MF 18-7-07
Bankitalia in pressing sulle Poste
Palazzo koch chiede di fissare un patrimonio a garanzia del business nei servizi finanziari.
In ballo c'è pure il destino di BancoPosta e la partita per la licenza bancaria. Il cda della società ne ha già discusso a lungo
Il tema è caldissimo. Tanto che lo scorso 25 giugno, durante l'ultimo cda di Poste, buona parte della riunione è stata assorbita dalla partita in corso tra il gruppo guidato da Massimo Sarmi e Bankitalia. Nelle ultime settimane il carteggio tra la società, controllata dal tesoro al 65%, e Palazzo Koch si è intensificato in vista delle scelte che dovranno essere adottate per il destino di BancoPosta. In ballo secondo quanto risulta a MF ci sono la trasformazione in spa della business unit e la licenza bancaria. Due novità che di fatto andranno a impattare sull'intero mercato delle banche italiane, facendo così scattare una serie di valutazioni di Bankitalia sull'opportunità di introdurre un nuovo big player nel sistema. Il problema è, insomma, assicurarsi che non ci siano conseguenze sul fronte della stabilità.
Da parte sua per ora l'istituto centrale ha aumentato il pressing chiedendo a Poste di fissare le caratteristiche e l'entità del patrimonio a garanzia dei rischi per l'attività bancaria svolta dal gruppo. Un business che lo scorso anno, la gestione era affidata a Francesco Mengozzi nel frattempo uscito da Poste, ha garantito ricavi per 4,3 miliardi di euro e un ebit da 1,2 miliardi, ma sul quale Bankitalia ha espresso in più di un'occasione perplessità. Gli uffici di Mario Draghi storcono il naso perché di fatto non esisterebbe un patrimonio di vigilanza vero e proprio. In pratica, a garanzia dei rischi della business unit BancoPosta viene posto l'intero patrimonio del gruppo postale, una soluzione atipica e accettabile solo perché finora non è stata prevista l'erogazione di crediti e quindi gli unici rischi sono di natura operativa. Resta il fatto che Bankitalia vuole un patrimonio di vigilanza con «una più stretta correlazione fra i rischi e l'attività di BancoPosta». Non a caso, in consiglio di amministrazione se ne è discusso a lungo riepilogando anche le soluzioni da adottare, peraltro condivise con la stessa Bankitalia.
Da una parte c'è la societarizzazione tout court della struttura che offre servizi bancari e finanziari, dall'altra l'individuazione di un patrimonio dedicato. Entro l'autunno il cda si è ripromesso di redigere un documento formale da trasmettere all'azionista, mettendolo così in condizione di stabilire quale strada seguire. L'obiettivo, anche in vista della scadenza del cda nella prossima primavera, è preparare l'intera istruttoria che consenta di assegnare alle attività finanziarie di Poste un destino certo. E qui c'è anche l'altra faccia della medaglia: la licenza bancaria. Una questione su cui, a fronte del garbato forcing dell'azienda, Bankitalia e l'azionista si muovono con la massima cautela. Del resto, da parte della vigilanza di Palazzo Koch si tratta di capire che effetti avrebbe lo «sdoganamento» di BancoPosta che conta su 4,9 milioni di conti correnti con una giacenza che supera i 35 miliardi di euro.
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