Riflessione sul Natale....
Vorrei provare a dire qualcosa
Siamo nel periodo
natalizio e come ogni anno si sta facendo un gran rumore: televisione, radio,
giornali... tutti ormai da un mese ne parlano. Nelle famiglie c’è gran
movimento: bisogna predisporre il pranzo di Natale, l’albero, i regali, il
veglione di Capodanno, il presepe.........; le vetrine dei negozi sono allestite
in vista dell’evento con idee regalo di ogni genere e le vie della città
illuminano le nostre passeggiate al punto da abbagliarci!....chi, come me, ha
vissuto il Natale per tanti decenni e lo vive ancora oggi da credente non è
facile accettare le derive cui accennavo sopra: non certo per la nostalgia di un
passato che non ritorna, ma per la frustrazione del desiderio di un Natale
autentico, vissuto seriamente, come mistero della fede che prende corpo in una
realtà umanissima.
Non posso non ricordare cos’era
il Natale nella mia infanzia: una festa che quando si profilava all’orizzonte
era attesa non tanto per i regali, ma per quell’aria di autenticità che portava
con sé. Nell’imminenza del Natale, si misurava, infatti, la qualità dei rapporti
con gli altri: amicizia o discordia, solidarietà o rottura tra parenti, con i
vicini...., ritornavano con insistenza le frasi: “Tornate ad andare d’accordo,
fate pace, lasciate da parte i rancori, riallacciate i contatti…”; impresa non
certo facile, né si poteva pretendere che, automaticamente, il Natale portasse
pace e dialogo, eppure quella festa era sentita come un’opportunità preziosa per
riflettere sui rapporti umani quotidiani, sull’amicizia o sull’indifferenza o
l’ostilità verso gli altri. Natale, capodanno, l’Epifania erano anche tra le
rare occasioni di festa collettiva nei paesi: nonostante il freddo ci si
attardava per strada a scambiarsi auguri, si stava insieme attorno alla tavola,
chi lavorava lontano ritornava al paese, si approfittava dell’atmosfera per
dissipare malintesi, per chiedere scusa senza sentirsi umiliati. E poi tutti in
chiesa per la messa di mezzanotte. Quella notte anche gli uomini entravano in
chiesa fin dall’inizio delle funzioni, non restavano fuori a chiacchierare per
comparire solo dopo la predica – perché tanto la messa “valeva” se la si
“prendeva” dal Credo in poi… No, quella notte tutti
entravano subito per vedere quel “Bambino” sulla paglia, e non solo per il
freddo e il buio: un semplice presepe, qualche candela accesa in più, due nastri
colorati bastavano a evocare la bontà umana del Natale.
Certo, Natale era
innanzitutto la festa di chi si diceva cristiano, più o meno convinto, ma per
tutti era il tempo della pace, della concordia, dell’amicizia ritrovata o da
ritrovare. Questo era il grande desiderio.
Il Natale era la
festa della famiglia e delle cose semplici ma importanti: stare insieme, aiutare
i poveri, pregare uniti, ascoltare gli zampognari che suonano la “novena” casa
per casa. Spesso, invece, il Natale diventa una corsa agli acquisti e si fa a
gara a chi ne compera di più. Qualcuno afferma che questa è la festa dei
commercianti che, in questo periodo, fanno grossi guadagni.
Anche la televisione, con la
pubblicità, fa vedere il Natale come una festa di cose da comprare e da
consumare.
E allora è giusto
domandarci: Dobbiamo lasciarci davvero coinvolgere da tutto questo frastuono?
Così, purtroppo, vediamo alcuni aspetti esteriori del Natale ostentati come
stemma, simbolo, emblema da opporre a quanti sono diversi per cultura o
religione, così assistiamo al grottesco agitarsi di persone che rifiutano
concretamente a qualsiasi coppia di immigrati una semplice mangiatoia, per poi
brandire metaforicamente le figure del presepe come corpi contundenti contro i
poveri e gli stranieri che in quelle statuine sono raffigurati
Sono molto rare le
azioni completamente gratuite della nostra vita, quelle, per intenderci, che
facciamo senza aspettarci dagli altri alcuna forma di riconoscenza. Chi può
realmente dire di amare in modo incondizionato, senza aspettarsi il
contraccambio od ottenere una qualche gratificazione personale od una qualsiasi
forma di reciprocità? Eppure Natale conserva intatti i suoi valori e le sue
valenze, sia quelli più strettamente legati al mistero della fede, sia quelli
maggiormente in sintonia con un ambiente socio-culturale che sta sì scomparendo
dai nostri orizzonti, ma che ha dalla sua una grande forza evocatrice.
Proprio per questo
Natale è anche la festa di quanti, anche senza riconoscere in quel figlio di
un’umile coppia di Nazaret il figlio di Dio, perseguono vie di pace, di
riconciliazione, di perdono per vivere insieme nella solidarietà e rendere così
questo mondo migliore e più abitabile. “Uomini di buona volontà” sono quelli che
non si abituano al male della guerra, del terrore, della violenza, quelli che
non accettano di vedere nell’altro, nel diverso un nemico, quelli che non si
sottraggono alle esigenze dell’amore e della comunione, quelli che senza
ostentazione sanno perdonare e vorrebbero che il perdono non fosse solo una
disposizione personale, ma diventasse anche una prassi collettiva, politica.
Non vi chiedo di salvare 500
bambini africani dal morire di fame e malattie se avete uno stipendio che basta
appena a sostenere la vostra famiglia. Un sorriso, una stretta di mano, una
telefonata, una breve visita....vi costano soltanto un po’ di tempo, di
disponibilità e di pazienza.
Sì, a Natale
stringiamoci attorno a questi uomini e a queste donne di pace: ci scopriremo
tutti più vicini tra noi e i cristiani vedranno il volto del loro Dio che si è
fatto vicino all’umanità che ama.
Con questo spero che questo
NATALE scaldi i vostri cuori con la gioia di dare: auguri a tutti Voi!!!
Con affetto
Antonio Lepore |