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EDITORIALE

lunedì 25 febbraio 2008



8 MARZO, FESTA DELLA DONNA?

Mi preme sottolineare che le origini della festa dell'8 Marzo risalgono al lontano 1908, quando, pochi giorni prima di questa data, a New York, le operaie dell'industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare.

Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l'8 marzo il proprietario Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire. Allo stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere all'interno morirono arse dalle fiamme. Successivamente questa data venne proposta come giornata di lotta internazionale, a favore delle donne, da Rosa Luxemburg, proprio in ricordo della tragedia.

Questo triste accadimento, ha dato il via negli anni immediatamente successivi ad una serie di celebrazioni che i primi tempi erano circoscritte agli Stati Uniti e avevano come unico scopo il ricordo della orribile fine fatta dalle operaie morte nel rogo della fabbrica.

Successivamente, con il diffondersi e il moltiplicarsi delle iniziative, che vedevano come protagoniste le rivendicazioni femminili in merito al lavoro e alla condizione sociale, la data dell'8 marzo assunse un'importanza mondiale, diventando, grazie alle associazioni femministe, il simbolo delle vessazioni che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli, ma anche il punto di partenza per il proprio riscatto.

E oggi cos'è l'8 marzo? La commemorazione di una tragedia? Il ricordo di tante lotte per l'emancipazione della donna? O semplicemente un giorno in cui le ragazze non entrano in classe, le signore si organizzano per uscire da sole concedendosi qualche innocente trasgressione, e i fioristi e i ristoratori vedono notevolmente lievitare i loro incassi?

Magari non sanno cosa è accaduto l'8 marzo del 1908, ma sanno benissimo che il loro volume di affari trarrà innegabile vantaggio dai festeggiamenti della ricorrenza.    

A me pare che sia, invece, un' occasione offerta alla riflessione, cominciando, ad esempio, col chiedersi come mai esiste ancora un problema femminile, una giornata della donna, dei movimenti femministi, mentre non esiste una giornata dell'uomo né un movimento maschilista? E la risposta non può che essere questa: forse perché esiste ancora una mortificante situazione di disparità tra l'uomo e la donna. Al di là della facciata, infatti, al di là dell'immagine della donna che vediamo sui muri, nelle copertine, nei films e nella pubblicità, in realtà quanta umiliazione, quanti diritti ancora conculcati. Abbiamo dovuto inventarci addirittura un Ministero per le pari opportunità.

L'emergenza femminile sembrerebbe, infatti, continuare a non vedere una fine. I lavori più svantaggiati, gli stipendi più bassi, il precariato più disagiato, sono spesso riservati alle donne. Per non parlare della la violenza tra le mura domestiche.

Si, perché la donna fatica a coordinare produzione con riproduzione, mestiere con figli. In compenso ritorna in auge la sua funzione puramente decorativa, in Tv come nelle imprese, con un chiaro ammiccamento che al difetto di intelligenza e professionalità può sopperire una propensione alla "disponibilità".

Forse siamo ancora lontani da quella liberazione della donna che ha costituito il grido di battaglia di tante rivendicazioni. Se, infatti, provassimo a domandare a una donna che cosa significhi per lei libertà, ella, forse, ancora oggi, risponderebbe facendo riferimento al mercato del lavoro per rivendicare uguale salario e uguali norme d'impiego; forse si appellerebbe alla libertà di sviluppare modi di vita familiare più significativi e creativi, per non essere lasciata a vivere una vita delegata attraverso il marito e i figli e non essere tagliata fuori dalla sfera pubblica a causa dell'isolamento domestico; forse parlerebbe ancora di libertà dallo sfruttamento sessuale e dall'uso degradante del suo corpo a scopo di divertimento e di propaganda pubblicitaria.

È possibile, però, pensare ad una umanità "altra", nella quale la parità tra l'uomo e la donna non è sinonimo di conformità, ma di complementarietà.

E l'apporto maggiore della donna, in quest'altra umanità, è proprio quello di essere donna, proprio la grazia della sua femminilità. Ed è proprio il riconoscimento di questa sua irriducibile personalità e dignità che ella non deve mai stancarsi di esigere dagli uomini.

 Antonio Lepore


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