LA FIRMA NON SERVE: se c'è anche il badge Legittimo il rifiuto del lavoratore di firmare il registro di presenza quando la stessa è rilevata tramite badge. La previsione di un doppio sistema, infatti, si giustifica solo durante la fase transitoria di passaggio dal metodo cartaceo a quello elettronico. Superata questa fase, ogni imposizione di firma diventa illegittima e può essere disattesa dal lavoratore. Sono queste le conclusioni raggiunte dalla sezione lavoro della Corte di Cassazione nella sentenza n. 12738/2010 che ha respinto il ricorso delle Poste nei confronti di un proprio dipendente. L'uomo ha impugnato di fronte al tribunale la sanzione disciplinare dell'ammonizione scritta inflittagli dalla società "per non aver provveduto ad apporre la firma sui registri in aggiunta alla rilevazione a mezzo tesserino magnetico". Infatti, la società ha sostenuto che l'introduzione del badge non aveva eliminato il potere del datore di lavoro di adoperare lo strumento tradizionale di rilevazione dell'orario e che, quindi, era legittima la richiesta di firmare i registri di presenza in aggiunta al rilevamento elettronico. La Suprema Corte, nel respingere il ricorso, ha affermato che, una volta trascorsa la fase transitoria di attuazione del nuovo sistema senza che si fossero verificate anomalie, le Poste hanno irrimediabilmente perso il diritto a chiedere la firma dei registri con la conseguenza che il rifiuto del lavoratore si deve considerare perfettamente legittimo. |
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