LEGGIAMO INSIEME LE MODIFICHE CHE PIU' CI INTERESSANO
E’stata pubblicata
sul Supplemento Ordinario n. 196 alla Gazzetta Ufficiale n. 195
del 21 agosto 2008 la legge 6 agosto 2008, n. 133, con la quale
è stato convertito, con modificazioni, il D.L. 25 giugno 2008 n.
112, entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione:
con tale provvedimento normativo si interviene su una serie di
materie che toccano da vicino la nostra attività e che, in molti
casi, rispondono ad una esigenza di semplificazione degli
adempimenti.
In attesa dei
chiarimenti che, sicuramente, perverranno dagli organi
amministrativi (alcuni, peraltro, estremamente importanti, sono
già contenuti nella circolare n. 20 del 21 agosto 2008 del
Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali),
ritengo opportuno focalizzare l’attenzione sugli istituti
“toccati” alla nuova normativa.
Contratti a tempo determinato (art. 21)
Dopo le modifiche introdotte al D.L.vo n. 368/2001 dalla legge
n. 247/2007, il contratto a tempo determinato è toccato, di
nuovo, in alcuni punti che possono così sintetizzarsi:
a) viene
ritoccato il comma 1, dell’art. 1, nel senso che il c.d.
“causalone” (esigenze tecniche, produttive, organizzative o
sostitutive) è ammissibile, pur se riferito alla ordinaria
attività del datore di lavoro. In sostanza, con tale
emendamento, si cercano superano alcuni indirizzi
giurisprudenziali che hanno riferito, come legittima,
l’apposizione di tali motivazioni soltanto alle attività
aziendali c.d. “non ordinarie”. Ciò significa che è il datore di
lavoro, nell’ambito della sua attività produttiva ed
organizzativa ad individuare le ragioni che portano alla stipula
del contratto a tempo determinato, chiaramente, ora, riferibili
all’attività ordinaria, pur se il principio contenuto nel comma
01 (introdotto in maniera inusuale almeno per quel che riguarda
la numerazione dalla legge n. 247/2007) si afferma che, di
regola, il rapporto di lavoro subordinato è a tempo
indeterminato;
b) dopo
l’art. 4 del D.L.vo n. 368/2001 viene introdotto, attraverso il
comma 1 – bis dell’art. 21, un nuovo articolo, il 4 bis, che
concerne il contenzioso giudiziario sui contratti a termine in
corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione,
ossia il 21 agosto 2008. Sono fatte salve le sentenze passate in
giudicato: in tutte le altre situazioni che abbiano comportato
una violazione delle ragioni che legittimano l’apposizione del
termine (art. 1), o il trasporto aereo ed i servizi di aeroporto
(art. 2) o la disciplina della proroga (art. 4), il lavoratore
non ha più diritto alla reintegra ma ad una indennità non
inferiore a 2,5 e non superiore a 6 mensilità dell’ultima
retribuzione globale di fatto (comprensiva, ad esempio, dei
ratei aggiuntivi). Nella “quantificazione” si dovrà tenere conto
sia della durata del contratto, che delle dimensioni aziendali,
che delle condizioni del prestatore: si tratta, in sostanza, dei
requisiti, da tempo, fissati dall’art. 8 della legge n.
604/1966. Ovviamente, nei casi di specie e soltanto per i
procedimenti in corso, viene meno sia la tutela reale che quella
obbligatoria. E’ questa la norma contestata che, da più parti, è
stata tacciata di incostituzionalità e rispetto alla quale, in
ogni caso, prevedibilmente sarà la Consulta, se adita, a
fornire, come sempre, la propria decisione;
c) viene
ritoccato l’art. 5, comma 4 bis che tratta del termine massimo
dei contratti a tempo determinato che non può superare, per
sommatoria, i trentasei mesi. Qui è stata inserito un inciso
ove, dopo la frase “ferma restando la disciplina della
successione di contratti di cui ai commi precedenti”, viene
affermato “fatte salve diverse disposizioni di contratti
collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o
aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale”. Ciò significa, a mio
avviso, che con la contrattazione collettiva, anche aziendale,
potranno essere previste deroghe al limite massimo dei 36 mesi,
intesi quale limite alla sommatoria dei vari contratti a
termine. Per completezza di informazione ricordo che, per
effetto dell’art. 1, commi da 39 a 43 della legge n. 247/2007, è
possibile stipulare, a partire dal 1° aprile 2009, un ulteriore
contratto a termine tra le parti, presso la Direzione
provinciale del Lavoro competente per territorio con
un’assistenza del lavoratore fornita da un rappresentante
sindacale. La durata dell’ulteriore rapporto è fissata dalla
contrattazione collettiva: a puro titolo enunciativo, senza per
questo avere alcuna pretesa di esaustività, ricordo che il CCNL
dei metalmeccanici fa fissato in otto mesi tale durata e che
l’accordo sottoscritto a livello confederale da Confindustria e
OOSS ha confermato tale limite o quello maggiore fissato dalla
contrattazione di settore (gli alimentaristi hanno stabilito
dodici mesi). Per tutte le modalità operative vi ricordo che
dobbiamo far riferimento alla circolare n. 13 del 2 maggio 2008;
d) viene
ritoccato il diritto di precedenza che scattava (art. 5, comma 4
– quater del D.L.vo n. 368/2001, dopo le modifiche introdotte
dalla legge n. 247/2007), al superamento dei 6 mesi anche con
più contratti riferiti alle mansioni già espletate da esercitare
per le assunzioni a tempo indeterminato nei dodici mesi
successivi: ora, il diritto di precedenza non è più assoluto, in
quanto con la contrattazione collettiva anche territoriale o
aziendale è possibile derogare a tale diritto. Ovviamente, anche
in questo caso il potere di contrattazione è delle OOSS dei
lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più
rappresentative a livello nazionale.
Decorsi 24 mesi dalla
data di entrata in vigore della nuova normativa il titolare del
Dicastero del Lavoro riferisce a Parlamento al termine di un
iter procedimentale che vede coinvolte nella consultazione le
OOSS dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale.
Orario di
lavoro (art. 41)
Molte novità sono state introdotte nel “corpus” del D.L.vo n.
66/2003.
Ma andiamo con ordine.
La prima modifica concerne la definizione di lavoratore notturno
e si concretizza nella totale abrogazione dell’art. 1, comma 2,
lettera e) n. 2: ora è considerato lavoratore notturno per
almeno tre ore la propria attività per un minimo di 80 giorni
nell’anno, con la ovvia riproporzione in caso di prestazioni a
tempo parziale. Tutto questo, in assenza di disciplina
collettiva.
La seconda modifica riguarda la definizione di “lavoratore
mobile”: nel “corpus” dell’art. 1, comma 2, lettera h) è stato
inserito l’inciso che è tale, per tutte le condizioni ivi
considerate, il soggetto che presta la propria attività sia in
proprio che per conto terzi, su strada, per via aerea o
marittima, o a impianto fisso non ferroviario.
La terza modifica riguarda i soggetti cui non trova applicazione
il D.L.vo n. 66/2003: oltre alle Forze dell’ordine, alle Forze
Armate, agli addetti alla polizia municipale e provinciale
nell’esercizio dei compiti istituzionali, l’esenzione è, ora,
allargata al personale dei servizi di vigilanza privata (art. 2,
comma 3). Per costoro valgono le regole fissate dalla
contrattazione collettiva o dalla normativa speciale.
La quarta modifica concerne il riposo giornaliero. Come è noto,
l’art. 7 stabilisce che il lavoratore ha diritto ad 11 ore di
riposo consecutivo ogni 24 ore, fatte salve le ipotesi di
attività caratterizzate da prestazioni frazionate (si pensi, ad
esempio, al settore delle pulizie). Orbene, la modifica,
aggiunge a tale ultima ipotesi quella dei c.d. “regimi di
reperibilità”, ossia di quegli istituti ove il lavoratore deve
essere reperibile per esigenze aziendali. Ciò significa che il
riposo di 11 ore si intende rispettato anche attraverso la
sommatoria di parti di riposo tra periodi di lavoro effettuati
nel rispetto del regime di reperibilità.
La quinta modifica è relativa al riposo settimanale (art. 9). Il
lavoratore ha diritto ad un riposo di almeno 24 ore, di regola
coincidenti con la domenica, da cumulare con le ore di riposo
giornaliero previste dall’art. 7 (11 ore). Orbene, la novità
introdotta riguarda la frase immediatamente successiva aggiunta:
“ il suddetto periodo di riposo consecutivo è calcolato come
media in un periodo non superiore a 14 giorni”.
La sesta modifica riguarda le eccezioni all’art. 9 e
precisamente quella contenuta sui lavori a turni individuati dal
comma 2, lettera a); la norma è stata completamente riscritta ed
ora è la seguente:
a) fanno
eccezione alla normativa sui riposi settimanali le “attività di
lavoro a turni ogni volta che il lavoratore cambi turno o
squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio di un
turno o di una squadra e l’inizio del successivo, di periodi di
riposo giornaliero o settimanale”. Rispetto al vecchio testo è
stata inserita tra le c.d. “cause esimenti” anche il cambio
turno e non soltanto il cambio squadra.
La settima modifica concerne le possibilità derogatorie in
materia di pause, riposi giornalieri e lavoro notturno (art. 17,
comma 1). In mancanza di accordi nazionali sulla materia, la
possibilità derogatoria è estesa alla contrattazione
territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Con le modifiche successive si interviene sull’apparato
sanzionatorio. E su questo ritengo necessario richiamare
l’attenzione degli organi di vigilanza.
Il nuovo comma 3, primo periodo, dell’art. 18 bis del D.L.vo n.
66/2003 ora recita: “la violazione delle disposizioni previste
dall’art. 4, commi 2, 3 e 4 (che riguardano la durata massima
dell’orario di lavoro che non può superare per ogni periodo di 7
giorni le 48 ore, comprensive dello straordinario, o la media di
48 ore nei 4 mesi o nel termine più lungo – massimo 12 mesi –
fissato dalla contrattazione collettiva), dall’art. 9, comma 1
(riposo settimanale) e dall’art. 10, comma 1 (ferie annuali) è
punita con la sanzione amministrativa da 130 a 780 euro per ogni
lavoratore, per ciascun periodo di riferimento cui si riferisca
la violazione”. Viene specificato che la sanzione si riferisce
ad ogni lavoratore e ad ogni periodo (cosa, prima, non
specificata normativamente). Tale sanzione non è diffidabile ex
art. 13 del D.L.vo n. 124/2004.
Cambia anche la sanzione richiamata al comma 4 dell’art. 18 bis:
“la violazione delle disposizioni previste dall’art. 7, comma 1,
(si tratta del riposo giornaliero), è punita con la sanzione
amministrativa da 25 a 100 euro in relazione ad ogni singolo
lavoratore e ad ogni singolo periodo di 24 ore”. La sanzione,
nel rispetto delle direttive ministeriali in vigore, non è
diffidabile ex art. 13 del D.L.vo n. 124/2004. La vecchia
sanzione prevedeva un importo compreso tra 105 e 630 euro,
ridotto a 210 euro ex art. 16 della legge n. 689/1981.
Altra novità riguarda il comma 6 dell’art. 18 bis: “la
violazione delle disposizioni previste dall’art. 5, commi 3 e 5
(lavoro straordinario) è soggetta alla sanzione amministrativa
da 25 a 154 euro. Se la violazione si riferisce a più di 5
lavoratori ovvero si è verificata nel corso dell’anno solare per
più di 50 giornate lavorative, la sanzione amministrativa va da
154 a 1.032 euro e non è ammesso il pagamento in misura
ridotta”.
Altre novità, indirettamente correlate all’orario, riguardano la
sospensione dell’attività imprenditoriale per violazioni in
materia di orario di lavoro. E’ stata cancellata la norma, già
presente nell’art. 5, comma 1, della legge n. 123/2007 e, ora,
ripresa dall’art. 14 del D.L.vo n. 81/2008, in base alla quale
gli ispettori del lavoro potevano adottare un provvedimento
sospensivo in presenza di reiterate violazioni in materia di
superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e
settimanale di cui agli articoli 4, 7 e 9 del D.L.vo n. 66/2003.
Di conseguenza, le due ipotesi sospensive rimaste sono quella
legata alla individuazione di lavoratori in nero in percentuale
pari o superiore al 20% della forza lavoro trovata sul posto e
quella correlata alle gravi e reiterate violazioni in materia di
salute e sicurezza sul lavoro.
Una novità riguarda il personale medico dirigente degli Enti e
delle Aziende del Servizio Sanitario Nazionale: non trovano
applicazione gli articoli 4 (durata massima dell’orario
settimanale) e 7 (riposo giornaliero), proprio in relazione alla
loro responsabilità dirigenziale. Dovrà essere la contrattazione
collettiva a definire le modalità atte a far loro godere un
pieno recupero delle energie psico-fisiche.
Con l’entrata in vigore del Decreto Legge cessa l’obbligo (e la
relativa sanzione) per le imprese che avevano sforato nel
quadrimestre o nel maggior periodo previsto dalla contrattazione
collettiva il limite settimanale delle 48 ore di effettuare la
comunicazione alla Direzione provinciale del Lavoro, come cessa
l’obbligo (peraltro, poco praticato anche perché non sorretto da
alcuna sanzione) di comunicare annualmente alla Direzione
provinciale del Lavoro, anche attraverso la propria
associazione, la quantità di lavoro notturno svolto in via
continuativa.
Vale la pena di ricordare come, per effetto dell’art. 39 della
legge n. 133/2008 e del successivo D.M. 9 luglio 2008, le ore di
lavoro straordinario debbano essere riportate, per ogni
lavoratore, sul libro unico del lavoro il cui aggiornamento è
possibile entro il giorno 16 del mese successivo.
E’ appena il caso di sottolineare come tutte le sanzioni e le
abrogazioni contenute nel testo originario dell’art. 41 del D.L.
n. 112/2008 valgano a partire dal 25 giugno 2008, mentre quella
relativa al mancato godimento del riposo settimanale, prima
abrogata dal predetto decreto legge e, poi, reintrodotta dalla
legge di conversione n. 133/2008, trovi applicazione a partire
dal 21 agosto 2008.