parte in
cui è esclusa la loro
applicabilità al
licenziamento per motivi
disciplinari irrogato da
imprenditore che abbia
meno di sedici dipendenti.
Art. 8
(Divieto di indagini sulle
opinioni)
E' fatto divieto al datore
di lavoro, ai fini
dell'assunzione, come nel
corso dello svolgimento
del rapporto di lavoro, di
effettuare indagini, anche
a mezzo di terzi, sulle
opinioni politiche,
religiose o sindacali del
lavoratore, nonché su
fatti non rilevanti ai
fini della valutazione
dell'attitudine
professionale del
lavoratore.
Art. 9
(Tutela della salute e
dell'integrità fisica)
I lavoratori, mediante
loro rappresentanze, hanno
diritto di controllare
l'applicazione delle norme
per la prevenzione degli
infortuni e delle malattie
professionali e di
promuovere la ricerca,
l'elaborazione e
l'attuazione di tutte le
misure idonee a tutelare
la loro salute e la loro
integrità fisica.
Art. 10
(Lavoratori studenti)
I lavoratori studenti,
iscritti e frequentanti
corsi regolari di studio
in scuole di istruzione
primaria, secondaria e di
qualificazione
professionale, statali,
pareggiate o legalmente
riconosciute o comunque
abilitate al rilascio di
titoli di studio legali,
hanno diritto a turni di
lavoro che agevolino la
frequenza ai corsi e la
preparazione agli esami e
non sono obbligati a
prestazioni di lavoro
straordinario durante i
riposi settimanali.
I lavoratori studenti,
compresi quelli
universitari, che devono
sostenere prove di esame,
hanno diritto a fruire di
permessi giornalieri
retribuiti.
Il datore di lavoro potrà
richiedere la produzione
delle certificazioni
necessarie all'esercizio
dei diritti di cui al
primo e secondo comma.
Art. 11
(Attività culturali,
ricreative ed
assistenziali e controlli
sul servizio di mensa)
Le attività culturali,
ricreative ed
assistenziali promosse
nell'azienda sono gestite
da organismi formati a
maggioranza dai
rappresentanti dei
lavoratori.
Le rappresentanze
sindacali aziendali,
costituite a norma
dell'articolo 19, hanno
diritto di controllare la
qualità del servizio di
mensa secondo modalità
stabilite dalla
contrattazione collettiva
(1).
----------
N.B.: Rubrica così
modificata dall'Art. 6,
comma 6, D.L. 11 luglio
1992, n. 333.
(1) Comma aggiunto dall'Art.
6, comma 7, D.L. 11 luglio
1992, n. 333.
Art. 12
(Istituti di patronato)
Gli istituti di patronato
e di assistenza sociale
riconosciuti dal Ministero
del lavoro e della
previdenza sociale, per
l'adempimento dei compiti
di cui al decreto
legislativo del Capo
provvisorio dello Stato 29
luglio 1947, n. 804, hanno
diritto di svolgere, su un
piano di parità, la loro
attività all'interno
dell'azienda, secondo le
modalità da stabilirsi con
accordi aziendali.
Art. 13
(Mansioni del lavoratore)
L'Art. 2103 del Codice
civile è sostituito dal
seguente:
"Il prestatore di lavoro
deve essere adibito alle
mansioni per le quali è
stato assunto o a quelle
corrispondenti alla
categoria superiore che
abbia successivamente
acquisito ovvero a
mansioni equivalenti alle
ultime effettivamente
svolte, senza alcuna
diminuzione della
retribuzione. Nel caso di
assegnazione a mansioni
superiori il prestatore ha
diritto al trattamento
corrispondente
all'attività svolta, e
l'assegnazione stessa
diviene definitiva, ove la
medesima non abbia avuto
luogo per sostituzione di
lavoratore assente con
diritto alla conservazione
del posto, dopo un periodo
fissato dai contratti
collettivi, e comunque non
superiore a tre mesi. Egli
non può essere trasferito
da una unità produttiva ad
un'altra se non per
comprovate ragioni
tecniche, organizzative e
produttive.
Ogni patto contrario è
nullo".
Titolo II
DELLA LIBERTA' SINDACALE
Art. 14
(Diritto di associazione e
di attività sindacale)
Il diritto di costituire
associazioni sindacali, di
aderirvi e di svolgere
attività sindacale, è
garantito a tutti i
lavoratori all'interno dei
luoghi di lavoro.
Art. 15
(Atti discriminatori)
È nullo qualsiasi patto od
atto diretto a:
a) subordinare
l'occupazione di un
lavoratore alla condizione
che aderisca o non
aderisca ad una
associazione sindacale
ovvero cessi di farne
parte;
b) licenziare un
lavoratore, discriminarlo
nella assegnazione di
qualifiche o mansioni, nei
trasferimenti, nei
provvedimenti
disciplinari, o recargli
altrimenti pregiudizio a
causa della sua
affiliazione o attività
sindacale ovvero della sua
partecipazione ad uno
sciopero.
Le disposizioni di cui al
comma precedente si
applicano altresì ai patti
o atti diretti a fini di
discriminazione politica,
religiosa, razziale, di
lingua o di sesso (1).
----------
(1) Comma così sostituito
dall'Art. 13, L. 9
dicembre 1977, n. 903.
torna ad inizio pagina
Art. 16
(Trattamenti economici
collettivi discriminatori)
E' vietata la concessione
di trattamenti economici
di maggior favore aventi
carattere discriminatorio
a mente dell'articolo 15.
Il pretore, su domanda dei
lavoratori nei cui
confronti è stata attuata
la discriminazione di cui
al comma precedente o
delle associazioni
sindacali alle quali
questi hanno dato mandato,
accertati i fatti,
condanna il datore di
lavoro al pagamento, a
favore del Fondo
adeguamento pensioni, di
una somma pari all'importo
dei trattamenti economici
di maggior favore
illegittimamente
corrisposti nel periodo
massimo di un anno.
Art. 17
(Sindacati di comodo)
E' fatto divieto ai datori
di lavoro e alle
associazioni di datori di
lavoro di costituire o
sostenere, con mezzi
finanziari o altrimenti,
associazioni sindacali di
lavoratori.
Art. 18
(Reintegrazione nel posto
di lavoro)
Ferma restando l'esperibilità
delle procedure previste
dall'articolo 7 della
legge 15 luglio 1966, n.
604, il giudice con la
sentenza con cui dichiara
inefficace il
licenziamento ai sensi
dell'articolo 2 della
predetta legge o annulla
il licenziamento intimato
senza giusta causa o
giustificato motivo,
ovvero ne dichiara la
nullità a norma della
legge stessa, ordina al
datore di lavoro,
imprenditore e non
imprenditore, che in
ciascuna sede,
stabilimento, filiale,
ufficio o reparto autonomo
nel quale ha avuto luogo
il licenziamento occupa
alle sue dipendenze più di
quindici prestatori di
lavoro o più di cinque se
trattasi di imprenditore
agricolo, di reintegrare
il lavoratore nel posto di
lavoro. Tali disposizioni
si applicano altresì ai
datori di lavoro,
imprenditori e non
imprenditori, che
nell'ambito dello stesso
comune occupano più di
quindici dipendenti ed
alle imprese agricole che
nel medesimo ambito
territoriale occupano più
di cinque dipendenti,
anche se ciascuna unità
produttiva, singolarmente
considerata, non raggiunge
tali limiti, e in ogni
caso al datore di lavoro,
imprenditore e non
imprenditore, che occupa
alle sue dipendenze più di
sessanta prestatori di
lavoro (1).
Ai fini del computo del
numero dei prestatori di
lavoro di cui al primo
comma si tiene conto anche
dei lavoratori assunti con
contratto di formazione e
lavoro, dei lavoratori
assunti con contratto a
tempo indeterminato
parziale per la quota di
orario effettivamente
svolto, tenendo conto, a
tale proposito, che il
computo delle unità
lavorative fa riferimento
all'orario previsto dalla
contrattazione collettiva
del settore. Non si
computano il coniuge ed i
parenti del datore di
lavoro entro il secondo
grado in linea diretta e
in linea collaterale (1).
Il computo dei limiti
occupazionali di cui al
secondo comma non incide
su norme o istituti che
prevedono agevolazioni
finanziarie o creditizie
(1).
Il giudice con la sentenza
di cui al primo comma
condanna il datore di
lavoro al risarcimento del
danno subito dal
lavoratore per il
licenziamento di cui sia
stata accertata
l'inefficacia o
l'invalidità stabilendo
un'indennità commisurata
alla retribuzione globale
di fatto dal giorno del
licenziamento sino a
quello dell'effettiva
reintegrazione e al
versamento dei contributi
assistenziali e
previdenziali dal momento
del licenziamento al
momento dell'effettiva
reintegrazione; in ogni
caso la misura del
risarcimento non potrà
essere inferiore a cinque
mensilità di retribuzione
globale di fatto (1).
Fermo restando il diritto
al risarcimento del danno
così come previsto al
quarto comma, al
prestatore di lavoro è
data la facoltà di
chiedere al datore di
lavoro in sostituzione
della reintegrazione nel
posto di lavoro,
un'indennità pari a
quindici mensilità di
retribuzione globale di
fatto. Qualora il
lavoratore entro trenta
giorni dal ricevimento
dell'invito del datore di
lavoro non abbia ripreso
servizio, né abbia
richiesto entro trenta
giorni dalla comunicazione
del deposito della
sentenza il pagamento
dell'indennità di cui al
presente comma, il
rapporto di lavoro si
intende risolto allo
spirare dei termini
predetti (1).
La sentenza pronunciata
nel giudizio di cui al
primo comma è
provvisoriamente
esecutiva.
Nell'ipotesi di
licenziamento dei
lavoratori di cui
all'articolo 22, su
istanza congiunta del
lavoratore e del sindacato
cui questi aderisce o
conferisca mandato, il
giudice, in ogni stato e
grado del giudizio di
merito, può disporre con
ordinanza, quando ritenga
irrilevanti o
insufficienti gli elementi
di prova forniti dal
datore di lavoro, la
reintegrazione del
lavoratore nel posto di
lavoro.
L'ordinanza di cui al
comma precedente può
essere impugnata con
reclamo immediato al
giudice medesimo che l'ha
pronunciata. Si applicano
le disposizioni
dell'articolo 178, terzo,
quarto, quinto e sesto
comma del Codice di
procedura civile.
L'ordinanza può essere
revocata con la sentenza
che decide la causa.
Nell'ipotesi di
licenziamento dei
lavoratori di cui
all'articolo 22, il datore
di lavoro che non
ottempera alla sentenza di
cui al primo comma ovvero
all'ordinanza di cui al
quarto comma, non
impugnata o confermata dal
giudice che l'ha
pronunciata, è tenuto
anche, per ogni giorno di
ritardo, al pagamento a
favore del Fondo
adeguamento pensioni di
una somma pari all'importo
della retribuzione dovuta
al lavoratore.
----------
(1) Gli attuali primi 5
commi così sostituiscono
gli originari primi 2
commi per effetto dell'Art.
1, L. 11 maggio 1990, n.
108.
Titolo III
DELL'ATTIVITA' SINDACALE
Art. 19
(Costituzione delle
Rappresentanze sindacali
aziendali)
Rappresentanze sindacali
aziendali possono essere
costituite ad iniziativa
dei lavoratori in ogni
unità produttiva,
nell'ambito:
a) delle associazioni
aderenti alle
confederazioni
maggiormente
rappresentative sul piano
nazionale (1);
b) delle associazioni
sindacali, non affiliate
alle predette
confederazioni, che siano
firmatarie di contratti
collettivi nazionali o
provinciali di lavoro
applicati nell'unità
produttiva (2).
Nell'ambito delle aziende
con più unità produttive
le rappresentanze
sindacali possono
istituire organi di
coordinamento.
----------
(1) Lettera abrogata dall'Art.
1, DPR 28 luglio 1995, n.
312, a decorrere dal 28
settembre 1995.
(2) L'Art. 1, DPR 28
luglio 1995, n. 312, ha
abrogato la presente
lettera limitatamente alle
parole "non affiliate alle
predette confederazioni" e
alle parole "nazionali o
provinciali", a decorrere
dal 28 settembre 1995.
Art. 20
(Assemblea)
I lavoratori hanno diritto
di riunirsi, nell'unità
produttiva in cui prestano
la loro opera, fuori
dell'orario di lavoro,
nonché durante l'orario di
lavoro, nei limiti di
dieci ore annue, per le
quali verrà corrisposta la
normale retribuzione.
Migliori condizioni
possono essere stabilite
dalla contrattazione
collettiva.
Le riunioni - che possono
riguardare la generalità
dei lavoratori o gruppi di
essi - sono indette,
singolarmente o
congiuntamente, dalle
Rappresentanze sindacali
aziendali nell'unità
produttiva, con ordine del
giorno su materie di
interesse sindacale e del
lavoro e secondo l'ordine
di precedenza delle
convocazioni, comunicate
al datore di lavoro.
Alle riunioni possono
partecipare, previo
preavviso al datore di
lavoro, dirigenti esterni
del sindacato che ha
costituito la
Rappresentanza sindacale
aziendale.
Ulteriori modalità per
l'esercizio del diritto di
assemblea possono essere
stabilite dai contratti
collettivi di lavoro,
anche aziendali.
Art. 21
(Referendum)
Il datore di lavoro deve
consentire nell'ambito
aziendale lo svolgimento,
fuori dell'orario di
lavoro, di referendum sia
generali che per
categoria, su materie
inerenti all'attività
sindacale, indetti da
tutte le Rappresentanze
sindacali aziendali tra i
lavoratori, con diritto di
partecipazione di tutti i
lavoratori appartenenti
all'unità produttiva e
alla categoria
particolarmente
interessata.
Ulteriori modalità per lo
svolgimento del referendum
possono essere stabilite
dai contratti collettivi
di lavoro anche aziendali.
Art. 22
(Trasferimento dei
dirigenti delle
Rappresentanze sindacali
aziendali)
Il trasferimento
dall'unità produttiva dei
dirigenti delle
Rappresentanze sindacali
aziendali di cui al
precedente articolo 19,
dei candidati e dei membri
di Commissione interna può
essere disposto solo
previo nulla osta delle
associazioni sindacali di
appartenenza.
Le disposizioni di cui al
comma precedente ed ai
commi quarto, quinto,
sesto e settimo
dell'articolo 18 si
applicano sino alla fine
del terzo mese successivo
a quello in cui è stata
eletta la Commissione
interna per i candidati
nelle elezioni della
Commissione stessa e sino
alla fine dell'anno
successivo a quello in cui
è cessato l'incarico per
tutti gli altri.
torna ad inizio pagina
Art. 23
(Permessi retribuiti)
I dirigenti delle
Rappresentanze sindacali
aziendali di cui
all'articolo 19 hanno
diritto, per
l'espletamento del loro
mandato, a permessi
retribuiti.
Salvo clausole più
favorevoli dei contratti
collettivi di lavoro hanno
diritto ai permessi di cui
al primo comma almeno:
a) un dirigente per
ciascuna Rappresentanza
sindacale aziendale nelle
unità produttive che
occupano fino a 200
dipendenti della categoria
per cui la stessa è
organizzata;
b) un dirigente ogni 300 o
frazione di 300 dipendenti
per ciascuna
Rappresentanza sindacale
aziendale nelle unità
produttive che occupano
fino a 3.000 dipendenti
della categoria per cui la
stessa è organizzata;
c) un dirigente ogni 500 o
frazione di 500 dipendenti
della categoria per cui è
organizzata la
Rappresentanza sindacale
aziendale nelle unità
produttive di maggiori
dimensioni, in aggiunta al
numero di cui alla
precedente lettera b).
I permessi retribuiti di
cui al presente articolo
non potranno essere
inferiori a otto ore
mensili nelle aziende di
cui alle lettere b) e c)
del comma precedente;
nelle aziende di cui alla
lettera a) i permessi
retribuiti non potranno
essere inferiori ad un'ora
all'anno per ciascun
dipendente.
Il lavoratore che intende
esercitare il diritto di
cui al primo comma deve
darne comunicazione
scritta al datore di
lavoro di regola 24 ore
prima, tramite le
Rappresentanze sindacali
aziendali.
Art. 24
(Permessi non retribuiti)
I dirigenti sindacali
aziendali di cui
all'articolo 23 hanno
diritto a permessi non
retribuiti per la
partecipazione a
trattative sindacali o a
congressi e convegni di
natura sindacale, in
misura non inferiore a
otto giorni all'anno.
I lavoratori che intendano
esercitare il diritto di
cui al comma precedente
devono darne comunicazione
scritta al datore di
lavoro di regola tre
giorni prima, tramite le
Rappresentanze sindacali
aziendali.
Art. 25
(Diritto di affissione)
Le Rappresentanze
sindacali aziendali hanno
diritto di affiggere, su
appositi spazi, che il
datore di lavoro ha
l'obbligo di predisporre
in luoghi accessibili a
tutti i lavoratori
all'interno dell'unità
produttiva, pubblicazioni,
testi e comunicati
inerenti a materie di
interesse sindacale e del
lavoro.
Art. 26
(Contributi sindacali)
I lavoratori hanno diritto
di raccogliere contributi
e di svolgere opera di
proselitismo per le loro
organizzazioni sindacali
all'interno dei luoghi di
lavoro, senza pregiudizio
del normale svolgimento
dell'attività aziendale.
Le associazioni sindacali
dei lavoratori hanno
diritto di percepire,
tramite ritenuta sul
salario nonché sulle
prestazioni erogate per
conto degli enti
previdenziali, i
contributi sindacali che i
lavoratori intendono loro
versare, con modalità
stabilite dai contratti
collettivi di lavoro, che
garantiscono la segretezza
del versamento effettuato
dal lavoratore a ciascuna
associazione sindacale
(1).
Nelle aziende nelle quali
il rapporto di lavoro non
è regolato da contratti
collettivi, il lavoratore
ha diritto di chiedere il
versamento del contributo
sindacale all'associazione
da lui indicata (2).
----------
(1) Comma sostituito dall'Art.
18, comma 2, L. 23 luglio
1991, n. 223 e
successivamente abrogato
dall'Art. 1, DPR 28 luglio
1995, n. 313, a decorrere
dal 28 settembre 1995.
(2) Comma abrogato dall'Art.
1, DPR 28 luglio 1995, n.
313, a decorrere dal 28
settembre 1995.
Art. 27
(Locali delle
Rappresentanze sindacali
aziendali)
Il datore di lavoro nelle
unità produttive con
almeno 200 dipendenti pone
permanentemente a
disposizione delle
Rappresentanze sindacali
aziendali, per l'esercizio
delle loro funzioni, un
idoneo locale comune
all'interno dell'unità
produttiva o nelle
immediate vicinanze di
essa.
Nelle unità produttive con
un numero inferiore di
dipendenti le
Rappresentanze sindacali
aziendali hanno diritto di
usufruire, ove ne facciano
richiesta, di un locale
idoneo per le loro
riunioni.
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Titolo IV
DISPOSIZIONI VARIE E
GENERALI
Art. 28
(Repressione della
condotta antisindacale)
Qualora il datore di
lavoro ponga in essere
comportamenti diretti ad
impedire o limitare
l'esercizio della libertà
e della attività sindacale
nonché del diritto di
sciopero, su ricorso degli
organismi locali delle
associazioni sindacali
nazionali che vi abbiano
interesse, il pretore del
luogo ove è posto in
essere il comportamento
denunziato, nei due giorni
successivi, convocate le
parti ed assunte sommarie
informazioni, qualora
ritenga sussistente la
violazione di cui al
presente comma, ordina al
datore di lavoro, con
decreto motivato ed
immediatamente esecutivo,
la cessazione del
comportamento illegittimo
e la rimozione degli
effetti.
L'efficacia esecutiva del
decreto non può essere
revocata fino alla
sentenza con cui il
pretore in funzione di
giudice del lavoro
definisce il giudizio
instaurato a norma del
comma successivo (1).
Contro il decreto che
decide sul ricorso è
ammessa, entro 15 giorni
dalla comunicazione del
decreto alle parti,
opposizione davanti al
pretore in funzione di
giudice del lavoro che
decide con sentenza
immediatamente esecutiva.
Si osservano le
disposizioni degli
articoli 413 e seguenti
del Codice di procedura
civile (2).
Il datore di lavoro che
non ottempera al decreto,
di cui al primo comma, o
alla sentenza pronunciata
nel giudizio di
opposizione è punito ai
sensi dell'articolo 650
del Codice penale.
L'autorità giudiziaria
ordina la pubblicazione
della sentenza penale di
condanna nei modi
stabiliti dall'articolo 36
del Codice penale.
Se il comportamento di cui
al primo comma è posto in
essere da una
amministrazione statale o
da un altro ente pubblico
non economico, l'azione è
proposta con ricorso
davanti al pretore
competente per territorio
(3).
Qualora il comportamento
antisindacale sia lesivo
anche di situazioni
soggettive inerenti al
rapporto di impiego, le
organizzazioni sindacali
di cui al primo comma, ove
intendano ottenere anche
la rimozione dei
provvedimenti lesivi delle
predette situazioni,
propongono il ricorso
davanti al tribunale
amministrativo regionale
competente per territorio,
che provvede in via di
urgenza con le modalità di
cui al primo comma. Contro
il decreto che decide sul
ricorso è ammessa, entro
quindici giorni dalla
comunicazione del decreto
alle parti, opposizione
davanti allo stesso
tribunale, che decide con
sentenza immediatamente
esecutiva (3).
----------
(1) Comma così sostituito
dall'Art. 2, L. 8 novembre
1977, n. 847.
(2) Comma così sostituito
dall'Art. 3, L. 8 novembre
1977, n. 847.
(3) Comma aggiunto dall'Art.
6, comma 1, L. 12 giugno
1990, n. 146.
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Art. 29
(Fusione delle
Rappresentanze sindacali
aziendali)
Quando le Rappresentanze
sindacali aziendali di cui
all'articolo 19 si siano
costituite nell'ambito di
due o più delle
associazioni di cui alle
lettere a) e b) del primo
comma dell'articolo
predetto, nonché nella
ipotesi di fusione di più
Rappresentanze sindacali,
i limiti numerici
stabiliti dall'articolo
23, secondo comma, si
intendono riferiti a
ciascuna delle
associazioni sindacali
unitariamente
rappresentate nella unità
produttiva.
Quando la formazione di
Rappresentanze sindacali
unitarie consegua alla
fusione delle associazioni
di cui alle lettere a) e
b) del primo comma
dell'articolo 19, i limiti
numerici della tutela
accordata ai dirigenti di
Rappresentanze sindacali
aziendali, stabiliti in
applicazione dell'articolo
23, secondo comma, ovvero
del primo comma del
presente articolo restano
immutati.
Art. 30
(Permessi per i dirigenti
provinciali e nazionali)
I componenti degli organi
direttivi, provinciali e
nazionali, delle
associazioni di cui
all'articolo 19 hanno
diritto a permessi
retribuiti, secondo le
norme dei contratti di
lavoro, per la
partecipazione alle
riunioni degli organi
suddetti.
Art. 31
(Aspettativa dei
lavoratori chiamati a
funzioni pubbliche
elettive o a ricoprire
cariche sindacali
provinciali e nazionali)
I lavoratori che siano
eletti membri del
Parlamento nazionale o del
Parlamento europeo o di
assemblee regionali ovvero
siano chiamati ad altre
funzioni pubbliche
elettive possono, a
richiesta, essere
collocati in aspettativa
non retribuita, per tutta
la durata del loro mandato
(1).
La medesima disposizione
si applica ai lavoratori
chiamati a ricoprire
cariche sindacali
provinciali e nazionali.
I periodi di aspettativa
di cui ai precedenti commi
sono considerati utili a
richiesta
dell'interessato, ai fini
del riconoscimento del
diritto e della
determinazione della
misura della pensione a
carico della assicurazione
generale obbligatoria di
cui al regio decreto legge
4 ottobre 1935, n. 1827, e
successive modifiche ed
integrazioni, nonché a
carico di enti, fondi,
casse e gestioni per forme
obbligatorie di previdenza
sostitutive
dell'assicurazione
predetta, o che ne
comportino comunque
l'esonero.
Durante i periodi di
aspettativa l'interessato,
in caso di malattia,
conserva il diritto alle
prestazioni a carico dei
competenti enti preposti
alla erogazione delle
prestazioni medesime.
Le disposizioni di cui al
terzo e al quarto comma
non si applicano qualora a
favore dei lavoratori
siano previste forme
previdenziali per il
trattamento di pensione e
per malattia, in relazione
all'attività espletata
durante il periodo di
aspettativa (2).
----------
N.B.: L'Art. 22, comma 39,
L. 23 dicembre 1994, n.
724, ha interpretato la
normativa prevista dal
presente articolo nel
senso della sua
applicabilità ai
dipendenti pubblici eletti
nel Parlamento nazionale,
nel Parlamento europeo e
nei consigli regionali.
(1) Comma così sostituito
dall'Art. 2, L. 13 agosto
1979, n. 384.
(2) Comma interpretato
autenticamente dalla L. 9
maggio 1977, n. 210.
Art. 32
(Permessi ai lavoratori
chiamati a funzioni
pubbliche elettive)
I lavoratori eletti alla
carica di consigliere
comunale o provinciale che
non chiedano di essere
collocati in aspettativa
sono, a loro richiesta,
autorizzati ad assentarsi
dal servizio per il tempo
strettamente necessario
all'espletamento del
mandato, senza alcuna
decurtazione della
retribuzione.
I lavoratori eletti alla
carica di sindaco o di
assessore comunale, ovvero
di presidente di giunta
provinciale o di assessore
provinciale, hanno diritto
anche a permessi non
retribuiti per un minimo
di trenta ore mensili.
----------
N.B.: Le disposizioni di
questo articolo sono state
sostituite dalle
disposizioni contenute
nella L. 27 dicembre 1985,
n. 816, limitatamente "a
quanto espressamente
disciplinato" nella legge
stessa (cfr. Art. 28, L.
n. 816/1985).
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Titolo V
NORME SUL COLLOCAMENTO
Art. 33
(Collocamento)
La commissione per il
collocamento, di cui all'Art.
26 della legge 29 aprile
1949, n. 264, è costituita
obbligatoriamente presso
le sezioni zonali,
comunali e frazionali
degli Uffici provinciali
del lavoro e della massima
occupazione, quando ne
facciano richiesta le
organizzazioni sindacali
dei lavoratori più
rappresentative.
Alla nomina della
commissione provvede il
direttore dell'Ufficio
provinciale del lavoro e
della massima occupazione,
il quale, nel richiedere
la designazione dei
rappresentanti dei
lavoratori e dei datori di
lavoro, tiene conto del
grado di rappresentatività
delle organizzazioni
sindacali e assegna loro
un termine di 15 giorni,
decorso il quale provvede
d'ufficio.
La commissione è
presieduta dal dirigente
della sezione zonale,
comunale, frazionale,
ovvero da un suo delegato,
e delibera a maggioranza
dei presenti. In caso di
parità prevale il voto del
presidente.
La commissione ha il
compito di stabilire e di
aggiornare periodicamente
la graduatoria delle
precedenze per
l'avviamento al lavoro,
secondo i criteri di cui
al quarto comma
dell'articolo 15 della
legge 29 aprile 1949, n.
264.
Salvo il caso nel quale
sia ammessa la richiesta
nominativa, la sezione di
collocamento, nella scelta
del lavoratore da avviare
al lavoro, deve
uniformarsi alla
graduatoria di cui al
comma precedente, che deve
essere esposta al pubblico
presso la sezione medesima
e deve essere aggiornata
ad ogni chiusura
dell'ufficio con
l'indicazione degli
avviati.
Devono altresì essere
esposte al pubblico le
richieste numeriche che
pervengono dalle ditte.
La commissione ha anche il
compito di rilasciare il
nulla osta per
l'avviamento al lavoro ad
accoglimento di richieste
nominative o di quelle di
ogni altro tipo che siano
disposte dalle leggi o dai
contratti di lavoro. Nei
casi di motivata urgenza,
l'avviamento è
provvisoriamente
autorizzato dalla sezione
di collocamento e deve
essere convalidato dalla
commissione di cui al
primo comma del presente
articolo entro dieci
giorni. Dei dinieghi di
avviamento al lavoro per
richiesta nominativa deve
essere data motivazione
scritta su apposito
verbale in duplice copia,
una da tenere presso la
sezione di collocamento e
l'altra presso il
direttore dell'Ufficio
provinciale del lavoro.
Tale motivazione scritta
deve essere immediatamente
trasmessa al datore di
lavoro richiedente.
Nel caso in cui la
commissione neghi la
convalida ovvero non si
pronunci entro venti
giorni dalla data della
comunicazione di
avviamento, gli
interessati possono
inoltrare ricorso al
direttore dell'Ufficio
provinciale del lavoro, il
quale decide in via
definitiva, su conforme
parere della commissione
di cui all'articolo 25
della legge 29 aprile
1949, n. 264.
I turni di lavoro di cui
all'articolo 16 della
legge 29 aprile 1949, n.
264, sono stabiliti dalla
commissione e in nessun
caso possono essere
modificati dalla sezione.
Il direttore dell'Ufficio
provinciale del lavoro
annulla d'ufficio i
provvedimenti di
avviamento e di diniego di
avviamento al lavoro in
contrasto con le
disposizioni di legge.
Contro le decisioni del
direttore dell'Ufficio
provinciale del lavoro è
ammesso ricorso al
Ministro per il lavoro e
la previdenza sociale.
Per il passaggio del
lavoratore dall'azienda
nella quale è occupato ad
un'altra occorre il nulla
osta della sezione di
collocamento competente.
Ai datori di lavoro che
non assumono i lavoratori
per il tramite degli
uffici di collocamento,
sono applicate le sanzioni
previste dall'articolo 38
della presente legge.
Le norme contenute nella
legge 29 aprile 1949 n.
264, rimangono in vigore
in quanto non modificate
dalla presente legge.
Art. 34
(Richieste nominative di
manodopera)
A decorrere dal
novantesimo giorno
dall'entrata in vigore
della presente legge, le
richieste nominative di
manodopera da avviare al
lavoro sono ammesse
esclusivamente per i
componenti del nucleo
familiare del datore di
lavoro, per i lavoratori
di concetto e per gli
appartenenti a ristrette
categorie di lavoratori
altamente specializzati,
da stabilirsi con decreto
del Ministro per il lavoro
e la previdenza sociale,
sentita la commissione
centrale di cui alla legge
29 aprile 1949, n. 264.
Titolo VI
DISPOSIZIONI FINALI E
PENALI
Art. 35
(Campo di applicazione)
Per le imprese industriali
e commerciali, le
disposizioni [dell'Art. 18
e] (1) del titolo III, ad
eccezione del primo comma
dell'articolo 27, della
presente legge si
applicano a ciascuna sede,
stabilimento, filiale,
ufficio o reparto autonomo
che occupa più di quindici
dipendenti. Le stesse
disposizioni si applicano
alle imprese agricole che
occupano più di cinque
dipendenti.
Le norme suddette si
applicano, altresì, alle
imprese industriali e
commerciali che
nell'ambito dello stesso
comune occupano più di
quindici dipendenti ed
alle imprese agricole che
nel medesimo ambito
territoriale occupano più
di cinque dipendenti anche
se ciascuna unità
produttiva, singolarmente
considerata, non raggiunge
tali limiti.
Ferme restando le norme di
cui agli articoli 1, 8, 9,
14, 15, 16 e 17, i
contratti collettivi di
lavoro provvedono ad
applicare i principi di
cui alla presente legge
alle imprese di
navigazione per il
personale navigante (2).
----------
(1) Parole soppresse dall'Art.
6, L. 11 maggio 1990, n.
108.
(2) La Corte
costituzionale ha
dichiarato:
a) l'illegittimità
costituzionale parziale
del presente comma, nella
parte in cui non prevede
la diretta applicabilità
al predetto personale
anche dell'Art. 18 della
stessa legge (sent. 3
aprile 1987, n. 96);
b) l'illegittimità
costituzionale del
presente comma, nella
parte in cui non prevede
la diretta applicabilità
al predetto personale
anche dell'Art. 18 della
stessa legge, come
modificato dall'Art. 1
della legge 11 maggio
1990, n. 108 - "Disciplina
dei licenziamenti
individuali" (sent. 31
gennaio 1991, n. 41);
c) l'illegittimità
costituzionale del
presente comma, nella
parte in cui non prevede
la diretta applicabilità
al predetto personale dei
commi 1, 2 e 3 dell'Art. 7
della medesima legge (sent.
23 luglio 1991, n. 364).
Art. 36
(Obblighi dei titolari di
benefici accordati dallo
Stato e degli appaltatori
di opere pubbliche)
Nei provvedimenti di
concessione di benefici
accordati ai sensi delle
vigenti leggi dallo Stato
a favore di imprenditori
che esercitano
professionalmente
un'attività economica
organizzata e nei
capitolati di appalto
attinenti all'esecuzione
di opere pubbliche, deve
essere inserita la
clausola esplicita
determinante l'obbligo per
il beneficiario o
appaltatore di applicare o
di far applicare nei
confronti dei lavoratori
dipendenti condizioni non
inferiori a quelle
risultanti dai contratti
collettivi di lavoro della
categoria e della zona.
Tale obbligo deve essere
osservato sia nella fase
di realizzazione degli
impianti o delle opere che
in quella successiva, per
tutto il tempo in cui
l'imprenditore beneficia
delle agevolazioni
finanziarie e creditizie
concesse dallo Stato ai
sensi delle vigenti
disposizioni di legge.
Ogni infrazione al
suddetto obbligo che sia
accertata dall'Ispettorato
del lavoro viene
comunicata immediatamente
ai Ministri nella cui
amministrazione sia stata
disposta la concessione
del beneficio o
dell'appalto. Questi
adotteranno le opportune
determinazioni, fino alla
revoca del beneficio, e
nei casi più gravi o nel
caso di recidiva potranno
decidere l'esclusione del
responsabile, per un tempo
fino a cinque anni, da
qualsiasi ulteriore
concessione di
agevolazioni finanziarie o
creditizie ovvero da
qualsiasi appalto.
Le disposizioni di cui ai
commi precedenti si
applicano anche quando si
tratti di agevolazioni
finanziarie o creditizie
ovvero di appalti concessi
da enti pubblici, ai quali
l'Ispettorato del lavoro
comunica direttamente le
infrazioni per l'adozione
delle sanzioni.
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Art. 37
(Applicazione ai
dipendenti da enti
pubblici)
Le disposizioni della
presente legge si
applicano anche ai
rapporti di lavoro e di
impiego dei dipendenti da
enti pubblici che svolgono
esclusivamente o
prevalentemente attività
economica. Le disposizioni
della presente legge si
applicano altresì ai
rapporti di impiego dei
dipendenti dagli enti
pubblici, salvo che la
materia sia diversamente
regolata da norme
speciali.
Art. 38
(Disposizioni penali)
Le violazioni degli
articoli 2, 4, 5, 6, 8 e
15, primo comma, lettera
a), sono punite, salvo che
il fatto non costituisca
più grave reato, con
l'ammenda da lire 300.000
(1) a lire 3.000.000 (1) o
con l'arresto da 15 giorni
ad un anno.
Nei casi più gravi le pene
dell'arresto e
dell'ammenda sono
applicate congiuntamente.
Quando, per le condizioni
economiche del reo,
l'ammenda stabilita nel
primo comma può presumersi
inefficace anche se
applicata nel massimo, il
giudice ha facoltà di
aumentarla fino al
quintuplo.
Nei casi previsti dal
secondo comma, l'autorità
giudiziaria ordina la
pubblicazione della
sentenza penale di
condanna nei modi
stabiliti dall'articolo 36
del Codice penale.
----------
(1) Importo così elevato a
norma dell'Art. 113, L. 24
novembre 1981, n. 689.
Art. 39
(Versamento delle ammende
al Fondo adeguamento
pensioni)
L'importo delle ammende è
versato al Fondo
adeguamento pensioni dei
lavoratori.
Art. 40
(Abrogazione delle
disposizioni contrastanti)
Ogni disposizione in
contrasto con le norme
contenute nella presente
legge è abrogata.
Restano salve le
condizioni dei contratti
collettivi e degli accordi
sindacali più favorevoli
ai lavoratori.
Art. 41
(Esenzioni fiscali)
Tutti gli atti e documenti
necessari per l'attuazione
della presente legge e per
l'esercizio dei diritti
connessi, nonché tutti gli
atti e documenti relativi
ai giudizi nascenti dalla
sua applicazione sono
esenti da bollo, imposte
di registro o di qualsiasi
altra specie e da tasse.
|
|
Legge n°300 del 20 Mag 1970
Statuto dei Lavoratori
Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento
TITOLO I - Della libertà e dignità del lavoratore
Art. 1 (Libertà di
opinione) Art. 2. (Guardie
giurate) Art. 3. (Personale di
vigilanza) Art. 4. (Impianti
audiovisivi) Art. 5. (Accertamenti
sanitari) Art. 6. (Visite
personali di controllo)
Art. 7. (Sanzioni
disciplinari) Art. 8. (Divieto di
indagini sulle opinioni)
Art. 9. (Tutela della
salute e dell'integrità fisica)
Art. 10. (Lavoratori
studenti) Art. 11. (Attività
culturali, ricreative e assistenziali e controlli sul servizio di mensa)
Art. 12. (Istituti di
patronato) Art. 13. (Mansioni del
lavoratore)
TITOLO II - Della libertà sindacale
Art. 14. (Diritto di
associazione e di attività sindacale)
Art. 15. (Atti
discriminatori) Art. 16. (Trattamenti
economici collettivi discriminatori)
Art. 17. (Sindacati di
comodo) Art. 18.
(Reintegrazione nel posto di lavoro)
TITOLO III - Dell'attività sindacale
Art. 19. (Costituzione
delle rappresentanze sindacali aziendali)
Art. 20. (Assemblea)
Art. 21. (Referendum)
Art. 22. (Trasferimento
dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali)
Art. 23. (Permessi
retribuiti) Art. 24. (Permessi non
retribuiti) Art. 25. (Diritto di
affissione) Art. 26. (Contributi
sindacali) Art. 27. (Locali delle
rappresentanze sindacali aziendali)
TITOLO IV - Disposizioni varie e generali
Art. 28. (Repressione
della condotta antisindacale)
Art. 29. (Fusione delle
rappresentanze sindacali aziendali)
Art. 30. (Permessi per
i dirigenti provinciali e nazionali)
Art. 31. (Aspettativa
dei lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive o a ricoprire cariche
sindacali provinciali e nazionali)
Art. 32. (Permessi ai
lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive)
TITOLO V - Norme sul collocamento
Art. 33. (Collocamento)
Art. 34. (Richieste
nominative di manodopera)
TITOLO VI - Disposizioni finali e penali
Art. 35. (Campo di
applicazione) Art. 36. (Obblighi dei
titolari di benefici accordati dallo Stato e degli appaltatori di opere
pubbliche) Art. 37. (Applicazione
ai dipendenti da enti pubblici)
Art. 38. (Disposizioni
penali) Art. 39. (Versamento
delle ammende al Fondo adeguamento pensioni)
Art. 40. (Abrogazione
delle disposizioni contrastanti)
Art. 41.
(Esenzioni fiscali)
TITOLO I - Della libertà e dignità del lavoratore
Art. 1 (Libertà di opinione)
I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche,
sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro
opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi
della Costituzione e delle norme della presente legge.
Art. 2. (Guardie giurate)
Il datore di lavoro può impiegare le guardie particolari
giurate, di cui agli articoli 133 e seguenti del testo unico approvato con regio
decreto 18 giugno 1931, numero 773, soltanto per scopi di tutela del patrimonio
aziendale.
Le guardie giurate non possono contestare ai lavoratori
azioni o fatti diversi da quelli che attengono alla tutela del patrimonio
aziendale.
E' fatto divieto al datore di lavoro di adibire alla
vigilanza sull'attività lavorativa le guardie di cui al primo comma, le quali
non possono accedere nei locali dove si svolge tale attività, durante lo
svolgimento della stessa, se non eccezionalmente per specifiche e motivate
esigenze attinenti ai compiti di cui al primo comma.
In caso di inosservanza da parte di una guardia particolare
giurata delle disposizioni di cui al presente articolo, l'Ispettorato del lavoro
ne promuove presso il questore la sospensione dal servizio, salvo il
provvedimento di revoca della licenza da parte del prefetto nei casi più gravi.
Art. 3. (Personale di vigilanza)
I nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto
alla vigilanza dell'attività lavorativa debbono essere comunicati ai lavoratori
interessati.
Art. 4. (Impianti audiovisivi)
E' vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre
apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei
lavoratori.
Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano
richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del
lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza
dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo
con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la
commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro,
provvede l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso
di tali impianti.
Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che
rispondano alle caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo,
in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la
commissione interna, l'Ispettorato del lavoro provvede entro un anno
dall'entrata in vigore della presente legge, dettando all'occorrenza le
prescrizioni per l'adeguamento e le modalità di uso degli impianti suddetti.
Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro, di cui ai
precedenti secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le rappresentanze
sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i
sindacati dei lavoratori di cui al successivo art. 19 possono ricorrere, entro
30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la
previdenza sociale.
Art. 5. (Accertamenti sanitari)
Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla
idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore
dipendente.
Il controllo delle assenze per infermità può essere
effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali
competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo
richieda.
Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la
idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti
specializzati di diritto pubblico.
Art. 6. (Visite personali di controllo)
Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate
fuorché nei casi in cui siano indispensabili ai fini della tutela del
patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o
delle materie prime o dei prodotti.
In tali casi le visite personali potranno essere effettuate
soltanto a condizione che siano eseguite all'uscita dei luoghi di lavoro, che
siano salvaguardate la dignità e la riservatezza del lavoratore e che avvengano
con l'applicazione di sistemi di selezione automatica riferiti alla
collettività o a gruppi di lavoratori.
Le ipotesi nelle quali possono essere disposte le visite
personali, nonché, ferme restando le condizioni di cui al secondo comma del
presente articolo, le relative modalità debbono essere concordate dal datore di
lavoro con le rappresentanze sindacali aziendali oppure, in mancanza di queste,
con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di
lavoro, provvede l'Ispettorato del lavoro.
Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro di cui al
precedente comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o,
in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori
di cui al successivo articolo 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla
comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza
sociale.
Art. 7. (Sanzioni disciplinari)
Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni
in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure
di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori
mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto
in materia è stabilito da accordi e contratti di lavoro ove esistano.
Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento
disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente
contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa.
Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante
dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.
Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n.
604, non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti
definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta per
un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal
servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni.
In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del
rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque
giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa.
Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di
lavoro e ferma restando la facoltà di adire l'autorità giudiziaria, il
lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può
promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo dell'associazione alla
quale sia iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione, tramite l'ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di
conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle
parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo,
nominato dal direttore dell'ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta
sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio.
Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni
dall'invito rivoltogli dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio
rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente, la sanzione
disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l'autorità
giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del
giudizio.
Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni
disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.
Art. 8. (Divieto di indagini sulle opinioni)
E' fatto divieto al datore di lavoro, ai fini
dell'assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di
effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose
o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della
valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore.
Art. 9. (Tutela della salute e dell'integrità
fisica)
I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di
controllare l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e
delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l'elaborazione e
l'attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro
integrità fisica.
Art. 10. (Lavoratori studenti)
I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari
di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione
professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque
abilitate al rilascio di titoli di studio legali, hanno diritto a turni di
lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non
sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o durante i riposi
settimanali.
I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che
devono sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri
retribuiti.
Il datore di lavoro potrà richiedere la produzione delle
certificazioni necessarie all'esercizio dei diritti di cui al primo e secondo
comma.
Art. 11. (Attività culturali, ricreative e
assistenziali e controlli sul servizio di mensa)
Le attività culturali, ricreative ed assistenziali promosse
nell'azienda sono gestite da organismi formati a maggioranza dai rappresentanti
dei lavoratori.
Le rappresentanze sindacali aziendali, costituite a norma
dell'art. 19, hanno diritto di controllare la qualità del servizio di mensa
secondo modalità stabilite dalla contrattazione collettiva.
Art. 12. (Istituti di patronato)
Gli istituti di patronato e di assistenza sociale,
riconosciuti dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per
l'adempimento dei compiti di cui al D. Lgs. C.P.S. 29 luglio 1947, n. 804, hanno
diritto di svolgere, su un piano di parità, la loro attività all'interno
dell'azienda, secondo le modalità da stabilirsi con accordi aziendali.
Art. 13. (Mansioni del lavoratore)
L'articolo 2103 del codice civile è sostituito dal seguente:
"Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle
mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla
categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni
equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della
retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha
diritto al trattamento corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione
stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per
sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto,
dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a
tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad un'altra
se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.
Ogni patto contrario è nullo".
TITOLO II - Della libertà sindacale
Art. 14. (Diritto di associazione e di attività
sindacale)
Il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi
e di svolgere attività sindacale, è garantito a tutti i lavoratori all'interno
dei luoghi di lavoro.
Art. 15. (Atti discriminatori)
E' nullo qualsiasi patto od atto diretto a:
a) subordinare l'occupazione di un lavoratore alla
condizione che aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale ovvero
cessi di farne parte;
b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella
assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti
disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua
affiliazione o attività sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno
sciopero.
Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano
altresì ai patti o atti diretti a fini di discriminazione politica, religiosa,
razziale, di lingua o di sesso.
Art. 16. (Trattamenti economici collettivi
discriminatori)
E' vietata la concessione di trattamenti economici di maggior
favore aventi carattere discriminatorio a mente dell'articolo 15.
Il pretore, su domanda dei lavoratori nei cui confronti è
stata attuata la discriminazione di cui al comma precedente o delle associazioni
sindacali alle quali questi hanno dato mandato, accertati i fatti, condanna il
datore di lavoro al pagamento, a favore del fondo adeguamento pensioni, di una
somma pari all'importo dei trattamenti economici di maggior favore
illegittimamente corrisposti nel periodo massimo di un anno.
Art. 17. (Sindacati di comodo)
E' fatto divieto ai datori di lavoro ed alle associazioni di
datori di lavoro di costituire o sostenere, con mezzi finanziari o altrimenti,
associazioni sindacali di lavoratori.
Art. 18. (Reintegrazione nel posto di lavoro)
Ferme restando l'esperibilità delle procedure previste
dall'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice con la sentenza
con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell'articolo 2 della
predetta legge o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o
giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa,
ordina al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che in ciascuna
sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo
il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici prestatori di
lavoro o più di cinque se trattasi di imprenditore agricolo, di reintegrare il
lavoratore nel posto di lavoro. Tali disposizioni si applicano altresì ai
datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, che nell'ambito dello stesso
comune occupano più di quindici dipendenti ed alle imprese agricole che nel
medesimo ambito territoriale occupano più di cinque dipendenti, anche se
ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali
limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che
occupa alle sue dipendenze più di sessanta prestatori di lavoro. Ai fini del
computo del numero dei prestatori di lavoro di cui primo comma si tiene conto
anche dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, dei
lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale, per la quota di
orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo
delle unità lavorative fa riferimento all'orario previsto dalla contrattazione
collettiva del settore. Non si computano il coniuge ed i parenti del datore di
lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea collaterale.
Il computo dei limiti occupazionali di cui al secondo comma
non incide su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o
creditizie.
Il giudice con la sentenza di cui al primo comma condanna il
datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il
licenziamento di cui sia stata accertata l'inefficacia o l'invalidità
stabilendo un'indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal
giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione e al
versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del
licenziamento al momento dell'effettiva reintegrazione; in ogni caso la misura
del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione
globale di fatto.
Fermo restando il diritto al risarcimento del danno così
come previsto al quarto comma, al prestatore di lavoro è data la facoltà di
chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione nel posto di
lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di
fatto. Qualora il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito del
datore di lavoro non abbia ripreso il servizio, né abbia richiesto entro trenta
giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza il pagamento
dell'indennità di cui al presente comma, il rapporto di lavoro si intende
risolto allo spirare dei termini predetti.
La sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è
provvisoriamente esecutiva.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui
all'articolo 22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi
aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di
merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti
gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del
lavoratore nel posto di lavoro.
L'ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata
con reclamo immediato al giudice medesimo che l'ha pronunciata. Si applicano le
disposizioni dell'articolo 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice
di procedura civile.
L'ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide
la causa.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui
all'articolo 22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al
primo comma ovvero all'ordinanza di cui al quarto comma, non impugnata o
confermata dal giudice che l'ha pronunciata, è tenuto anche, per ogni giorno di
ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari
all'importo della retribuzione dovuta al lavoratore.
TITOLO III - Dell'attività sindacale
Art. 19. (Costituzione delle rappresentanze
sindacali aziendali)
Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite
ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell'ambito:
a) […];
b) delle associazioni sindacali che siano firmatarie di
contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva.
Nell'ambito di aziende con più unità produttive le
rappresentanze sindacali possono istituire organi di coordinamento.
Art. 20. (Assemblea)
I lavoratori hanno diritto di riunirsi, nella unità
produttiva in cui prestano la loro opera, fuori dell'orario di lavoro, nonché
durante l'orario di lavoro, nei limiti di dieci ore annue, per le quali verrà
corrisposta la normale retribuzione. Migliori condizioni possono essere
stabilite dalla contrattazione collettiva.
Le riunioni - che possono riguardare la generalità dei
lavoratori o gruppi di essi - sono indette, singolarmente o congiuntamente,
dalle rappresentanze sindacali aziendali nell'unità produttiva, con ordine del
giorno su materie di interesse sindacale e del lavoro e secondo l'ordine di
precedenza delle convocazioni, comunicate al datore di lavoro. Alle riunioni
possono partecipare, previo preavviso al datore di lavoro, dirigenti esterni del
sindacato che ha costituito la rappresentanza sindacale aziendale.
Ulteriori modalità per l'esercizio del diritto di assemblea
possono essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro, anche aziendali.
Art. 21. (Referendum)
Il datore di lavoro deve consentire nell'ambito aziendale lo
svolgimento, fuori dell'orario di lavoro, di referendum, sia generali che per
categoria, su materie inerenti all'attività sindacale, indetti da tutte le
rappresentanze sindacali aziendali tra i lavoratori, con diritto di
partecipazione di tutti i lavoratori appartenenti alla unità produttiva e alla
categoria particolarmente interessata.
Ulteriori modalità per lo svolgimento del referendum possono
essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro anche aziendali.
Art. 22. (Trasferimento dei dirigenti delle
rappresentanze sindacali aziendali)
Il trasferimento dall'unità produttiva dei dirigenti delle
rappresentanze sindacali aziendali di cui al precedente articolo 19, dei
candidati e dei membri di commissione interna può essere disposto solo previo
nulla osta delle associazioni sindacali di appartenenza.
Le disposizioni di cui al comma precedente ed ai commi
quarto, quinto, sesto e settimo dell'articolo 18 si applicano sino alla fine del
terzo mese successivo a quello in cui è stata eletta la commissione interna per
i candidati nelle elezioni della commissione stessa e sino alla fine dell'anno
successivo a quello in cui è cessato l'incarico per tutti gli altri.
Art. 23. (Permessi retribuiti)
I dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui
all'articolo 19 hanno diritto, per l'espletamento del loro mandato, a permessi
retribuiti.
Salvo clausole più favorevoli dei contratti collettivi di
lavoro hanno diritto ai permessi di cui al primo comma almeno:
a) un dirigente per ciascuna rappresentanza sindacale
aziendale nelle unità produttive che occupano fino a 200 dipendenti della
categoria per cui la stessa è organizzata;
b) un dirigente ogni 300 o frazione di 300 dipendenti per
ciascuna rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive che
occupano fino a 3.000 dipendenti della categoria per cui la stessa è
organizzata;
c) un dirigente ogni 500 o frazione di 500 dipendenti
della categoria per cui è organizzata la rappresentanza sindacale aziendale
nelle unità produttive di maggiori dimensioni, in aggiunta al numero minimo
di cui alla precedente lettera b).
I permessi retribuiti di cui al presente articolo non
potranno essere inferiori a otto ore mensili nelle aziende di cui alle lettere
b) e c) del comma precedente; nelle aziende di cui alla lettera a) i permessi
retribuiti non potranno essere inferiori ad un'ora all'anno per ciascun
dipendente.
Il lavoratore che intende esercitare il diritto di cui al
primo comma deve darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola 24
ore prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali.
Art. 24. (Permessi non retribuiti)
I dirigenti sindacali aziendali di cui all'articolo 23 hanno
diritto a permessi non retribuiti per la partecipazione a trattative sindacali o
a congressi e convegni di natura sindacale, in misura non inferiore a otto
giorni all'anno.
I lavoratori che intendano esercitare il diritto di cui al
comma precedente devono darne comunicazione scritta al datore di lavoro di
regola tre giorni prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali.
Art. 25. (Diritto di affissione)
Le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di
affiggere, su appositi spazi, che il datore di lavoro ha l'obbligo di
predisporre in luoghi accessibili a tutti i lavoratori all'interno dell'unità
produttiva, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse
sindacale e del lavoro.
Art. 26. (Contributi sindacali)
I lavoratori hanno diritto di raccogliere contributi e di
svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all'interno
dei luoghi di lavoro, senza pregiudizio del normale svolgimento dell'attività
aziendale.
[…]
[…]
Art. 27. (Locali delle rappresentanze sindacali
aziendali)
Il datore di lavoro nelle unità produttive con almeno 200
dipendenti pone permanentemente a disposizione delle rappresentanze sindacali
aziendali, per l'esercizio delle loro funzioni, un idoneo locale comune
all'interno dell'unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.
Nelle unità produttive con un numero inferiore di dipendenti
le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di usufruire, ove ne
facciano richiesta, di un locale idoneo per le loro riunioni.
TITOLO IV - Disposizioni varie e generali
Art. 28. (Repressione della condotta
antisindacale)
Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti
diretti ad impedire o limitare l'esercizio della libertà e della attività
sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali
delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il pretore del
luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni
successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga
sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro,
con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del
comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.
L'efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata
fino alla sentenza con cui il pretore in funzione di giudice del lavoro
definisce il giudizio instaurato a norma del comma successivo.
Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro 15
giorni dalla comunicazione del decreto alle parti opposizione davanti al pretore
in funzione di giudice del lavoro che decide con sentenza immediatamente
esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice
di procedura civile.
Il datore di lavoro che non ottempera al decreto, di cui al
primo comma, o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione è punito
ai sensi dell'articolo 650 del codice penale.
L'autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della
sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall'articolo 36 del codice
penale.
[...]
[...]
Art. 29. (Fusione delle rappresentanze sindacali
aziendali)
Quando le rappresentanze sindacali aziendali di cui
all'articolo 19 si siano costituite nell'ambito di due o più delle associazioni
di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell'articolo predetto, nonché
nella ipotesi di fusione di più rappresentanze sindacali, i limiti numerici
stabiliti dall'articolo 23, secondo comma, si intendono riferiti a ciascuna
delle associazioni sindacali unitariamente rappresentate nella unità
produttiva.
Quando la formazione di rappresentanze sindacali unitarie
consegua alla fusione delle associazioni di cui alle lettere a) e b) del primo
comma dell'articolo 19, i limiti numerici della tutela accordata ai dirigenti di
rappresentanze sindacali aziendali, stabiliti in applicazione dell'articolo 23,
secondo comma, ovvero del primo comma del presente articolo restano immutati.
Art. 30. (Permessi per i dirigenti provinciali e
nazionali)
I componenti degli organi direttivi, provinciali e nazionali,
delle associazioni di cui all'articolo 19 hanno diritto a permessi retribuiti,
secondo le norme dei contratti di lavoro, per la partecipazione alle riunioni
degli organi suddetti.
Art. 31. (Aspettativa dei lavoratori chiamati a
funzioni pubbliche elettive o a ricoprire cariche sindacali provinciali e
nazionali)
I lavoratori che siano eletti membri del Parlamento nazionale
o del Parlamento europeo o di assemblee regionali ovvero siano chiamati ad altre
funzioni pubbliche elettive possono, a richiesta, essere collocati in
aspettativa non retribuita, per tutta la durata del loro mandato.
La medesima disposizione si applica ai lavoratori chiamati a
ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali.
I periodi di aspettativa di cui ai precedenti commi sono
considerati utili, a richiesta dell'interessato, ai fini del riconoscimento del
diritto e della determinazione della misura della pensione a carico
dell'assicurazione generale obbligatoria di cui al regio decreto-legge 4 ottobre
1935, n. 1827, e successive modifiche ed integrazioni, nonché a carico di enti,
fondi, casse e gestioni per forme obbligatorie di previdenza sostitutive della
assicurazione predetta, o che ne comportino comunque l'esonero.
Durante i periodi di aspettativa l'interessato, in caso di
malattia, conserva il diritto alle prestazioni a carico dei competenti enti
preposti alla erogazione delle prestazioni medesime.
Le disposizioni di cui al terzo e al quarto comma non si
applicano qualora a favore dei lavoratori siano previste forme previdenziali per
il trattamento di pensione e per malattia, in relazione all'attività espletata
durante il periodo di aspettativa.
Art. 32. (Permessi ai lavoratori chiamati a
funzioni pubbliche elettive)
I lavoratori eletti alla carica di consigliere comunale o
provinciale che non chiedano di essere collocati in aspettativa sono, a loro
richiesta, autorizzati ad assentarsi dal servizio per il tempo strettamente
necessario all'espletamento del mandato, senza alcuna decurtazione della
retribuzione.
I lavoratori eletti alla carica di sindaco o di assessore
comunale, ovvero di presidente di giunta provinciale o di assessore provinciale
hanno diritto anche a permessi non retribuiti per un minimo di trenta ore
mensili.
TITOLO V - Norme sul collocamento
Art. 33. (Collocamento)
La commissione per il collocamento, di cui all'articolo 26
della legge 29 aprile 1949, n. 264, è costituita obbligatoriamente presso le
sezioni zonali, comunali e frazionali degli Uffici provinciali del lavoro e
della massima occupazione, quando ne facciano richiesta le organizzazioni
sindacali dei lavoratori più rappresentative.
Alla nomina della commissione provvede il direttore
dell'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, il quale, nel
richiedere la designazione dei rappresentanti dei lavoratori e dei datori di
lavoro, tiene conto del grado di rappresentatività delle organizzazioni
sindacali e assegna loro un termine di 15 giorni, decorso il quale provvede
d'ufficio.
La commissione è presieduta dal dirigente della sezione
zonale, comunale, frazionale, ovvero da un suo delegato, e delibera a
maggioranza dei presenti. In caso di parità prevale il voto del presidente.
La commissione ha il compito di stabilire e di aggiornare
periodicamente la graduatoria delle precedenze per l'avviamento al lavoro,
secondo i criteri di cui al quarto comma dell'articolo 15 della legge 29 aprile
1949, n. 264. Salvo il caso nel quale sia ammessa la richiesta nominativa, la
sezione di collocamento, nella scelta del lavoratore da avviare al lavoro, deve
uniformarsi alla graduatoria di cui al comma precedente, che deve essere esposta
al pubblico presso la sezione medesima e deve essere aggiornata ad ogni chiusura
dell'ufficio con la indicazione degli avviati.
Devono altresì essere esposte al pubblico le richieste
numeriche che pervengono dalle ditte.
La commissione ha anche il compito di rilasciare il nulla
osta per l'avviamento al lavoro ad accoglimento di richieste nominative o di
quelle di ogni altro tipo che siano disposte dalle leggi o dai contratti di
lavoro. Nei casi di motivata urgenza, l'avviamento è provvisoriamente
autorizzato dalla sezione di collocamento e deve essere convalidato dalla
commissione di cui al primo comma del presente articolo, entro dieci giorni. Dei
dinieghi di avviamento al lavoro per richiesta nominativa deve essere data
motivazione scritta su apposito verbale in duplice copia, una da tenere presso
la sezione di collocamento e l'altra presso il direttore dell'Ufficio
provinciale del lavoro. Tale motivazione scritta deve essere immediatamente
trasmessa al datore di lavoro richiedente.
Nel caso in cui la commissione neghi la convalida ovvero non
si pronunci entro venti giorni dalla data della comunicazione di avviamento, gli
interessati possono inoltrare ricorso al direttore dell'Ufficio provinciale del
lavoro, il quale decide in via definitiva, su conforme parere della commissione
di cui all'articolo 25 della legge 29 aprile 1949, n. 264.
I turni di lavoro di cui all'articolo 16 della legge 29
aprile 1949, n. 264, sono stabiliti dalla commissione e in nessun caso possono
essere modificati dalla sezione.
Il direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro annulla
d'ufficio i provvedimenti di avviamento e di diniego di avviamento al lavoro in
contrasto con le disposizioni di legge. Contro le decisioni del direttore
dell'ufficio provinciale del lavoro è ammesso ricorso al Ministro per il lavoro
e la previdenza sociale.
Per il passaggio del lavoratore dall'azienda nella quale è
occupato ad un'altra occorre il nulla osta della sezione di collocamento
competente.
Ai datori di lavoro che non assumono i lavoratori per il
tramite degli uffici di collocamento, sono applicate le sanzioni previste
dall'articolo 38 della presente legge.
Le norme contenute nella legge 29 aprile 1949, n. 264,
rimangono in vigore in quanto non modificate dalla presente legge.
Art. 34. (Richieste nominative di manodopera)
A decorrere dal novantesimo giorno dall'entrata in vigore
della presente legge, le richieste nominative di manodopera da avviare al lavoro
sono ammesse esclusivamente per i componenti del nucleo familiare del datore di
lavoro, per i lavoratori di concetto e per gli appartenenti a ristrette
categorie di lavoratori altamente specializzati, da stabilirsi con decreto del
Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentita la commissione centrale
di cui alla legge 29 aprile 1949, n. 264.
TITOLO VI - Disposizioni finali e penali
Art. 35. (Campo di applicazione)
Per le imprese industriali e commerciali, le disposizioni del
titolo III, ad eccezione del primo comma dell'articolo 27, della presente legge
si applicano a ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo
che occupa più di quindici dipendenti. Le stesse disposizioni si applicano alle
imprese agricole che occupano più di cinque dipendenti.
Le norme suddette si applicano, altresì, alle imprese
industriali e commerciali che nell'ambito dello stesso comune occupano più di
quindici dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito
territoriale occupano più di cinque dipendenti anche se ciascuna unità
produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti.
Ferme restando le norme di cui agli articoli 1, 8, 9, 14, 15,
16 e 17, i contratti collettivi di lavoro provvedono ad applicare i principi di
cui alla presente legge alle imprese di navigazione per il personale navigante.
Art. 36. (Obblighi dei titolari di benefici
accordati dallo Stato e degli appaltatori di opere pubbliche)
Nei provvedimenti di concessione di benefici accordati ai
sensi delle vigenti leggi dallo Stato a favore di imprenditori che esercitano
professionalmente un'attività economica organizzata e nei capitolati di appalto
attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la clausola
esplicita determinante l'obbligo per il beneficiario o appaltatore di applicare
o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non
inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria
e della zona.
Tale obbligo deve essere osservato sia nella fase di
realizzazione degli impianti o delle opere che in quella successiva, per tutto
il tempo in cui l'imprenditore beneficia delle agevolazioni finanziarie e
creditizie concesse dallo Stato ai sensi delle vigenti disposizioni di legge.
Ogni infrazione al suddetto obbligo che sia accertata
dall'Ispettorato del lavoro viene comunicata immediatamente ai Ministri nella
cui amministrazione sia stata disposta la concessione del beneficio o
dell'appalto. Questi adotteranno le opportune determinazioni, fino alla revoca
del beneficio, e nei casi più gravi o nel caso di recidiva potranno decidere
l'esclusione del responsabile, per un tempo fino a cinque anni, da qualsiasi
ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da
qualsiasi appalto.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche
quando si tratti di agevolazioni finanziarie e creditizie ovvero di appalti
concessi da enti pubblici, ai quali l'Ispettorato del lavoro comunica
direttamente le infrazioni per l'adozione delle sanzioni.
Art. 37. (Applicazione ai dipendenti da enti
pubblici)
Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai
rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti da enti pubblici che svolgano
esclusivamente o prevalentemente attività economica. Le disposizioni della
presente legge si applicano altresì ai rapporti di impiego dei dipendenti dagli
altri enti pubblici, salvo che la materia sia diversamente regolata da norme
speciali.
Art. 38. (Disposizioni penali)
Le violazioni degli articoli 2, 4, 5, 6, 8 e 15, primo comma
lettera a), sono punite, salvo che il fatto non costituisca più grave reato,
con l'ammenda da lire 300.000 a lire 3.000.000 o con l'arresto da 15 giorni ad
un anno.
Nei casi più gravi le pene dell'arresto e dell'ammenda sono
applicate congiuntamente.
Quando per le condizioni economiche del reo, l'ammenda
stabilita nel primo comma può presumersi inefficace anche se applicata nel
massimo, il giudice ha facoltà di aumentarla fino al quintuplo.
Nei casi previsti dal secondo comma, l'autorità giudiziaria
ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti
dall'articolo 36 del codice penale.
Art. 39. (Versamento delle ammende al Fondo
adeguamento pensioni)
L'importo delle ammende è versato al Fondo adeguamento
pensioni dei lavoratori.
Art. 40. (Abrogazione delle disposizioni
contrastanti)
Ogni disposizione in contrasto con le norme contenute nella
presente legge è abrogata.
Restano salve le condizioni dei contratti collettivi e degli
accordi sindacali più favorevoli ai lavoratori.
Art. 41. (Esenzioni fiscali)
Tutti gli atti e documenti necessari per la attuazione della
presente legge e per l'esercizio dei diritti connessi, nonché tutti gli atti e
documenti relativi ai giudizi nascenti dalla sua applicazione sono esenti da
bollo, imposte di registro o di qualsiasi altra specie e da tasse.
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La Formazione
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