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EDITORIALE- venerdì 5 ottobre 2007
LA MERITOCRAZIA: TOCCASANA O VELENO
Quando un sistema si interroga sulle ragioni della propria crisi, quando si
cerca di progettare un futuro migliore a misura d’uomo, quando si cerca un
criterio giusto per ricompensare le altrui azioni, da più parti, non so
quanto ipocritamente, viene evocata quella doverosa parola che così tanto
riscalda gli animi assetati di giustizia sociale: la meritocrazia.
Letteralmente, “potere al merito”.
Quindi, scendendo ancor di più nel significato spicciolo, io valgo,
io agisco, io opero bene nell’ambito delle mie prerogative e mansioni, per
cui, quando si prospetteranno delle fattibili possibilità di crescita in
futuro, il mio lavoro, il mio sforzo positivo, in quanto meritevole, sarà,
in una visione meritocratica, appunto, giustamente esaltato e valorizzato, e
quindi dotato di un riconoscimento oggettivo che colloca il proprio processo
di avanzamento dalla pura opinabilità alla mera realizzazione.
E fin qui sfido chiunque sia dotato di un civil senso del pudore ad
alzarsi in piedi e dissentire.
Purtroppo, però, fin dai tempi di Icaro, il genere umano cominciò a
sperimentare (spesso a suo discapito) la fredda e cruda differenza tra
teorica e pratica. Infatti, condizione necessaria e sufficiente
affinché tutto quanto già detto prima possa realizzarsi è che il proprio
“responsabile” o “superiore”sia una persona equilibrata, ben
conscia dei propri mezzi nonché capace di valutare serenamente i
collaboratori del team che “supervisiona”.
Ma dovendo, noi mortali, fare i conti con una situazione
leggerissimamente diversa, il tutto si traduce in una poltiglia. Cosa vuol dire allora da noi meritocrazia
? E' semplice rispondono: “vuol dire creare un sistema che premi chi vale,
instaurando un circolo virtuoso di emulazione tra pari.”Pertanto,
la meritocrazia dovrebbe essere come il salto con
l'asta, dove tutti si allenano e concorrono per saltare sempre più in alto
ed alla fine vince chi effettivamente salta più in alto di tutti.
che ridicolizza, sottoponendo a pubblico
“ludibrio”, chi chiede che l'asticella venga posta ad altezze più elevate e
che -horribili dictu- spesso impone agli atleti di gettare il peso
anziché saltare in alto.
Allora qualcuno ci domanda se la meritocrazia rappresenta
una toccasana o un veleno.. Se questa è la
realtà, cari lavoratori applicare la meritocrazia è un precetto teoricamente
vero, moralmente indiscutibile ma realisticamente dubbio. Applicare
seriamente ed estesamente criteri meritocratici fa insorgere il dubbio che
la meritocrazia serva soprattutto a zittire.
Antonio Lepore
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