Cdp pigliatutto, nasce il
Moloch del credito L’INTERVENTO PUBBLICO
Non sarà facile far
funzionare le diverse anime dell’istituto che fa capo al ministero dell’Economia
Avevamo appena digerito il fatto che la Cassa depositi e prestiti potrà
utilizzare direttamente anche il risparmio postale per finanziare infrastrutture
d’interesse pubblico novità assoluta in 150 anni di gloriosa storia di questa
istituzione che il governo ci ha stupito con un altro effetto speciale:
finanzierà anche le piccole e medie imprese. Il modello, in questo caso, sarà la
Bei, la Banca europea per gli investimenti. La Cdp darà i soldi alle banche che
poi faranno l’istruttoria ed erogheranno i soldi a chi ne ha bisogno. Ci sono
già ha dichiarato l’amministratore delegato Massimo Varazzani almeno 13 miliardi
disponibili, anche se non è ancora chiaro il meccanismo con cui questi soldi
saranno utilizzati. In particolare non si sa se le Cdp si accollerà in parte il
rischio di credito o se saranno solo le banche a farlo.
Comunque sia, la Cassa depositi e prestiti è ormai lanciatissima verso una nuova
stagione in cui, persa la rigida e sonnacchiosa veste di struttura che finanzia
i comuni e gli enti locali, si sta ritagliando un ruolo sempre più vasto
d’intervento nell’economia.
Il disegno che il ministro dell’Economia Giulio Tremonti aveva in mente fin dal
2001 comincia oggi a prendere corpo. La Cassa continuerà a finanziare i Comuni e
gli enti territoriali, ma farà anche un sacco di altre cose. Alcune erano già
state decise in passato dallo stesso ministro: ad esempio la Cassa è ormai un
societàcassaforte che custodisce importanti partecipazioni pubbliche, in Enel,
Eni e Terna (roba non da poco). Ma la Cdp si occupa anche, insieme all’Abi e
all’Acri, di finanziare la costruzione di case a basso costo, o, come di dice
oggi, l’housing sociale.
Inoltre, la Cassa ha anche importanti partecipazioni in fondi infrastrutturali
fra cui spicca quella nell’F2i di Vito Gamberale e in alcuni altri strumenti di
questo tipo.
Ora si aggiungono anche il finanziamento di opere di "interesse pubblico
generale" con i soldi del risparmio postale e, last ma forse non the least,
anche il finanziamento delle piccole medie imprese. Vista infatti la facilità
con cui il governo inventa nuove mission, non è escluso che domani escano fuori
altri compiti. Uno, ad esempio, che era stato adombrato nei giorni scorsi
l’anticipazione del pagamento alle imprese credititrici dello Stato, ciò che
avrebbe trasformato la Cassa in una sorta di società di factoring pubblico è
stato per ora abbandonato.
Se si voleva un cambiamento, buono o cattivo che sia, eccolo bello e servito. La
Cassa assomiglia sempre di più non solo a un Figarofactotum ma a un Moloch
pubblico in grado d’intervenire e influenzare con le sue decisioni la vita dei
Comuni e degli enti locali, delle piccole e medie imprese, dei costruttori,
della popolazione urbana in cerca di una casa a basso prezzo. E, grazie alla
presenza nel capitale di 66 fondazioni bancarie, riuscirà a condizionare anche
l’attività di queste ultime sul territorio. Una concentrazione di potenza
economica e finanziaria mai vista in Italia dai tempi dell’Iri che obbedisce ai
desiderata di Tremonti tramite il plenipotenziario Massimo Varazzani.
Già, Varazzani. Non sappiamo ancora se l’amministratore delegato sistemato lì
dal ministro si dimostrerà un ‘cavallo di razza’ . Però già scalpita. Al
liquidity day Varazzani è andato allo scoperto anticipando la possibilità di
finanziare le piccole medie imprese con 13 miliardi. Di lui dicono che è uno
tosto, determinato, che non vede l’ora di dimostrare quanto vale. Pare che i
poteri siano di fatto tutti concentrati nella sua persona, e si dice che sia in
grado, deleghe alla mano, di decidere grandi interventi senza neppure transitare
dal Consiglio d’amministrazione.
Ora Varazzani dovrà passare dalle parole ai fatti, dai progetti alle
realizzazioni concrete. E in un paese come l’Italia questo non è mai semplice.
Ma c’è di più. Ci sono anche dei pericoli dietro l’angolo. Ad esempio, il
decreto ministeriale di attuazione delle nuove norme sul finanziamento di opere
pubbliche firmato la scorsa settimana da Tremonti non ha stabilito alcun
paletto, non ha specificato alcun limite, ma si è limitato a ripetere più o meno
le norme di legge.
Eppure, c’è chi nota al di là del trionfalismo degli annunci che il sentiero
della nuova Cassa è pieno di trappole e trabocchetti. Ad esempio, ora la Cassa
potrà finanziare qualunque "operazione d’interesse pubblico". Una
discrezionalità massima, che non esiste nei normali mutui agli enti locali, dove
l’erogazione è automatica, purché siano rispettate le condizioni stabilite. Qui
potrebbe anche succedere che si finanzino le opere sostenute da enti e
imprenditori ‘amici’ piuttosto che le più utili.
E poi c’è la "sostenibilità" dal punto di vista finanziario degli interventi.
Chi decide se un’opera è un azzardo (argomento quantomai importante se si
utilizza il risparmio postale) o se invece l’investimento avrà un ritorno
sicuro? Le banche fanno questo esame ma hanno una struttura consolidata: la
Cassa deve inventarsela, ma certo le competenze attuali sono diverse. Non
basterà l’attivismo dell’ad.
C’è inoltre, come abbiamo visto, una congerie di interventi. L’accumularsi di
mission diverse all’interno della Cassa rende problematica la coesistenza di
personale di diversa estrazione e cultura. Al momento nessuno si pone questi
problemi e il loro sviluppo nel tempo. Certo oggi siamo in piena crisi
finanziaria ed economica ed è comodo che ci sia qualcuno che tira fuori dei
soldi. Ma le emergenze prima o poi passano, i Moloch restano.
di ADRIANO
BONAFEDE
Supplemento di Affari &
Finanza di Repubblica del 23 Marzo 2009 |