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60 ANNI … MA NON LI DIMOSTRA - venerdì 19 febbraio 2010
60 ANNI ... MA NON LI DIMOSTRA.
 
Per il nuovo anno abbiamo fatto gli auguri a tanti amici, abbiamo osato fare delle riflessioni sul 2010, oggi ritengo doveroso fare gli auguri al sindacato. Al nostro Sindacato.  

Il sindacato è stata e resta la mia passione , un impegno che ha formato la mia personalità e che mi ha arricchito di valori, di conoscenze e di una cultura sociale che anche oggi mi aiuta ad interpretare la realtà economica, collettiva e politica. E’ vero che non si nasce sindacalisti e che lo si diventa, ma è altrettanto vero che si resta tali. La storia è intrisa di valori e comuni ideali attraverso un’azione sindacale di responsabilità e di consapevolezza, senza deviazioni o facili suggestioni demagogiche, nell’intento di assicurare alla classe lavoratrice conquiste sociali effettive e durevoli.

La  Cisl  viene fondata il  30 aprile 1950 con l’approvazione del “ Patto di  unificazione delle forze sindacali democratiche”, riuniti in assemblea  generale costituente  al famoso teatro Adriano  di Roma.

In quel “patto” costitutivo  di  cinquant’anni  fa , tra  l’altro , si  affermavano i seguenti punti: “La Cisl sorge per stringere in un unico volontario vincolo sindacale tutti i liberi lavoratori italiani che -convinti della necessità di respingere un sindacalismo fondato, ispirato e diretto da correnti politiche e ideologiche vogliono impostare il movimento sindacale sull’autogoverno delle categorie esercitato nel quadro della solidarietà sociale e delle esigenze generali del Paese.

La Cisl afferma la sua decisa volontà di tutelare il rispetto e la dignità della persona umana come condizione primaria di vera giustizia sociale e proclama i seguenti fondamentali diritti dei lavoratori, che prende solenne impegno di difendere e propugnare:

1)      diritto al lavoro, come naturale mezzo di vita, e alla sua libera scelta;

2)      diritto alla giustizia sociale, fondamentale mezzo di pace duratura nella convivenza civile;

3)      diritto all’inserimento delle forze del lavoro negli organi che determinano gli indirizzi della politica economica del Paese;

4)      diritto alla garanzia e alla stabilità dell’occupazione, nella più ampia libertà individuale e familiare;

5)      diritto all’assistenza e alla previdenza, contro ogni concezione paternalistica, da realizzare attraverso una legislazione che garantisca stabilmente il soddisfacimento delle esigenze dei lavoratori e delle loro famiglie in ogni tempo e in ogni evenienza della vita;

6)      diritto alla costituzione di libere organizzazioni democratiche e al libero esercizio della loro azione sindacale, ivi compreso il diritto di sciopero, per la legittima difesa degli interessi di chi lavora;

7)      diritto alla rappresentanza dei lavoratori negli organismi, che esistono e possano esistere, in modo da rendere determinante l’influenza del mondo del lavoro sugli orientamenti sociali della vita nazionale;

8)      diritto all’immissione delle forze del lavoro nella gestione e nel possesso dei mezzi di produzione”.

La Segreteria confederale eletta dall’Assemblea generale dell’Adriano risultava così composta: Giulio Pastore (segretario generale), Giovanni Canini, Paolo Consoni, Roberto Cuzzaniti, Luigi Morelli, Enrico Parri (segretari), Alberto Cajelli, Paolo Cavezzali, Dionigi Coppo, Giuseppe Giuffrè, Amleto Mantegazza, Anselmo Martoni, Appio Claudio Rocchi, Bruno Storti ed Ermanno Trebbi (vice segretari).

E’ la prima grande segreteria confederale ed è quella che porterà la Cisl al suo primo Congresso nazionale del 1951.

Questi dirigenti , di diversa provenienza politica e culturale, sono i protagonisti del non facile passaggio vissuto dal ‘libero’ sindacato  dopo la rottura del 1948 e vengono oggi indicati dalla letteratura storica come ‘coloro che seppero accendere il fuoco del sindacalismo democratico nell’Italia del secondo novecento”.

A ben vedere credo che occorre ribaltare la tesi, a lungo sostenuta dalla maggioranza degli  intellettuali italiani dell’epoca e non, che la rottura sindacale del 1948 fu una iattura per il movimento sindacale italiano e quindi che va riconosciuta la portata storica e positiva di quell’avvenimento per lo sviluppo democratico dell’Italia.

Possiamo quindi credere che  la nascita della Cisl trova la sua vera  e decisiva nascita in quell’episodio di rottura del luglio 1948 e negli avvenimenti sindacali che susseguirono.

Le cronache dell’epoca sull’avvenimento, che mi è apparso utile ed interessante  riandare a sfogliare, ci depositano emozioni difficili da dimenticare;

“…….dopo la proclamazione della costituzione della Cisl letta da Roberto Cuzzaniti al microfono, il foltissimo pubblico che gremiva il teatro Adriano in ogni ordine di posti scattava in piedi applaudendo freneticamente; la banda intonava l’inno di Mameli, dall’alto cadeva una pioggia di manifestini multicolori e la Confederazione italiana sindacati lavoratori era nata. Nata in seguito a lunghe e laboriose trattative allo scopo di dare ai lavoratori italiani, dopo l’infelice prova fornita dalla Cgil unitaria, un organismo democratico libero da ogni ideologia politica e dall’asservimento ai partiti. Un organismo insomma, teso alla piena rivendicazione di tutti i diritti del lavoro. Riuscirà la Cisl a tradurre sul terreno della realtà tali nobili intenti?”. (Cfr. ‘Il giornale d’Italia, 3 maggio 1950, p. 2).

A distanza di 60 anni la risposta è SI.

Siamo riferimento per milioni di lavoratori. Siamo passati dal milione e seicentomila iscritti a più di quattro milioni e cinquecentomila soci. Siamo il sindacato del fare.

Confesso che in questi anni ho seguito con trepidazione e con sofferenza le vicende sindacali e del lavoro. I problemi che il sindacato ha dovuto e deve affrontare  sono  immani e su di lui si concentrano tante speranze da parte delle lavoratrici e dei lavoratori e pertanto delle famiglie. Quello che più mi ha turbato non è stato l’accumularsi dei problemi e delle difficoltà, inevitabili in un contesto globale, ma  le continue lacerazioni e le rotture che si sono verificate tra le Confederazioni.

La prospettiva dell’unità sindacale è stata per molti di noi un miraggio giovanile che nel tempo si è dissolto. Ho vissuto tutte le rotture dal patto di S. Valentino all’accordo del 1992 con il Governo Amato, avevo colto con speranza l’intesa del 1993 e poi sono stato costretto a prendere atto della rottura del luglio 2002 sul Patto per l’Italia. Momenti dolorosi, trepidanti ma anche vissuti con forte tensione sociale, politica e culturale che ha sempre consentito di superare le crisi di unità, di riannodare i fili e le condizioni minime di una unità d’azione. Questa è la storia del sindacalismo confederale italiano.   

Fatta questa premessa ,non credo che sia  opportuno e utile ricercare le responsabilità o le presunte colpe degli uni o degli altri, i processi sociali hanno delle loro dinamiche che vanno analizzate, conosciute e fatte evolvere in positivo. La realtà con cui bisogna che tutti facciano i conti è che i rapporti   tra Cisl, Cgil e Uil sono diventati molti difficili  e quasi sembrano difficilmente  componibili.

Ancor più difficili sono i rapporti all’interno della nostra categoria e nel nostro territorio. L’unica colpa che abbiamo è forse quella di essere “faro” per migliaia di lavoratori??

Però sarebbe sbagliato pensare che questo sia un problema che riguardi esclusivamente i sindacati, sono convinto che interessi complessivamente il sistema democratico. Il Presidente della Repubblica non perde occasione per invitare a una maggiore coesione nazionale è un invito che non e rivolto  solo alla politica, ma anche a tutte quelle forze che svolgo un ruolo pubblico e di rappresentanza tra cui in primis il sindacato. Se l’obiettivo di una maggiore coesione è condiviso, spetta anche  alle tre le grandi organizzazioni cercare i modi e forme per  uscire dalla spirale di contrapposizioni in cui si venute a trovare.

L’unità d’azione garantisce il pluralismo sindacale, rafforza l’autonomia sindacale e chiede a tutto il sindacato una serie di coerenze che attenuano la competizione. Oggi l’unità d’azione serve quanto è servita in certi momenti la rottura per chiarire le rispettive posizioni.

La situazione economica, gli annunci di una prossima ripresa , il presentarsi della possibilità di nuove proposte da parte del Governo sul terreno del lavoro, degli ammortizzatori sociale , della formazione e del fisco e di fronte alle provocazioni di chi ritiene inutile e superato  l’articolo 1 della Costituzione che, non dimentichiamolo, fonda la Repubblica sul lavoro, richiedono una nuova fase di convergenza strategica delle organizzazioni sindacali. Questo è il tempo della confederalità, intesa come ampliamento del concetto di solidarietà, come capacità di contribuire a definire un’idea più estesa della cittadinanza .

In questi giorni dovrebbe risuonare forte lo slogan di Giulio Pastore : “Marciare divisi,colpire uniti”. L’unità d’azione ha il merito di riaprire un dialogo e di battere ogni tentazione di autosufficienza e di egemonia e, con il suo porsi, garantisce il pluralismo e l’efficacia di un’azione.

Mi auguro che questa prospettiva sia possibile e che dentro le confederazioni siano in molti a spingere in questa direzione.

In un anno che si preannuncia difficile sul terreno occupazionale, l’unità d’azione diventa una opportunità per ricercare il massimo risultato possibile sul terreno occupazionale e di tutela dei redditi. Questi obiettivi si possono perseguire senza che si rinunci alla dialettica vivace e  motivata anche da aspirazione ideali molto diverse, ma che devono trovare una nuova capacità di sintesi con coraggio e responsabilità se capaci.

Auguri!!!


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