Vecchia,
sana indignazione.
Sbuca quando meno te la aspetti, mentre passeggi per le vie del
centro di Termoli e ti capita di vedere dei vigili urbani che
prendono per il collo un ambulante straniero e lo trascinano
piangente verso il bagagliaio della volante. E dunque scatti una
foto col telefonino e denunci la vicenda ai giornali.
Quell'indignazione che ti prende in spiaggia a Jesolo quando
un cosiddetto "vu
cumprà" si getta in mare per sfuggire alla polizia municipale
e gridi agli agenti di lasciarlo in pace.
Qualcuno si fa persino arrestare, come il militante antirazzista
Pasquale Pedace, finito in galera a Siracusa per aver osato
difendere una decina di migranti dalle maniere rudi della
polizia. Non fa notizia il
gruppo di mamme che portava latte caldo e biscotti ai rom di
Ponticelli, prima che questi venissero cacciati dalle fiamme
incivili; non fa nemmeno notizia la
barista di Ponte Mammolo (Roma) che lo scorso inverno ospitò
nella pagoda del proprio bar un gruppo di rom sgomberati e senza
casa. Diceva: «Li conosco da sempre, sono brave persone». Con la moltiplicazione degli episodi razzisti, viene alla
luce una parte dell'Italia che raramente viene raccontata,
poiché l'opinione pubblica viene intontita a suon di proclami
intolleranti e analisi catastrofiche sulla situazione
socio-economica. De Rita parla di mucillaggine, Scalfari di
specchio rotto, un ammasso di coriandoli impazziti senza forma
né volontà di bene comune. Gli amministratori sfornano ordinanze
e leggi che criminalizzano in primo luogo gli indesiderabili,
gli stranieri poveri, mendicanti, lavavetri, ambulanti. Un
delirio di ordine che colpisce il diverso, razzismo
istituzionale. Sono i divieti contro i borsoni, contro il
bivacco, contro chi dorme sulle panchine. E poi esiste il
razzismo diffuso, razzismo complice di quelle ordinanze, di
quelle leggi, che si compiace quando il lavavetri viene sbattuto
fuori dai confini della città. Il razzismo dei ragazzotti
genovesi che picchiano un angolano perché «negro» e «puzza», il
fascismo a-ideologico dei cinque di Verona che uccidono un
coetaneo perché diverso, di sinistra, fuori luogo nelle vie
luccicanti delle boutique.
Il rovescio della medaglia è quella anziana che urla
"vergognatevi!" ai poliziotti che sul lungomare di Rimini
malmenano un ambulante di colore, è quell'ottantenne milanese
che salva due bambini albanesi dalle fiamme.
Non si tratta di buonismo, ma di buonsenso. E non si tratta di
due Italie ma di una sola, poiché non sappiamo se quei passanti
indignati di Termoli siano elettori di Forza Italia o
Rifondazione. Ed è probabile che quei bagnanti di Rimini
avessero appena finito di leggere il giornale, soddisfatti per
la morsa repressiva perseguita dal governo. Salvo poi provare
della pena nei confronti del malcapitato ambulante, magari
conosciuto nei giorni precedenti o visto camminare placidamente
tra gli ombrelloni.
Il guaio dell'indignazione di Termoli e Rimini è che, forse,
rimane confinata al singolo episodio. Diventando così la
diramazione del familismo all'italiana, quell'atteggiamento che
porta magari a detestare gli immigrati tout court , tranne il
vicino di casa tunisino, quello col lavoro in fabbrica e quei
bambini così teneri. L'esaltazione del particulare , del mondo
sotto casa, delle relazioni strette. La barista di Ponte Mammolo
non dava aiuto ai rom in generale, ma a quei rom, che lei
conosceva bene in quanto aveva mandato a scuola i propri figli
insieme con i loro figli. Forse anche lei, ma non possiamo
affermarlo con sicurezza, trova che gli "zingari" siano
delinquenti, sporchi e ladri di bambini.
Eppure la solidarietà e l'indignazione non riescono a fare presa
nel discorso pubblico. Lo sdoganamento del discorso razzista è
avvenuto lentamente, per piccole scosse, alimentato da un
generale allentamento dell'etica pubblica. «Da noi il razzismo è
innominabile perché è diventato cultura prevalente» commenta con
pessimismo il sociologo Alessandro Dal Lago: «Magari non
maggioritaria statisticamente, ma l'unica che ha diritto di
parola».
Il discorso antirazzista è lasciato dunque all'iniziativa
individuale, al buon cuore di coloro che passano per caso in una
piazza o prendono il sole al mare. In prevalenza persone dotate
di umanità, capaci di distinguere tra un normale controllo di
polizia e una inutile bestialità, convinti nel profondo che non
esiste una etnia padana gonfia di medaglie d'oro alle Olimpiadi,
ma impossibilitati a trasformare questo buonsenso civico ed
umano in qualcosa di pubblico e politico.
Antonio '92
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