60 ANNI ... MA NON LI DIMOSTRA.
Per il nuovo anno abbiamo fatto gli auguri a tanti amici, abbiamo
osato fare delle riflessioni sul 2010, oggi ritengo doveroso fare gli auguri al
sindacato. Al nostro Sindacato.
Il sindacato è stata e resta la mia
passione , un impegno che ha formato la mia personalità e che mi ha arricchito
di valori, di conoscenze e di una cultura sociale che anche oggi mi aiuta ad
interpretare la realtà economica, collettiva e politica. E’ vero che non si
nasce sindacalisti e che lo si diventa, ma è altrettanto vero che si resta tali.
La storia è intrisa di valori e comuni ideali attraverso un’azione sindacale di
responsabilità e di consapevolezza, senza deviazioni o facili suggestioni
demagogiche, nell’intento di assicurare alla classe lavoratrice conquiste
sociali effettive e durevoli.
La Cisl
viene fondata il 30 aprile 1950 con l’approvazione del “ Patto di unificazione
delle forze sindacali democratiche”, riuniti in assemblea generale costituente
al famoso teatro Adriano di Roma.
In quel
“patto” costitutivo di cinquant’anni fa , tra l’altro , si affermavano i
seguenti punti: “La Cisl sorge per stringere in un unico volontario vincolo
sindacale tutti i liberi lavoratori italiani che -convinti della necessità di
respingere un sindacalismo fondato, ispirato e diretto da correnti politiche e
ideologiche vogliono impostare il movimento sindacale sull’autogoverno delle
categorie esercitato nel quadro della solidarietà sociale e delle esigenze
generali del Paese.
La
Cisl afferma la sua decisa volontà di tutelare il rispetto e la dignità della
persona umana come condizione primaria di vera giustizia sociale e proclama i
seguenti fondamentali diritti dei lavoratori, che prende solenne impegno di
difendere e propugnare:
1)
diritto al lavoro, come
naturale mezzo di vita, e alla sua libera scelta;
2)
diritto alla giustizia
sociale, fondamentale mezzo di pace duratura nella convivenza civile;
3)
diritto all’inserimento delle
forze del lavoro negli organi che determinano gli indirizzi della politica
economica del Paese;
4)
diritto alla garanzia e alla
stabilità dell’occupazione, nella più ampia libertà individuale e familiare;
5)
diritto all’assistenza e alla
previdenza, contro ogni concezione paternalistica, da realizzare attraverso una
legislazione che garantisca stabilmente il soddisfacimento delle esigenze dei
lavoratori e delle loro famiglie in ogni tempo e in ogni evenienza della vita;
6)
diritto alla costituzione di
libere organizzazioni democratiche e al libero esercizio della loro azione
sindacale, ivi compreso il diritto di sciopero, per la legittima difesa degli
interessi di chi lavora;
7)
diritto alla rappresentanza
dei lavoratori negli organismi, che esistono e possano esistere, in modo da
rendere determinante l’influenza del mondo del lavoro sugli orientamenti sociali
della vita nazionale;
8)
diritto all’immissione
delle forze del lavoro nella gestione e nel possesso dei mezzi di produzione”.
La Segreteria confederale eletta
dall’Assemblea generale dell’Adriano risultava così composta: Giulio Pastore
(segretario generale), Giovanni Canini, Paolo Consoni, Roberto Cuzzaniti, Luigi
Morelli, Enrico Parri (segretari), Alberto Cajelli, Paolo Cavezzali, Dionigi
Coppo, Giuseppe Giuffrè, Amleto Mantegazza, Anselmo Martoni, Appio Claudio
Rocchi, Bruno Storti ed Ermanno Trebbi (vice segretari).
E’ la prima grande segreteria
confederale ed è quella che porterà la Cisl al suo primo Congresso nazionale del
1951.
Questi dirigenti , di diversa
provenienza politica e culturale, sono i protagonisti del non facile passaggio
vissuto dal ‘libero’ sindacato dopo la rottura del 1948 e vengono oggi indicati
dalla letteratura storica come ‘coloro che seppero accendere il fuoco del
sindacalismo democratico nell’Italia del secondo novecento”.
A ben
vedere credo che occorre ribaltare la tesi, a lungo sostenuta dalla maggioranza
degli intellettuali italiani dell’epoca e non, che la rottura sindacale del
1948 fu una iattura per il movimento sindacale italiano e quindi che va
riconosciuta la portata storica e positiva di quell’avvenimento per lo sviluppo
democratico dell’Italia.
Possiamo
quindi credere che la nascita della Cisl trova la sua vera e decisiva ‘nascita’
in quell’episodio di rottura del luglio 1948 e negli avvenimenti sindacali che
susseguirono.
Le cronache dell’epoca
sull’avvenimento, che mi è apparso utile ed interessante riandare a sfogliare,
ci depositano emozioni difficili da dimenticare;
“…….dopo la proclamazione della
costituzione della Cisl letta da Roberto Cuzzaniti al microfono, il foltissimo
pubblico che gremiva il teatro Adriano in ogni ordine di posti scattava in piedi
applaudendo freneticamente; la banda intonava l’inno di Mameli, dall’alto cadeva
una pioggia di manifestini multicolori e la Confederazione italiana sindacati
lavoratori era nata. Nata in seguito a lunghe e laboriose trattative allo scopo
di dare ai lavoratori italiani, dopo l’infelice prova fornita dalla Cgil
unitaria, un organismo democratico libero da ogni ideologia politica e
dall’asservimento ai partiti. Un organismo insomma, teso alla piena
rivendicazione di tutti i diritti del lavoro. Riuscirà la Cisl a tradurre sul
terreno della realtà tali nobili intenti?”. (Cfr. ‘Il giornale d’Italia, 3
maggio 1950, p. 2).
A distanza di 60 anni la risposta è
SI.
Siamo riferimento per milioni di
lavoratori. Siamo passati dal milione e seicentomila iscritti a più di quattro
milioni e cinquecentomila soci. Siamo il sindacato del fare.
Confesso che in questi anni ho
seguito con trepidazione e con sofferenza le vicende sindacali e del lavoro. I
problemi che il sindacato ha dovuto e deve affrontare sono immani e su di lui
si concentrano tante speranze da parte delle lavoratrici e dei lavoratori e
pertanto delle famiglie. Quello che più mi ha turbato non è stato l’accumularsi
dei problemi e delle difficoltà, inevitabili in un contesto globale, ma le
continue lacerazioni e le rotture che si sono verificate tra le Confederazioni.
La prospettiva dell’unità sindacale è
stata per molti di noi un miraggio giovanile che nel tempo si è dissolto. Ho
vissuto tutte le rotture dal patto di S. Valentino all’accordo del 1992 con il
Governo Amato, avevo colto con speranza l’intesa del 1993 e poi sono stato
costretto a prendere atto della rottura del luglio 2002 sul Patto per l’Italia.
Momenti dolorosi, trepidanti ma anche vissuti con forte tensione sociale,
politica e culturale che ha sempre consentito di superare le crisi di unità, di
riannodare i fili e le condizioni minime di una unità d’azione. Questa è la
storia del sindacalismo confederale italiano.
Fatta questa premessa ,non credo che
sia opportuno e utile ricercare le responsabilità o le presunte colpe degli uni
o degli altri, i processi sociali hanno delle loro dinamiche che vanno
analizzate, conosciute e fatte evolvere in positivo. La realtà con cui bisogna
che tutti facciano i conti è che i rapporti tra Cisl, Cgil e Uil sono
diventati molti difficili e quasi sembrano difficilmente componibili.
Ancor più difficili sono i rapporti
all’interno della nostra categoria e nel nostro territorio. L’unica colpa che
abbiamo è forse quella di essere “faro” per migliaia di lavoratori??
Però sarebbe sbagliato pensare che
questo sia un problema che riguardi esclusivamente i sindacati, sono convinto
che interessi complessivamente il sistema democratico. Il Presidente della
Repubblica non perde occasione per invitare a una maggiore coesione nazionale è
un invito che non e rivolto solo alla politica, ma anche a tutte quelle forze
che svolgo un ruolo pubblico e di rappresentanza tra cui in primis il sindacato.
Se l’obiettivo di una maggiore coesione è condiviso, spetta anche alle tre le
grandi organizzazioni cercare i modi e forme per uscire dalla spirale di
contrapposizioni in cui si venute a trovare.
L’unità d’azione garantisce il
pluralismo sindacale, rafforza l’autonomia sindacale e chiede a tutto il
sindacato una serie di coerenze che attenuano la competizione. Oggi l’unità
d’azione serve quanto è servita in certi momenti la rottura per chiarire le
rispettive posizioni.
La situazione economica, gli annunci
di una prossima ripresa , il presentarsi della possibilità di nuove proposte da
parte del Governo sul terreno del lavoro, degli ammortizzatori sociale , della
formazione e del fisco e di fronte alle provocazioni di chi ritiene inutile e
superato l’articolo 1 della Costituzione che, non dimentichiamolo, fonda la
Repubblica sul lavoro, richiedono una nuova fase di convergenza strategica delle
organizzazioni sindacali. Questo è il tempo della confederalità, intesa come
ampliamento del concetto di solidarietà, come capacità di contribuire a definire
un’idea più estesa della cittadinanza .
In questi giorni dovrebbe risuonare
forte lo slogan di Giulio Pastore : “Marciare divisi,colpire uniti”.
L’unità d’azione ha il merito di riaprire un dialogo e di battere ogni
tentazione di autosufficienza e di egemonia e, con il suo porsi, garantisce il
pluralismo e l’efficacia di un’azione.
Mi auguro che questa prospettiva sia
possibile e che dentro le confederazioni siano in molti a spingere in questa
direzione.
In un anno che si preannuncia
difficile sul terreno occupazionale, l’unità d’azione diventa una opportunità
per ricercare il massimo risultato possibile sul terreno occupazionale e di
tutela dei redditi. Questi obiettivi si possono perseguire senza che si rinunci
alla dialettica vivace e motivata anche da aspirazione ideali molto diverse, ma
che devono trovare una nuova capacità di sintesi con coraggio e responsabilità
se capaci.
Auguri!!! |